dipinto di Victor Vasarely
da “Le città invisibili” – Italo Calvino
Marco entra in una città; vede qualcuno in una piazza vivere una vita o
un istante che potevano essere suoi; al posto di quell’uomo ora avrebbe
potuto esserci lui se si fosse fermato nel tempo tanto tempo prima,
oppure se tanto tempo prima a un crocevia invece di prendere una strada
avesse preso quella opposta e dopo un lungo giro fosse venuto a trovarsi
al posto di quell’uomo in quella
piazza. Ormai, da quel suo passato vero o ipotetico, lui è escluso; non
può fermarsi; deve proseguire fino a un’altra città dove lo aspetta un
altro suo passato, o qualcosa che forse era stato un suo possibile
futuro e ora è il presente di qualcun altro. I futuri non realizzati
sono solo rami del passato: rami secchi.
– Viaggi per rivivere il
tuo passato? – era a questo punto la domanda del Kan, che poteva anche
essere formulata così: – Viaggi per ritrovare il tuo futuro?
E la
risposta di Marco: – L’altrove è uno specchio in negativo. Il
viaggiatore riconosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non ha
avuto e non avrà.
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