Dipinto di Aldo Balding
da “Gli amori difficili”. L'avventura di un fotografo, (1955) – Italo Calvino
(…)
Bice si prestava
docilmente a eseguire i suoi ordini anche quando si facevano imprecisi e
contraddittori, con
una passività che era anche un dichiararsi fuori del gioco, eppure in qualche
modo insinuando, in questo gioco non suo, le imprevedibili mosse d'una sua
misteriosa partita. Quello che ora Antonino attendeva da Bice dicendole di
mettere le gambe e le braccia così e così, non era tanto la semplice esecuzione
d'un programma, quanto la risposta di lei alla violenza che egli le andava
facendo con le sue richieste, una imprevedibile aggressiva risposta a questa
violenza che egli era sempre di più portato a esercitare su di lei.
Era come nei sogni,
pensò Antonino, contemplando seppellito nel buio quell'improbabile tennista
filtrata nel rettangolo di vetro: come nei sogni quando una presenza venuta
dalla profondità della memoria s'avanza, si fa riconoscere, e poi subito si
trasforma in qualcosa d'inaspettato, in qualcosa che prima ancora della
trasformazione già spaventa perché non si sa in che cosa potrà trasformarsi. Voleva
fare la foto ai sogni? Questo sospetto lo ammutolì, nascosto in quel rifugio da
struzzo, la peretta dello scatto in mano, come un idiota; e intanto Bice,
lasciata a se stessa, continuava una specie di danza grottesca,
immobilizzandosi in esagerati gesti tennistici, rovescio, drive, levando alta la
racchetta o abbassandola al suolo come se lo sguardo che usciva da quell'occhio
di vetro fosse la palla che lei continuava a respingere.
- Basta, cos'è questa
commedia, non è così che intendevo, - e Antonino coperse la macchina col
drappo, prese a passeggiare per la stanza.
Era quel vestito la
colpa di tutto, con le sue evocazioni tennistiche e prebelliche... Bisognava ammettere
che in vestito da passeggio una foto come diceva lui non si poteva fare. Ci
voleva una certa solennità, una certa pompa, come le foto ufficiali delle
regine. Solo in abito da sera Bice sarebbe diventata un soggetto fotografico,
con la scollatura che segna un confine netto tra il bianco della pelle e lo
scuro della stoffa sottolineato dal luccichio dei gioielli, un confine tra
un'essenza di donna atemporale e quasi impersonale nella sua nudità e l'altra
astrazione, sociale questa, dell'abito, simbolo d'un ruolo altrettanto
impersonale, come il drappeggio d'una statua allegorica. S'avvicinò a Bice, si
mise a sbottonarla sul collo, sul petto, a far scorrere il vestito sulle
spalle.
(…)
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