Le origini della pasta, intesa come mescolanza di cereale
frantumato e acqua, risalgono addirittura a settemila anni fa, quando l’uomo
passò dalla vita nomade a quella seminomade o stanziale, e a un’economia basata
soprattutto sull’allevamento si affiancò un’organizzazione produttiva e sociale
che iniziò a privilegiare l’agricoltura.
La coltivazione dei cereali consentì ben presto di preparare “l’antenato”
della nostra pasta: i chicchi dei cereali, una volta raccolti, venivano prima frantumati
e poi macinati, e la farina così ottenuta veniva impastata con l’acqua per
ottenere sottili sfoglie da cuocere su pietre roventi. La presenza della pasta è
documentata in bassorilievi etruschi e in testi greci e romani, e certo è pure
il consumo di pasta secca presso alcune popolazioni arabe: il confezionamento
della pasta essiccata, infatti, si deve proprio ai nomadi del deserto, che
avevano bisogno di un cibo di cui disporre anche in assenza di acqua. Furono
sempre gli arabi, all’epoca in cui dominarono sull’Italia meridionale, a farla
conoscere al popolo che ne avrebbe fatto, secoli dopo, il piatto nazionale per
eccellenza.
Inizialmente la pasta aveva una foggia semplice: vermicelli e
maccheroni, spaghetti e tagliatelle. In seguito si è notevolmente differenziata
in fantasiosi formati e si è inoltre cominciato a farcire la sfoglia per
trasformarla in tortellini, ravioli e agnolotti. Con il tempo anche l’impasto è
stato oggetto di modifiche e varianti, locali e regionali. Nel XVII secolo l’invenzione
del torchio idraulico e l’introduzione della gramola nelle fasi di lavorazione
della pasta contribuirono ad aumentarne la produzione, soprattutto in Campania,
in Sicilia e in Liguria, terre baciate da un clima caldo e ventilato che
permetteva l’essiccazione “naturale” del prodotto. Il consumo della pasta, però,
divenne comune solo a partire dall’Ottocento. È infatti agli inizi di quel
secolo che vennero fondate le prime industrie pastaie, che l’essiccazione in
ambienti riscaldati ne consentì la lavorazione in tutte le regioni e che i “pastai”
si ingegnarono a inventare nuove trafile (gli stampi in bronzo) per creare
sempre più numerosi formati.
La produzione di pasta su larga scala ebbe tuttavia inizio
solo a partire dal Novecento, quando, grazie alle innovazioni tecnologiche, l’esportazione,
soprattutto verso gli Stati Uniti, raggiunse cifre record. La pasta divenne simbolo
di italianità in tutto il mondo, e il “tricolore” di un piatto di spaghetti, pomodoro
e basilico oggi viene riconosciuto ovunque come simbolo di allegria e buona
tavola.
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