Lelio Basso – dall’intervento all’Assemblea
Costituente, 6 marzo 1947
Noi pensiamo che la democrazia si difende, che la
libertà si difende non diminuendo i poteri dello Stato, non cercando di
impedire o di ostacolare l'attività dei poteri dello Stato, ma al contrario,
facendo partecipare tutti i cittadini alla vita dello Stato, inserendo tutti i
cittadini nella vita dello Stato; tutti, fino all'ultimo pastore dell'Abruzzo,
fino all'ultimo minatore della Sardegna, fino all'ultimo contadino della
Sicilia, fino all'ultimo montanaro delle Alpi, tutti, fino all'ultima donna di
casa nei dispersi casolari della Calabria, della Basilicata. Solo se noi otterremo
che tutti effettivamente siano messi in grado di partecipare alla gestione
economica e politica della vita collettiva, noi realizzeremo veramente una
democrazia.
E questo è il senso profondo, onorevole Calamandrei,
degli articoli sul lavoro, che ella e molti altri colleghi hanno criticato; ella in forma
particolare, quasi con spavento, dicendo che questi articoli sono formulati in
modo che i cittadini domani, leggendo la Carta costituzionale, potrebbero dire:
«Non è vero». Certo, non è vero oggi che la democrazia italiana, che la Repubblica italiana sia in grado di garantire
a tutti il lavoro, che sia in grado di garantire a tutti un salario adeguato
alle proprie esigenze familiari; ma il senso profondo di questi articoli nell'armonia complessa della Costituzione,
dove tutto ha un suo significato, e dove ogni parte si integra con le altre parti, sta proprio in
questo: che finché questi articoli non saranno veri, non sarà vero il resto; finché non sarà garantito
a tutti il lavoro, non sarà garantita a tutti la libertà; finché non vi sarà sicurezza sociale, non vi
sarà veramente democrazia politica; o noi realizzeremo interamente questa Costituzione,
o noi non avremo realizzata la democrazia in Italia.
(…)
Noi sentiamo spesso criticare quello che oggi si
chiama il Governo dei partiti, la democrazia dei partiti, che qualcuno chiama la dittatura
dei partiti. Si dice che esso ha ucciso il Parlamento. Ed indubbiamente la vita dei partiti ha ucciso
certi aspetti della vita parlamentare, ma noi crediamo che ciò sia stato un progresso. Ha
ucciso il trasformismo, ha ucciso la dittatura personale alla Giolitti, ha
ucciso le facili crisi che caratterizzano soprattutto certe forme di democrazia parlamentare francese, quando la
vita parlamentare non aveva dietro di sé il controllo della vita dei grandi
partiti. Ma noi pensiamo che proprio attraverso la vita dei partiti si
correggono questi difetti della vita parlamentare, perché non si tratta più
dell'opinione del singolo Deputato che può mutare di volta in volta, secondo le
combinazioni parlamentari o magari le manovre di corridoio. Si tratta di grandi
partiti che hanno la responsabilità di grandi masse, di milioni di elettori che
sanno che ogni loro gesto, ogni loro atteggiamento politico, ogni loro decisione implica la responsabilità
di milioni di cittadini, e che sanno altresì che ogni loro errore può costare caro sul piano
dell'influenza che il partito ha nella vita del Paese. Non c'è dubbio che in
questo senso la vita dei partiti, l'esistenza dei grandi partiti rappresenta un
notevole progresso della democrazia, perché dà un maggior senso di
responsabilità e quindi una maggiore
stabilità alla vita politica e trasforma conseguentemente l'istituto
parlamentare. Ma anche in altro senso, la vita dei partiti è un progresso per
la democrazia, perché oggi non accade
più che il cittadino, chiamato alle urne per eleggere i propri rappresentanti,
compie la manifestazione della sua
volontà politica ogni quattro o cinque anni a seconda della durata del mandato parlamentare, e poi sia costretto a
rimettersi a quello che faranno i suoi mandatari.
Oggi il cittadino che deve occuparsi di politica, che
vuole veramente partecipare all'esercizio della sovranità popolare, lo può fare ogni
giorno, perché attraverso la vita del suo Partito, la sua partecipazione
all'organismo politico cui aderisce, egli è in grado di controllare giorno per giorno,
d'influire giorno per giorno sull'orientamento, politico del suo partito e,
attraverso questo, sull'orientamento politico del Parlamento e del Governo.
È un esercizio direi quotidiano di sovranità popolare
che si celebra attraverso la vita dei partiti,
e i partiti di massa sono veramente oggi la più alta espressione della
democrazia, perché consentono a milioni
di cittadini di diventare ogni giorno partecipi della gestione politica della
vita del Paese.
(…)
Se noi riusciremo a tradurre nella nostra Carta
costituzionale questa grande aspirazione di libertà e di giustizia sociale intesa nel senso
che non c'è libertà senza giustizia sociale, che non c'è democrazia politica se
non c'è democrazia economica; se noi riusciremo a tradurre nella Carta
costituzionale quei principî in cui si incontrano i più antichi motivi della
civiltà cristiana, le più vive esigenze della democrazia e le più profonde
aspirazioni del movimento socialista, noi avremo realizzato una grande opera:
non solo avremo assolto al compito che ci è stato affidato dai nostri elettori,
ma avremo veramente fatto qualcosa di un'importanza storica, avremo inserito
nella vita dello Stato le grandi masse lavoratrici, avremo cioè dato una
garanzia di sviluppo democratico al movimento sociale.
Noi crediamo profondamente in una democrazia così
intesa, e noi ci batteremo per questa democrazia.
Ma se altri gruppi avvalendosi, come dicevo in principio, di esigue ed effimere
maggioranze, volessero far trionfare dei
principî di parte, volessero darci una Costituzione che non rispecchiasse quella che è la profonda
aspirazione della grande maggioranza degli italiani, che amano come noi la libertà e come noi amano
la giustizia sociale, se volessero fare una Costituzione che fosse in un certo qual modo
una Costituzione di parte, allora voi avrete scritto sulla sabbia la vostra Costituzione ed il
vento disperderà la vostra inutile fatica.
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