Livia Bianchi - Partigiana combattente. Medaglia d'Oro al Valor Militare della Resistenza
Livia Bianchi - Partigiana combattente
1919 Melara (Rovigo).
Nel settembre 1943, accorreva con animo ardente nelle file dei partigiani, trasfondendo nei compagni di lotta il fuoco della sua fede purissima per la difesa del sacro suolo della Patria oppressa. Volontariamente si offriva per guidare in ardita ricognizione attraverso la impervia montagna una pattuglia che, scontratasi con un grosso reparto nemico impegnava dura lotta, cui essa, virilmente impugnando le armi, partecipava con leonino valore, fino ad esaurimento delle munizioni. Insieme ai compagni veniva catturata e sottoposta ad interrogatori e sevizie, che non piegarono la loro fede.
Condannati alla fucilazione lei veniva graziata, ma fieramente rifiutava per essere unita ai compagni anche nel supremo sacrificio. Cadde sotto il piombo nemico unendo il suo olocausto alle luminose tradizioni di patriottismo nei secoli fornite dalle donne d’Italia.
Cima Valsolda, settembre 1943 - gennaio 1945.
Umile donna di casa, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 volle partecipare attivamente alla lotta clandestina. Nella formazione partigiana “Ugo Ricci”, operante sulle montagne della zona del Lario, col nome di battaglia “Franca” fu portaordini e combattente.
Il 21 gennaio 1945, dopo un violento combattimento, rifugiatasi con altri compagni di lotta in unacasa di Cima di Porlezza fu con essi costretta alla resa con la promessa di avere salva la vita. I prigionieri furono invece condotti al cimitero locale e schierati contro il muro di cinta vennero falciati dalle armi automatiche.
La partigiana “Franca”, rifiutò la salvezza che le veniva offerta e si unì al gruppo dei condannati, nel supremo sacrificio della vita.
1919 Melara (Rovigo).
Nel settembre 1943, accorreva con animo ardente nelle file dei partigiani, trasfondendo nei compagni di lotta il fuoco della sua fede purissima per la difesa del sacro suolo della Patria oppressa. Volontariamente si offriva per guidare in ardita ricognizione attraverso la impervia montagna una pattuglia che, scontratasi con un grosso reparto nemico impegnava dura lotta, cui essa, virilmente impugnando le armi, partecipava con leonino valore, fino ad esaurimento delle munizioni. Insieme ai compagni veniva catturata e sottoposta ad interrogatori e sevizie, che non piegarono la loro fede.
Condannati alla fucilazione lei veniva graziata, ma fieramente rifiutava per essere unita ai compagni anche nel supremo sacrificio. Cadde sotto il piombo nemico unendo il suo olocausto alle luminose tradizioni di patriottismo nei secoli fornite dalle donne d’Italia.
Cima Valsolda, settembre 1943 - gennaio 1945.
Umile donna di casa, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 volle partecipare attivamente alla lotta clandestina. Nella formazione partigiana “Ugo Ricci”, operante sulle montagne della zona del Lario, col nome di battaglia “Franca” fu portaordini e combattente.
Il 21 gennaio 1945, dopo un violento combattimento, rifugiatasi con altri compagni di lotta in unacasa di Cima di Porlezza fu con essi costretta alla resa con la promessa di avere salva la vita. I prigionieri furono invece condotti al cimitero locale e schierati contro il muro di cinta vennero falciati dalle armi automatiche.
La partigiana “Franca”, rifiutò la salvezza che le veniva offerta e si unì al gruppo dei condannati, nel supremo sacrificio della vita.
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