Gino Severini - Dancers at Monicos , 1910
Elogio ai ricchi - Marina Cvetaeva
E con ciò, prevenuto in anticipo
che fra me e te ci sono – miglia!
Che io mi annovero fra gli stracci,
che è onesto il mio posto nel mondo:
sotto le ruote di tutti gli eccessi –
tavola di mostri, di storpi, di gobbi…
E con ciò – dal tetto del campanile
dichiaro: amo i ricchi!
Per la radice loro, putrida e precaria,
che dalla culla coltiva una piaga,
per quell’imbarazzata abitudine:
fuori dalla tasca e daccapo in tasca.
Per la silenziosissima preghiera delle loro labbra,
eseguita come una gridata ingiunzione.
E perché non li fanno entrare in paradiso
e perché essi non si guardano negli occhi.
Per i loro segreti – sempre per “espresso”!
Per le loro passioni – sempre con i fattorini!
Per le notti che gli vengono imposte
(E baciano e bevono per forza!)
e perché, fra inventari, tedio,
dorature, sbadigli, ovatta,
proprio me, sfrontata, non comprano –
confermo dunque: amo i ricchi!
E ancora, nonostante le facce sbarbate,
la sazietà, le bevute (strizzo l’occhio – e spendo!)
per un certo – improvviso – loro avvilirsi,
per una certa loro occhiata cagnesca
dubitosa…
– Non farò da cardine agli zeri?
Non è balorda la bilancia?
E perché fra tutti i reietti
non c’è simile orfanezza al mondo!
C’è quella favola cattiva:
come i cammelli attraversarono un ago.
…Per lo sguardo loro, stupito a morte,
che chiede scusa di una malattia,
come di una bancarotta… “Presterei…
Sarei lieto… Ma…”
Per quel sommesso, dalle labbra serrate:
“Ho fatto il conto sui carati, sono stato un fratello…”
Io lo giuro: amo i ricchi!
30 settembre 1922
Trad. Pietro Zveteremich
che fra me e te ci sono – miglia!
Che io mi annovero fra gli stracci,
che è onesto il mio posto nel mondo:
sotto le ruote di tutti gli eccessi –
tavola di mostri, di storpi, di gobbi…
E con ciò – dal tetto del campanile
dichiaro: amo i ricchi!
Per la radice loro, putrida e precaria,
che dalla culla coltiva una piaga,
per quell’imbarazzata abitudine:
fuori dalla tasca e daccapo in tasca.
Per la silenziosissima preghiera delle loro labbra,
eseguita come una gridata ingiunzione.
E perché non li fanno entrare in paradiso
e perché essi non si guardano negli occhi.
Per i loro segreti – sempre per “espresso”!
Per le loro passioni – sempre con i fattorini!
Per le notti che gli vengono imposte
(E baciano e bevono per forza!)
e perché, fra inventari, tedio,
dorature, sbadigli, ovatta,
proprio me, sfrontata, non comprano –
confermo dunque: amo i ricchi!
E ancora, nonostante le facce sbarbate,
la sazietà, le bevute (strizzo l’occhio – e spendo!)
per un certo – improvviso – loro avvilirsi,
per una certa loro occhiata cagnesca
dubitosa…
– Non farò da cardine agli zeri?
Non è balorda la bilancia?
E perché fra tutti i reietti
non c’è simile orfanezza al mondo!
C’è quella favola cattiva:
come i cammelli attraversarono un ago.
…Per lo sguardo loro, stupito a morte,
che chiede scusa di una malattia,
come di una bancarotta… “Presterei…
Sarei lieto… Ma…”
Per quel sommesso, dalle labbra serrate:
“Ho fatto il conto sui carati, sono stato un fratello…”
Io lo giuro: amo i ricchi!
30 settembre 1922
Trad. Pietro Zveteremich
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