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Pane, ben di Dio
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In
un racconto di Guy de Maupassant, ogni mattina la giovane servetta di una casa
borghese va a comprare il pane con la sua cesta sotto il braccio. Da una
finestrina spia il giovane panettiere al lavoro e si porte con sé l’immagine
delle ampie spalle, delle braccia forti, della pelle che brilla di sudore e di
quelle mani sensuali che impastano e impastano con la risolutezza di un amante,
proprio come lei vorrebbe essere toccata. E siccome è un racconto d’amore, il
sogno si avvera più che abbondantemente… Quando vedo quei grandi pani
campagnoli, inevitabilmente mi viene in mente il panettiere di Maupassant e le
sue mani nella pasta e nella carne soda della ragazza… Ci sono mani e mani,
alcune pesanti e goffe, altre piccole e forti, leggere e titubanti o grandi e
gentili, ma per fare il pane e fare l’amore l’importante è l’intenzione che
guida la mano.
In
Cile il pane più comune è la marraqueta, a forma di vulva; in Francia la
baguette, fallica nell’aspetto, non lo è nel temperamento: è modesta, fidata e
mantiene sempre la parola. La si trova in qualsiasi città civilizzata, ma da
nessuna parte la baguette è così croccante fuori e morbida dentro come a
Parigi. Se il menu contempla un pane diverso, non badarci, con una baguette la
tua reputazione è sempre al sicuro, salva quando c’è bisogno di un pane
malleabile per quei piatti esotici che si mangiano con le mani. Il suo unico
inconveniente è che, non contenendo grassi, si rafferma nel giro di poche ore,
e infatti le signore bene francesi la comprano due volte al giorno. Ma non si
può pretender questa abnegazione da tutti; comunque puoi far resuscitare la tua
baguette spruzzandola d’acqua e riscaldandola in un forno normale per qualche
minuto. Se è fossilizzata, pucciala nel latte e dalla al cane. Ma che non ti
venga in mente di metterla nel microonde, le spezzeresti il cuore e la sua
essenza violata si trasformerebbe in caucciù.
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