(…)
Pane, ben di Dio
(…)
Questa notte,
come molte senza
amante,
preparerò il pane
sprofondando le
nocche
nella morbida pasta.
Haiku
di Patricia Donegan
Ricordo
la cucina di un convento di Bruxelles, quando fui testimone reverente della
misteriosa copula tra il lievito, la farina e l’acqua. Una suora laica, con
spalle da scaricatore di porto e mani delicate da ballerina, preparava il pane
in stampi rotondi e rettangolari, li copriva con un telo bianco lavato e
rilavato mille volte e li lasciava riposare vicino alla finestra, su un bancone
di legno medievale. Mentre lavorava, all’altra estremità della cucina si
verificava il semplice miracolo quotidiano della farina e della poesia, il
contenuto degli stampi prendeva vita e un processo lento e sensuale si
produceva sotto quei bianchi tovaglioli che, come lenzuola discrete, coprivano
le nudità delle pagnotte. La pasta cruda si gonfiava in sospiri segreti, si
muoveva soavemente, palpitava come un corpo di donna che si dà all’amore. L’odore
acido della pasta in fermento si mescolava al respiro intenso e vigoroso dei
pani appena sfornati. E io, seduta su una panchetta da penitente, in un angolo
buio della grande stanza di pietra, immersa nel calore e nella fragranza di
quell’evento misterioso, piangevo senza sapere perché…
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