10 luglio 2016

Lelio Basso – dall'intervento all’Assemblea Costituente, 6 marzo 1947


Lelio Basso – dall’intervento all’Assemblea Costituente, 6 marzo 1947 
Noi pensiamo che la democrazia si difende, che la libertà si difende non diminuendo i poteri dello Stato, non cercando di impedire o di ostacolare l'attività dei poteri dello Stato, ma al contrario, facendo partecipare tutti i cittadini alla vita dello Stato, inserendo tutti i cittadini nella vita dello Stato; tutti, fino all'ultimo pastore dell'Abruzzo, fino all'ultimo minatore della Sardegna, fino all'ultimo contadino della Sicilia, fino all'ultimo montanaro delle Alpi, tutti, fino all'ultima donna di casa nei dispersi casolari della Calabria, della Basilicata. Solo se noi otterremo che tutti effettivamente siano messi in grado di partecipare alla gestione economica e politica della vita collettiva, noi realizzeremo veramente una democrazia.
E questo è il senso profondo, onorevole Calamandrei, degli articoli sul lavoro, che ella e molti  altri colleghi hanno criticato; ella in forma particolare, quasi con spavento, dicendo che questi articoli sono formulati in modo che i cittadini domani, leggendo la Carta costituzionale, potrebbero dire: «Non è vero». Certo, non è vero oggi che la democrazia italiana, che la  Repubblica italiana sia in grado di garantire a tutti il lavoro, che sia in grado di garantire a tutti un salario adeguato alle proprie esigenze familiari; ma il senso profondo di questi articoli  nell'armonia complessa della Costituzione, dove tutto ha un suo significato, e dove ogni parte si  integra con le altre parti, sta proprio in questo: che finché questi articoli non saranno veri, non  sarà vero il resto; finché non sarà garantito a tutti il lavoro, non sarà garantita a tutti la libertà;  finché non vi sarà sicurezza sociale, non vi sarà veramente democrazia politica; o noi realizzeremo interamente questa Costituzione, o noi non avremo realizzata la democrazia in Italia.
(…)
Noi sentiamo spesso criticare quello che oggi si chiama il Governo dei partiti, la democrazia  dei partiti, che qualcuno chiama la dittatura dei partiti. Si dice che esso ha ucciso il Parlamento.  Ed indubbiamente la vita dei partiti ha ucciso certi aspetti della vita parlamentare, ma noi  crediamo che ciò sia stato un progresso. Ha ucciso il trasformismo, ha ucciso la dittatura personale alla Giolitti, ha ucciso le facili crisi che caratterizzano soprattutto certe forme di  democrazia parlamentare francese, quando la vita parlamentare non aveva dietro di sé il controllo della vita dei grandi partiti. Ma noi pensiamo che proprio attraverso la vita dei partiti si correggono questi difetti della vita parlamentare, perché non si tratta più dell'opinione del singolo Deputato che può mutare di volta in volta, secondo le combinazioni parlamentari o magari le manovre di corridoio. Si tratta di grandi partiti che hanno la responsabilità di grandi masse, di milioni di elettori che sanno che ogni loro gesto, ogni loro atteggiamento politico,  ogni loro decisione implica la responsabilità di milioni di cittadini, e che sanno altresì che ogni  loro errore può costare caro sul piano dell'influenza che il partito ha nella vita del Paese. Non c'è dubbio che in questo senso la vita dei partiti, l'esistenza dei grandi partiti rappresenta un notevole progresso della democrazia, perché dà un maggior senso di responsabilità e quindi una  maggiore stabilità alla vita politica e trasforma conseguentemente l'istituto parlamentare. Ma anche in altro senso, la vita dei partiti è un progresso per la democrazia, perché oggi non  accade più che il cittadino, chiamato alle urne per eleggere i propri rappresentanti, compie la  manifestazione della sua volontà politica ogni quattro o cinque anni a seconda della durata del  mandato parlamentare, e poi sia costretto a rimettersi a quello che faranno i suoi mandatari.
Oggi il cittadino che deve occuparsi di politica, che vuole veramente partecipare all'esercizio  della sovranità popolare, lo può fare ogni giorno, perché attraverso la vita del suo Partito, la sua partecipazione all'organismo politico cui aderisce, egli è in grado di controllare giorno per giorno, d'influire giorno per giorno sull'orientamento, politico del suo partito e, attraverso questo, sull'orientamento politico del Parlamento e del Governo.
È un esercizio direi quotidiano di sovranità popolare che si celebra attraverso la vita dei  partiti, e i partiti di massa sono veramente oggi la più alta espressione della democrazia, perché  consentono a milioni di cittadini di diventare ogni giorno partecipi della gestione politica della vita del Paese.
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Se noi riusciremo a tradurre nella nostra Carta costituzionale questa grande aspirazione di  libertà e di giustizia sociale intesa nel senso che non c'è libertà senza giustizia sociale, che non c'è democrazia politica se non c'è democrazia economica; se noi riusciremo a tradurre nella Carta costituzionale quei principî in cui si incontrano i più antichi motivi della civiltà cristiana, le più vive esigenze della democrazia e le più profonde aspirazioni del movimento socialista, noi avremo realizzato una grande opera: non solo avremo assolto al compito che ci è stato affidato dai nostri elettori, ma avremo veramente fatto qualcosa di un'importanza storica, avremo inserito nella vita dello Stato le grandi masse lavoratrici, avremo cioè dato una garanzia di sviluppo democratico al movimento sociale.
Noi crediamo profondamente in una democrazia così intesa, e noi ci batteremo per questa  democrazia. Ma se altri gruppi avvalendosi, come dicevo in principio, di esigue ed effimere  maggioranze, volessero far trionfare dei principî di parte, volessero darci una Costituzione che  non rispecchiasse quella che è la profonda aspirazione della grande maggioranza degli italiani,  che amano come noi la libertà e come noi amano la giustizia sociale, se volessero fare una  Costituzione che fosse in un certo qual modo una Costituzione di parte, allora voi avrete scritto  sulla sabbia la vostra Costituzione ed il vento disperderà la vostra inutile fatica.

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