23 novembre 2018

da “Il gatto che aggiustava i cuori” – Rachel Wells

da “Il gatto che aggiustava i cuori” – Rachel Wells

«Non ci vorrà molto per sgombrare la casa», ha detto Linda.
«Sei troppo ottimista. Guarda quante cianfrusaglie ha accumulato tua madre», ha replicato Jeremy.
«Sei ingiusto. Tra le sue porcellane potrebbe esserci un pezzo di valore, non si può mai sapere.»
Fingevo di dormire ma avevo le orecchie dritte e ascoltavo quello che dicevano, cercando di impedire alla coda di muoversi a scatti per l’agitazione. Ero raggomitolato sulla poltrona preferita di Margaret – o meglio, sulla poltrona che era stata la sua preferita – guardando la figlia e il genero parlare di cosa sarebbe successo, del mio futuro. Gli ultimi due giorni mi avevano disorientato terribilmente, soprattutto perché non comprendevo fino in fondo che cosa fosse accaduto. Comunque, mentre cercavo di non mettermi a piangere, ho capito benissimo che la vita non sarebbe stata più la stessa.
«Saresti fortunata. In ogni caso, dobbiamo chiamare una ditta di sgombero. Dio solo sa se abbiamo bisogno della sua roba!» Ho cercato di dare un’occhiata di nascosto senza che se ne accorgessero. Jeremy era alto, ingrigito e irascibile. Non mi era mai piaciuto ma la donna, Linda, era sempre stata carina con me.
«Vorrei potermi tenere qualcosa della mamma. Mi mancherà.» Linda si è messa a piangere e mi è venuta una gran voglia di gnaulare insieme a lei, ma sono rimasto zitto.
«Lo so, tesoro», la voce di Jeremy si è addolcita. «Il fatto è che non possiamo rimanere qui per sempre. Adesso che il funerale è finito, bisogna pensare a mettere in vendita la casa e, insomma, se riusciamo a farla sgombrare, tra pochi giorni saremo fuori di qui.»
«Suona così definitivo. Però, hai ragione.» Ha sospirato. «Che ne facciamo di Alfie?»
Ho arruffato il pelo. Era quello che stavo aspettando. Che fine avrei fatto?
«Dobbiamo portarlo al gattile, immagino.»
Ho sentito drizzarsi il pelo.
«Al gattile? Ma la mamma gli era tanto affezionata. Sembra una vera crudeltà sbarazzarsi così di lui.»
Magari avessi potuto dire che ero d’accordo con lei; era peggio di una crudeltà!
«Sai che non possiamo portarlo a casa. Abbiamo due cani, tesoro. Un gatto non fa per noi.»
Ero sconsolato. Non che volessi andare con loro, ma non avevo nessunissima intenzione di finire al gattile.
«Gattile.» Il mio corpo rabbrividiva alla sola parola; che termine inadeguato per definire quello che noi della comunità felina consideriamo «il braccio della morte». Ci sarà magari qualche gatto fortunato che ha trovato un nuovo padrone, ma poi chi te lo dice che cosa gli è successo? Chi ti garantisce che la famiglia del nuovo padrone lo tratti bene? I gatti di mia conoscenza erano unanimi nel pensare che il gattile fosse un postaccio. E una volta lì, sapevamo perfettamente che su chi non trova un nuovo padrone incombe la sentenza di morte.
Anche se mi consideravo un bel gatto, dotato di un certo fascino, non avevo alcuna intenzione di correre quel rischio.
«Lo so che hai ragione, i cani se lo mangerebbero vivo. Al giorno d’oggi, poi, il personale dei gattili è piuttosto in gamba e potrebbe trovare presto una nuova casa.» Si è fermata come se stesse ancora rimuginando. «No, va fatto. Domattina chiamerò il gattile e la ditta degli sgomberi. Poi, penso che potremo far venire un agente immobiliare.» Sembrava più sicura di sé e sapevo che il mio destino era segnato, a meno che non prendessi provvedimenti.
«Adesso sì che ragioni. Lo so che è dura, Linda, ma la mamma era molto anziana e, francamente, potevamo aspettarci che ci lasciasse.»
«Questo non rende le cose più facili, non ti pare?»

Traduzione di Elisabetta Valdrè

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