Nadezhda Udaltsova - For the piano, 1915
Quelli delle fabbriche - Marina Cvetaeva2
Il libro dell’eternità sulle labbra umane
non avendo sfogliato invano,
presso l’ultima, l’ultima di tutte le barriere,
dov’è il principio delle erbe
e il principio della verità… Seduto su una pietra,
seguendo stormi di uccelli…
Quell’ultima – lontana – più lontana di tutte
le lontane – più lungamente di tutte…
lontanissima…
Dice: “Vengo!”
E ancora: “Nella bara!”
Lei dal respiro affannoso – delle cose nostre l’arbitra
e schiava-sirena,
che sopra la città delle ratificate atrocità,
delle infanzie lebbrose,
nello stagno fumoso – come il palo dell’infamia
è sollevata, come un dito.
Voce dei pozzi di miniera e degli scantinati –
delle fronti su macilenti steli! –
voce degli orfani e dei piccoli,
dei cattivi – e dei giusti nel male:
di tutti gli affumicati, che
il diavolo ha comprato per una crosta di pane! Voce
dei banconi e delle brande,
delle leve e delle capriate.
Chi – non ha scarti:
è lui stesso l’ultimo straccio!
Voce di tutti i privi di voce
sotto il tuo flagello! – Questa!
Delle tue cantine cinguettio,
dove crescono senza un raggio di sole,
chi non ha rifiuti
è tipo d’altra parrocchia!
Non osa muovere un dito:
sei nato e giaci lì!
Voce delle piccole cucitrici in mezzo alle piogge a dirotto.
Tosse delle nere lavanderie,
d’una pidocchiosa gelosia prurito,
grido che è tinto col sangue,
là dove amano e picchiano…
Voce che picchia nella polvere
con la fronte – contro la Tua mitezza:
(Di orgogliosi senza camicia
voce – la mia riconosco!)
Ode d’ogni notte
al tuo splendore, durezza!
Di tutti coloro che dalla porta di servizio –
entrano nella vita, e con un bisbiglio nella morte…
Presso l’ultima, l’ultima di tutte le barriere,
là dove ognuno è nel suo diritto –
perché sono tutti senza diritti – in piedi su una pietra,
nello sciabordio delle prime erbe…
Ed ecco incontro, da un’ignota
torre – verso l’ululato da galera:
la voce della verità celeste
contro la verità terrestre.
Praga, 26 settembre 1922
Trad. Pietro Zveteremich
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