Maurits Cornelis Escher - drawing hands
Dire non dire – Roberto Sanesi
dire
non dire, dissimulare dicendo, spostare
il
segno, il confine – per evitare (che cosa?)
dev’essere
infatti per ragioni pratiche che esiste,
da
qualche parte, una realtà prestabilita
questo
mare ingabbiato dalla sabbia, dove le code
e
le cannule e le chele si esibiscono, acrobate,
e
appaiono e scompaiono nelle frane, recinto
dalle
reti, dalle griglie, dal grigio topo di questo
novembre
di rancori,
con
la tetraggine e il resto,
che
gli si addice, e tu che ti introduci
con
alghe morte e parrucca, le labbra serrate,
mentre
sto ancora pensando a che consigli dare
(come
sarebbe, dicono, democrazia o amore)
sulla
provocazione, fruscìo di ciottoli, scroscio
di
rudezza, tenerezza della pietra,
e
il macinarsi insieme del dubbio – dev’essere
per
ragioni pratiche, senza dimenticarti, o magari fingendo,
che
uno si mette in tasca la notte,
se
l’appallottola, la strappa con le unghie non visto,
la
tortura come un rosario arabo, non tanto
per
passare il tempo, ma per adeguarsi al dolore,
per
stabilire il luogo dell’addio (cosa ce ne facciamo
di
un dito infilato nella sabbia, di un rimando),
con
questo mare che sbatte, che rotola e sgretola,
e
la pioggia di traverso, il va e vieni del dramma
di
chi non riconosce né il suono né il senso
del
dire, non dire, dissimulare, annegare, spostare
la
fitta, la ferita, il girotondo delle dita fra i capelli,
per
ritrovarsi un’immagine (sua, mia, di lei, ecc.)
che
poi risulta prestabilita – cosa ce ne facciamo
dei
rapporti, dei meriti, degli errori, dei nodi, dei paradigmi
di
questa cosa splendida e idiota – nemmeno fosse la vita
novembre
1976
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