Maurits Cornelis Escher - Belvedere
da La Biblioteca
di Babele - Jorge Luis Borges(...)
A ciascuna parete di ciascun esagono corrispondono
cinque scaffali; ciascuno scaffale contiene trentadue libri di formato
uniforme; ciascun libro è di quattrocentodieci pagine; ciascuna pagina, di
quaranta righe; ciascuna riga, di quaranta lettere di colore nero. Vi sono
anche delle lettere sulla costola di ciascun libro; non, però, che indichino o
prefigurino ciò che diranno le pagine. So che questa incoerenza, un tempo,
parve misteriosa. Prima d'accennare alla soluzione (la cui scoperta, a prescindere
dalle sue tragiche proiezioni, è forse il fatto capitale della storia) voglio rammentare
alcuni assiomi.
Primo: La Biblioteca esiste ab aeterno. Di questa
verità, il cui corollario immediato è l'eternità futura del mondo, nessuna
mente ragionevole può dubitare. L'uomo, questo imperfetto bibliotecario, può
essere opera del caso o di demiurghi malevoli; l'universo, con la sua elegante
dotazione di scaffali, di tomi enigmatici, di infaticabili scale per il
viaggiatore e di latrine per il bibliotecario seduto, non può essere che l'opera
di un dio. Per avvertire la distanza che c'è tra il divino e l'umano, basta paragonare
questi rozzi, tremuli simboli che la mia fallibile mano sgorbia sulla copertina
d'un libro, con le lettere organiche dell'interno: puntuali, delicate,
nerissime, inimitabilmente simmetriche.
Secondo: Il numero dei simboli ortografici è di
venticinque. Questa constatazione permise, or sono tre secoli, di formulare una
teoria generale della Biblioteca e di risolvere soddisfacentemente il problema
che nessuna congettura aveva permesso di decifrare: la natura informe e caotica
di quasi tutti i libri. Uno di questi, che mio padre vide nell'esagono del
circuito quindici novantaquattro, constava delle lettere MCV, perversamente
ripetute dalla prima all'ultima riga. Un altro (molto consultato in questa
zona) è un mero labirinto di lettere, ma l'ultima pagina dice Oh tempo le tue piramidi.
È ormai risaputo: per una riga ragionevole, per una notizia corretta, vi sono leghe
di insensate cacofonie, di farragini verbali e di incoerenze. (So d'una regione
barbarica i cui bibliotecari ripudiano la superstiziosa e vana abitudine di
cercare un senso nei libri, e la paragonano a quella di cercare un senso nei
sogni o nelle linee caotiche della mano... Ammettono che gli inventori della
scrittura imitarono i venticinque simboli naturali, ma sostengono che questa
applicazione è casuale, e che i libri non significano nulla di per sé. Questa
affermazione, lo vedremo, non è del tutto erronea).
(...)
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