Antonio Giaccarelli - Priamo chiede ad Achille il corpo di Ettore, dettaglio
Da Omero, Iliade - Alessandro Baricco
Priamo
(…)
Mi svegliai nel cuore
della notte, che tutti dormivano, intorno a me. Dovevo essere impazzito per
pensare di aspettare l'alba là. Mi alzai, in silenzio, andai ai carri, svegliai
Ideo, attaccammo i cavalli e, senza che nessuno ci vedesse, partimmo. Attraversammo
nel buio la pianura. E quando l'Aurora dal colore d'oro scivolò su tutta la
terra, arrivammo alle mura di Troia. Dalla città ci videro le donne e si misero
a gridare che il re Priamo era tornato, e con lui il figlio Ettore, e tutti si
riversarono fuori dalle porte, correndoci incontro. Tutti volevano accarezzare
la bella testa del morto, piangendo e alzando sordi lamenti. A fatica il
vecchio re riuscì a spingere i carri fin dentro le mura, e poi nella reggia.
Presero Ettore e lo posero su un letto intarsiato. Intorno a lui si alzò il
lamento funebre. E le donne, una ad una, gli andarono accanto, e tenendo la sua
testa tra le mani gli dissero addio. Andromaca per prima, che era la sua sposa.
"Ettore, tu muori giovane e mi lasci vedova nella nostra casa, con un bimbo
piccolo che grande non diventerà mai. Questa città sarà distrutta, perché sei
morto tu che la proteggevi. Le nobili spose saranno trascinate sulle navi, e io
sarò una di loro. Tuo figlio, qualcuno degli Achei lo prenderà e lo scaglierà
dalle alte torri, dandogli morte orribile in odio e spregio a te che tanti
figli achei hai ucciso, e fratelli, e amici. Ti piangono i tuoi genitori, oggi,
ti piange tutta la città, ma nessuno ti piange con tanto dolore come la tua
sposa, che mai dimenticherà che sei andato a morire lontano da lei."
Lo pianse allora
Ecuba, la madre. "Ettore, tra tutti i figli, quello più caro al mio cuore.
Gli dei che tanto ti hanno amato in vita, anche da morto non ti hanno
abbandonato. Ti ha trascinato Achille nella terra, per far felice il suo amato
Patroclo, ma adesso io ti trovo qui e tu sei bello, e fresco, e intatto. Ti ha
spezzato la lancia di Achille, ma di una dolce morte sembri morto, figlio
mio."
E lo pianse infine
Elena d'Argo. "Ettore, amico mio. Vent'anni son passati da quando Paride
mi portò via dalla mia terra. E in vent'anni mai una volta ho sentito da te una
parola cattiva, o un'offesa. E se qualcuno mi malediceva, qui nella reggia, tu
sempre mi difendevi, con parole dolci, e gentili. Io ti piango perché piango
con te l'unico amico che avevo. Te ne sei andato, lasciandomi sola in pasto
all'odio di tutti."
Così piansero, nella
notte, le donne e gli uomini di Troia, intorno al corpo di Ettore, domatore di
cavalli. Il giorno dopo, elevarono la pira in suo onore, e alte fecero salire
le fiamme, nella luce rosata dell'alba. Le sue ossa bianche le custodirono in un'urna
d'oro, avvolta in un drappo color porpora. Nel profondo della terra adesso riposano,
dove nessun guerriero acheo potrà più turbarle.
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