4 settembre 2018

da “Gli amori difficili”. L'avventura di un impiegato, (1953) – Italo Calvino

opera di Kenton Nelson
da “Gli amori difficili”. L'avventura di un impiegato, (1953) – Italo Calvino

A Enrico Gnei, impiegato, accadde di passare una notte con una bella signora. Uscendo dalla casa di lei, sul presto, l'aria e i colori del mattino primaverile gli s'aprirono dinanzi, freschi tonificanti e nuovi, e gli sembrava di camminare a suon di musica.
Va detto che soltanto a un fortunato insieme di circostanze Enrico Gnei doveva quell'avventura: una festa di amici, una particolare e passeggera disposizione della signora - donna peraltro controllata e di non facili abbandoni -, una conversazione in cui egli s'era trovato insolitamente a proprio agio, l'aiuto - da una parte e dall'altra - d'una lieve esaltazione alcolica, vera o simulata che fosse, e poi ancora un'appena secondata combinazione logistica al momento dei commiati: tutto questo, e non un fascino personale del Gnei - o se mai, solo la sua apparenza discreta e un po' anonima che lo poteva designare come compagno non impegnativo o vistoso -, aveva determinato l'esito inatteso di quella notte.
Egli ne era ben cosciente e, modesto d'indole, tanto più teneva la sua fortuna per preziosa. Sapeva pure che il fatto non avrebbe avuto nessun seguito; né se ne doleva, perché una relazione continuata avrebbe comportato problemi troppo imbarazzanti per il suo tenore di vita abituale. La perfezione dell'avventura stava nell'esser cominciata e finita nello spazio d'una notte. Dunque, Enrico Gnei era quel mattino un uomo che ha avuto quanto di meglio poteva desiderare al mondo.
La casa della signora era in collina. Gnei scendeva un viale verde e odoroso. Era più presto dell'ora in cui soleva uscire di casa per l'ufficio. La signora l'aveva fatto sgusciare via allora, perché la servitù non lo vedesse. Il non aver dormito non gli pesava, anzi gli dava come una innaturale lucidezza, un'eccitazione non più dei sensi ma dell'intelletto. Un muovere di vento, un ronzio, un odore d'alberi gli parevano cose di cui dovesse in qualche modo impossessarsi e godere; e non si riadattava a modi di gustare la bellezza più discreti. Poiché, uomo metodico qual era, l'essersi levato in casa altrui, l'essersi rivestito in fretta, senza radersi, gli lasciavano addosso un'impressione di scombinamento d'abitudini, pensò per un momento di fare una scappata a casa, prima d'andare in ufficio, per farsi la barba e rassettarsi. Il tempo l'avrebbe avuto, ma Gnei scacciò subito l'idea, preferì convincersi che era tardi, perché lo prese il timore che la casa, la ripetizione di gesti quotidiani dissolvessero l'atmosfera di straordinarietà e ricchezza in cui ora si muoveva. Decise che la sua giornata avrebbe seguito una curva calma e generosa, per conservare il più possibile l'eredità di quella notte. La memoria, a saper ricostruire con pazienza le ore passate, secondo per secondo, gli apriva paradisi sterminati. Così vagando col pensiero, senza fretta, Enrico Gnei s'avviava verso il capolinea del tram.
Il tram attendeva, quasi vuoto, l'ora della corsa. I tranvieri erano giù e fumavano. Gnei salì
fischiettando, con le falde del soprabito sventolanti, e si sedette, un po' scomposto, poi subito prese una posizione più urbana, contento d'essersi saputo prontamente correggere ma non scontento del piglio spregiudicato che gli era venuto naturale.
La zona non era popolosa né mattiniera. Nel tram c'era una massaia attempata, due lavoratori in discussione, e lui, uomo contento. Buona gente del mattino. Gli erano simpatici; lui, Enrico Gnei, era un signore misterioso, per loro, misterioso e contento, mai visto prima su quel tram a quell'ora. Donde poteva venire? essi ora forse si chiedevano. E lui non dava nulla a vedere: lui guardava i glicini. Era un uomo che guarda i glicini da uomo che sa guardare i glicini: era conscio di questo, Enrico Gnei. Era un passeggero che dà i soldi del biglietto al bigliettario, e tra lui e il bigliettario c'era un perfetto rapporto tra passeggero e bigliettario, non poteva andare meglio di così. Il tram scendeva verso il fiume; era un bel vivere.
(…)

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