Manuel Vasquez
Montalban – tatuaggio
La
ragazza dal corpo dorato si tuffò dal pattino e l’uomo olivastro e calvo diede
alcune bracciate decise per avvicinarla, osservare il suo ritorno in
superficie, sorprendere il luccichio della carne umida spruzzata dall’acqua e
dal sole. L’uomo olivastro e calvo riprese la posizione eretta, si accertò che
l’acqua lo coprisse appena e cercò di individuare la propria famiglia sulla
spiaggia. Una donna cubica lavava energicamente un bambino. Continuò
impunemente la caccia visiva, volse lo sguardo verso il punto dove aveva
lasciato la ragazza dal corpo dorato e la vide nuotare sul dorso in direzione
contraria al pattìno sempre presente, mosso appena da un mare calmo.
Fu
allora che vide l’altro corpo. Galleggiava sull’acqua e si intralciava con
pattìno. Senza dubbio un amico della ragazza dal corpo dorato, non notato
prima. Ma nulla gli impediva di continuare a guardarla. Nessuno poteva
vietargli di farlo, di riempirsi gli occhi di quella carne soda, tonificata dal
sale e dalla luce accecante. Alternò lo sguardo tra la ragazza che lasciava
capricciose scie discontinue sull’acqua e il corpo inerte che continuava a
galleggiare, impigliato con ostinazione al pattìno. A poco a poco accettò
l’idea che si trattasse di una posizione troppo insistentemente immobile e
contraria alle leggi della respirazione. Ma c’è chi resiste molto, si disse, e
non è il caso di fare il cretino dando l’allarme e rischiando poi che il tizio
si risollevi come se niente fosse e la ragazza mi rida in faccia. La giovane
stava tornando con un crawl facile,
pareva seguire un binario tracciato sulle onde. Si fermò a un metro dal pattìno
e osservò prima diffidente, poi sorpresa, quel corpo sempre inerte cullato
appena dal soave moto delle acque. La ragazza mosse lo sguardo in cerca di
qualche bagnante e i suoi occhi si posarono sull’uomo calvo e olivastro che
osservava la scena a circa venti metri. Rincuorata dalla compagnia, si avvicinò
al corpo. Poi lo toccò con una mano, e il singolare nuotatore si scostò dal
pattìno docile come un morto. La ragazza si voltò verso il guardone e gridò in
una lingua strana. L’uomo non attese oltre. Cercò di nuotare in modo veloce e
composto per arrivare presto e bene, come meritava una ragazza tanto splendida.
L’evidenza di quel corpo esanime prese il sopravvento sull’attrazione per la
donna. L’uomo calco e olivastro spinse il corpo in una zona dove poteva toccare
e, una volta raggiunta, lo trainò, seguito dalla ragazza che non smetteva di
gridare. Quelle grida aprirono gallerie di attesa tra la folla che nuotava e
coloro che sulla sabbia stillavano sudore o se lo detergevano. Alcuni bagnanti
cercarono di contendere all’uomo calvo e olivastro il ruolo di protagonista
dell’accaduto. Ma lui conservava il proprio trofeo con un braccio stretto sotto
le ascelle del morto.
Giunti
a riva furono in quattro a portare il corpo sulla sabbia. L’uomo calvo e
olivastro dirigeva le operazioni. Il corpo venne trasportato bocconi, così come
era stato recuperato dalle acque. Indossava appena uno “slip”, era giovane,
biondo, abbronzato. Lo adagiarono supino sulla spiaggia. Un grido di orrore
diradò il capannello di folla seminuda. Non aveva volto. I pesci gli avevano
mangiato le guance e gli occhi. Lo girarono. Fu allora che un ragazzino notò
qualcosa di leggibile sulla schiena. Una mano scostò i granelli di sabbia
bagnata. Qualcuno lesse a voce alta la scritta tatuata sulla pelle: Sono nato per rivoluzionare l’inferno.
(…)
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