Priamo
(…)
C'erano alcuni uomini
che si affaccendavano intorno alla tavola ancora imbandita. Achille era seduto
in un angolo, solo. Il vecchio re gli si avvicinò senza che nessuno se ne
accorgesse. Avrebbe forse potuto ucciderlo. Ma invece cadde ai suoi piedi, e
abbracciò le sue ginocchia. Achille rimase stupefatto, impietrito dalla
sorpresa. Priamo gli prese le mani, le mani terribili che tanti figli gli
avevano ucciso, e se le portò alle labbra, e le baciò. "Achille, tu mi
vedi, sono vecchio ormai. Come tuo padre, ho passato la soglia della triste
vecchiaia. Ma lui almeno sarà nella sua terra a sperare di rivedere un giorno
il figlio, di ritorno da Troia. Immensa invece è la mia sventura: cinquanta
figli, avevo, per difendere la mia terra, e la guerra me li ha portati via
quasi tutti; non mi era rimasto che Ettore, e tu l'hai ucciso, sotto le mura della
città di cui era l'ultimo ed eroico difensore. Sono venuto fin qui per riportarmelo
a casa, in cambio di splendidi doni. Abbi pietà di me, Achille, nel ricordo di
tuo padre: se hai pietà di lui abbi pietà di me che, unico fra tutti i padri, non
ho avuto vergogna di baciare la mano che ha ucciso mio figlio." Gli occhi
di Achille si riempirono di lacrime. Con un gesto della mano scostò da sé
Priamo, con dolcezza. Piangevano, i due uomini, nel ricordo del padre, del
ragazzo amato, del figlio. Le loro lacrime, in quella tenda, nel silenzio. Poi
Achille si levò dal suo seggio, prese il vecchio re per mano e lo fece alzare.
Guardò i suoi capelli bianchi, la bianca barba, e commosso gli disse: "Tu,
infelice, che tante sventure hai patito nell'animo. Dove hai trovato il
coraggio per venire fino alle navi degli Achei e inginocchiarti davanti
all'uomo che ti ha ucciso tanti figli valorosi? Hai un cuore forte, Priamo. Siediti
qui, sul mio seggio. Dimentichiamo insieme l'angoscia, che tanto piangere non
serve. E destino degli uomini vivere nel dolore, e solo gli dei vivono felici.
E la sorte, imperscrutabile, che dispensa bene e male. Mio padre, Peleo, era un
uomo fortunato, primo fra tutti gli uomini, re nella sua terra, sposo di una
donna che era una dea: eppure la sorte gli diede un solo figlio, nato per
regnare, e adesso quel figlio, lontano da lui, corre veloce verso il suo
destino di morte, seminando la rovina tra i suoi nemici. E tu, che eri così
felice un tempo, re di una grande terra, padre di molti figli, padrone di una
fortuna immensa, adesso sei costretto ogni giorno a svegliarti in mezzo alla
guerra e alla morte. Sii forte, vecchio, e non tormentarti: piangere tuo figlio
non lo riporterà in vita". E con un gesto invitò il vecchio re a sedersi,
sul suo seggio. Ma quello non volle, disse che voleva vedere il corpo del figlio,
coi suoi occhi, solo quello voleva, non voleva sedersi, voleva suo figlio.
Achille lo guardò irritato. "Adesso non farmi arrabbiare, vecchio. Ti
ridarò tuo figlio, perché se sei arrivato vivo fin qui, vuol dire che è stato
un dio a guidarti, e io non voglio dispiacere agli dei. Ma non farmi
arrabbiare, perché sono anche capace di disubbidire agli dei." Il vecchio
re tremò di paura, allora, e si sedette, come gli era stato ordinato. Achille
se ne uscì dalla tenda, coi suoi uomini. Andò a prendersi i preziosi doni che
Priamo aveva scelto per lui. E due teli di lino, e una tunica, lasciò sul
carro, perché vi avvolgessero il corpo di Ettore quando sarebbe stato pronto
per essere riportato a casa. Poi chiamò le schiave e Ordinò loro di lavare e
ungere il cadavere dell'eroe, e di fare tutto questo in disparte, perché gli
occhi di Priamo non vedessero, e non dovessero soffrire. E quando il corpo fu
pronto, Achille stesso lo prese tra le braccia, lo sollevò e lo depose sul
letto funebre. Poi tornò nella tenda e si sedette di fronte a Priamo. "Ti
è stato reso il figlio, vecchio, come tu volevi.
All'alba lo vedrai, e
te lo potrai portare via. E adesso ti ordino di mangiare con me." Prepararono
una sorta di banchetto funebre, e quando il pasto fu finito, rimanemmo là, uno di
fronte all'altro a parlare, nella notte. Non riuscivo a non ammirare la sua bellezza,
sembrava un dio. E lui mi stava ad ascoltare, in silenzio, rapito dalle mie parole.
Per quanto possa sembrare incredibile, passammo quel tempo ad ammirarci. Tanto
che alla fine, dimenticando dov'ero, e perché ero lì, io chiesi un letto,
perché erano giorni che non dormivo, trafitto dal dolore: e me lo prepararono,
con tappeti preziosi e coperte di porpora, in un angolo, perché nessuno degli
altri Achei mi vedesse. Quando tutto fu pronto, Achille venne da me e mi disse:
"Fermeremo la guerra per darti il tempo di onorare tuo figlio, vecchio
re". E poi mi prese la mano, e la strinse, e io non ebbi più paura.
(…)
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