Peregrine Heathcote - TimeToTakeOurTime, dettaglio
da “Gli amori difficili”. L'avventura di un fotografo, (1955) – Italo Calvino
(…)
Come professione,
Antonino Paraggi esplicava mansioni esecutive nei servizi distributivi
d'un'impresa produttiva, ma la sua vera passione era quella di commentare con
gli amici gli avvenimenti piccoli e grandi sdipanando il filo delle ragioni
generali dai garbugli particolari; egli era insomma, per atteggiamento mentale,
un filosofo, e nel riuscire a spiegarsi anche i fatti più lontani dalla sua esperienza
metteva tutto il suo puntiglio. Ora sentiva che qualcosa nell'essenza dell'uomo
fotografico gli sfuggiva, il segreto appello per cui nuovi adepti continuavano
ad arruolarsi sotto le bandiere dei dilettanti dell'obiettivo, alcuni vantando
i progressi delle loro abilità tecniche e artistiche, altri al contrario
attribuendo tutto il merito alla bontà dell'apparecchio che avevano acquistato,
capace (a sentir loro) di produrre capolavori anche se affidato a mani inette
(quali venivano dichiarate le loro, perché là dove l'orgoglio era puntato a
esaltare le virtù dei congegni meccanici, il talento soggettivo accettava di
venire in proporzione umiliato). Antonino Paraggi capiva che né l'uno né
l'altro motivo di compiacimento era decisivo: il segreto stava altrove.
Bisogna dire che
questo cercare nella fotografia le ragioni d'un suo malcontento - come di chi
si sente escluso da qualcosa - era in parte anche un trucco di Antonino con se
stesso, per evitare di prendere in considerazione un altro, e più vistoso,
processo che lo andava separando dagli amici. Ciò che stava avvenendo era che i
suoi coetanei a uno a uno si sposavano, mettevano famiglia, mentre Antonino
rimaneva scapolo. Pure tra i due fenomeni intercorreva un indubbio legame, in
quanto spesso la passione dell'obiettivo nasce in modo naturale e quasi
fisiologico come effetto secondario della paternità. Uno dei primi istinti dei
genitori, dopo aver messo al mondo un figlio, è quello di fotografarlo; e data
la rapidità della crescita si rende necessario fotografarlo spesso, perché
nulla è più labile e
irricordabile d'un
infante di sei mesi, presto cancellato e sostituito da quello di otto mesi e
poi d'un anno; e tutta la perfezione che agli occhi dei genitori può aver
raggiunto un figlio di tre anni non basta ad impedire che subentri a
distruggerla la nuova perfezione dei quattro, solo restando l'album fotografico
come luogo dove tutte queste fugaci perfezioni si salvino e giustappongano,
ciascuna aspirando a una propria incomparabile assolutezza.
(…)
Nessun commento:
Posta un commento