2 maggio 2018

da Dolce come il cioccolato - Laura Esquivel

Adriaan de Lelie - The pancake-cook
da Dolce come il cioccolato - Laura Esquivel
(…)
Ogni volta che chiudeva gli occhi il freddo aumentava, poiché poteva rivivere assai chiaramente la sera di Natale di un anno prima, quando Pedro e la sua famiglia erano venuti a cena da loro per la prima volta. Nonostante fosse passato del tempo, poteva ricordare perfettamente i suoni, gli odori, il fruscio del suo vestito nuovo sul pavimento appena incerato e lo sguardo di Pedro alle sue spalle... Che sguardo! Lei camminava verso il tavolo portando un vassoio con dei pasticcini alla crema quando lo sentì così ardente da bruciarle la pelle. Girò la testa e i suoi occhi s’incontrarono con quelli di Pedro. In quel momento capì perfettamente ciò che prova una frittella quando entra a contatto con l’olio bollente. La sensazione di calore che aveva invaso tutto il suo corpo era così reale che di fronte al timore di diventare una frittella e di ritrovarsi tutto il corpo ricoperto di bolle – la faccia, il ventre, il cuore, il seno – Tita non riuscì a sostenere quello sguardo, e abbassando gli occhi attraversò rapidamente tutta la sala fino all’angolo in cui Gertrudis pedalava alla pianola il valzer Occhi di gioventù. Depose il vassoio su di un tavolo, prese distrattamente un bicchierino di liquore di Noyó nel quale si era imbattuta e si sedette di fianco a Paquita Lobo, sua vicina di casa. L’essersi allontanata da Pedro non servì a nulla; sentiva il sangue bruciarle le vene. Un intenso rossore le copriva le guance e nonostante gli sforzi non trovava dove posare lo sguardo. Paquita notò qualcosa di strano e mostrando notevole apprensione le chiese:
«Che buono questo liquore, non trovi?».
«Come dice?».
«Ti vedo molto distratta, Tita. Ti senti bene?».
«Sì, molte grazie».
«Hai già l’età per poter bere un po’ di liquore nelle occasioni speciali, birbantella! Ma dimmi un po’, ce l’hai il permesso della mamma? Sei agitata e stai tremando», aggiunse in tono protettivo. «È meglio che tu smetta di bere, perché potresti dare spettacolo».
Ci mancava solo che Paquita Lobo la credesse ubriaca! Non poteva permettersi di lasciarla nel dubbio, altrimenti c’era il rischio che il pettegolezzo arrivasse alla mamma. Il terrore di sua madre le fece dimenticare per un momento la presenza di Pedro e cercò con tutti i mezzi di convincere Paquita della sua lucidità e agilità mentale. Conversò con lei di pettegolezzi e sciocchezze. Le fornì anche la ricetta di quel Noyó, che tanto la preoccupava. Questo liquore si prepara mettendo quattro once di armelline di pesca e mezza libbra di armelline di albicocca in un’azumbre5 d’acqua per ventiquattro ore, per ammorbidirne la pelle; indi si pelano, si schiacciano e si mettono in infusione in due azumbres di acquavite per quindici giorni. Si procede poi alla distillazione. A due libbre e mezzo di zucchero sciolto perfettamente in acqua, si aggiungono quattro once di fiori d’arancio, si mescola e si filtra. E per togliere ogni dubbio sulla sua salute fisica e mentale, Tita ricordò a Paquita, con noncuranza, che un’ azumbre equivale esattamente a 2,016 litri.
E così quando Mamma Elena si avvicinò a Paquita chiedendole se si trovava bene, questa rispose entusiasta:
«Sto benissimo! Hai delle figlie meravigliose. E con loro si conversa che è proprio un piacere!».
(…)

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