29 gennaio 2021

Canzone – Juan Ramon Jimenez

Cesar Santos - Kirsten. 27 X 16 in, oil on linen
Canzone – Juan Ramon Jimenez

Il cuore mi adornai con le rose del sogno
e cominciai il mio viaggio nell'azzurro.
Le stelle stavan tutte sedute, bimbe nude,
dondolando senza fine nell'azzurro le gambe,
in fila sopra il margine dei cieli.
Mentre arrivavo, per giuoco mi urtavano
coi piedi l'anima, e ridendo mi gettavano
nel giorno frastornato dal ridesto.
Amore
Il terreno, grazie a te, piacevole, diventò celeste.
Poi il celeste, grazie a me, piacevole, diventò umano. 


 

Aria viva - Paul Éluard

artista sconosciuto
Aria viva - Paul Éluard

Ho guardato davanti a me
In mezzo alla folla ti ho veduta
In mezzo al grano ti ho veduta
Sotto un albero ti ho veduta
Al termine di ogni mio viaggio
Al fondo di tutti i miei tormenti
Alla svolta di ogni risata
Che uscivi dall’acqua e dal fuoco
D’estate e d’inverno ti ho veduta
Nella mia casa ti ho veduta
Tra le mie braccia ti ho veduta
Dentro i miei sogni ti ho veduta
Io non ti lascerò mai più.


 

La cosa più bella - Saffo

 Vladimir Lukic - Portrait of Elena Alexandrovna Naryshkina 
La cosa più bella - Saffo

Alcuni un esercito di cavalieri, altri di fanti,
altri di navi dicono esser la cosa più bella
sulla nera terra, io invece
quello che s’ama.
Assai facile è farlo capire a chiunque,
infatti colei che molto eccelleva
per bellezza fra gli uomini, Elena,
lasciato lo sposo di grande valore,
partì per Troia, in nave,
né ripensò alla figlia, né agli amati genitori,
per nulla, ma la traviò Afrodite,
lei, innamorata;
subito infatti, col suo animo incostante,
facilmente ignorò nel cuore gli affetti;
lei ora mi desta il ricordo di Anattoria,
che non è qui,
ah, vorrei poter vedere il suo amato incedere
e lo splendore raggiante del suo viso
invece che carri lidi e fanti
pronti alla battaglia.
Agli uomini non è concesso d’essere del tutto felici,
ma possono pregare d’averne parte.

 

La rosa - Gabriela Mistral

Karl Bryullov - Ritratto di Sophia Andreevna Shuvalova, 1849, olio su tela, 65x78,5 cm
La rosa - Gabriela Mistral

La ricchezza del centro della rosa
è la ricchezza del tuo cuore.
Aprila:
il tuo dolore è ciò che la rinserra.
Aprila in un canto,
o in un disperato amore.
Non proteggere la rosa:
ti brucerebbe con il suo splendore!
 

 

Che sia l’amore tutto ciò che esiste - Emily Dickinson

 Karl Bryullov - Ritratto di giovane donna al pianoforte, 1838, olio su tela 55x68 cm
Che sia l’amore tutto ciò che esiste - Emily Dickinson

Che sia l’amore tutto ciò che esiste
È ciò che noi sappiamo dell’amore;
E può bastare che il suo peso sia
Uguale al solco che lascia nel cuore.


 

La carne quando è sola - Vera Lucia De Oliveira

La carne quando è sola - Vera Lucia De Oliveira

te ne stai dentro una vena malata non vedi la luce
chi ti ha cacciata in quel cunicolo?
vorrei avere un'altra vita un poco più di vita
per farti vedere che fuori ci stanno
altri modi di attraversare la morte


 

Ti offro - Jorge Luis Borges

Serge Ivanoff - Portrait of Simone Gentile in a Yellow Gown" by Serge Ivanoff, 1954
Ti offro - Jorge Luis Borges

Ti offro strade difficili, tramonti disperati,
la luna di squallide periferie.
Ti offro le amarezze di un uomo
che ha guardato a lungo la triste luna.
Ti offro i miei antenati, i miei morti,
i fantasmi a cui i viventi hanno reso onore col marmo:
il padre di mio padre ucciso sulla frontiera di Buenos Aires,
due pallottole attraverso i suoi polmoni, barbuto e morto,
avvolto dai soldati nella pelle di una mucca;
il nonno di mia madre – appena ventiquattrenne –
a capo di un cambio di trecento uomini in Perù,
ora fantasmi su cavalli svaniti.
Ti offro qualsiasi intuizione sia
nei miei libri, qualsiasi virilità o vita umana.
Ti offro la lealtà di un uomo
che non è mai stato leale.
Ti offro quel nocciolo di me stesso
che ho conservato, in qualche modo –
il centro del cuore che non tratta con le parole,
ne coi sogni e non è toccato dal tempo,
dalla gioia, dalle avversità.
Ti offro il ricordo di una
rosa gialla al tramonto,
anni prima che tu nascessi.
Ti offro spiegazioni di te stessa,
teorie su di te, autentiche e sorprendenti notizie di te.
Ti posso dare la mia tristezza,
la mia oscurità, la fame del mio cuore;
cerco di corromperti con l’incertezza,
il pericolo, la sconfitta.
 

 

Dedicata a Valentina Serova - Konstantin M. Simonov

Dedicata a Valentina Serova - Konstantin M. Simonov

Aspettami ed io tornerò,
ma aspettami con tutte le tue forze.
Aspettami quando le gialle piogge
ti ispirano tristezza,
aspettami quando infuria la tormenta,
aspettami quando c'è caldo,
quando più non si aspettano gli altri,
obliando tutto ciò che accadde ieri.
Aspettami quando da luoghi lontani
non giungeranno mie lettere,
aspettami quando ne avranno abbastanza
tutti quelli che aspettano con te.
Aspettami ed io tornerò,
non augurare del bene
a tutti coloro che sanno a memoria
che è tempo di dimenticare.
Credano pure mio figlio e mia madre
che io non sono più,
gli amici si stanchino di aspettare
e, stretti intorno al fuoco,
bevano vino amaro
in memoria dell'anima mia...
Aspettami. E non t'affrettare
a bere insieme con loro.
Aspettami ed io tornerò
ad onta di tutte le morti.
E colui che ormai non mi aspettava,
dica che ho avuto fortuna.
Chi non aspettò non può capire
come tu mi abbia salvato
in mezzo al fuoco
con la tua attesa.
Solo noi due conosceremo
come io sia sopravvissuto:
tu hai saputo aspettare semplicemente
come nessun altro. 


 

28 gennaio 2021

Ritratto di automobile - Carl Sandburg

                                                            dipinto di Peregrine Heathcote
 Ritratto di automobile - Carl Sandburg

È un’auto snella… un’auto come un cane dalle zampe
lunghe… un’auto aquila fantasma grigia.
Le sue zampe mangiano la polvere di una strada…
Le sue ali mangiano le colline.
Danny il guidatore la sogna quando nel sonno
vede donne in gonna rossa e calze rosse.
È nella vita di Danny e gli scorre nel sangue… un’auto
snella fantasma grigia.

Carl Sandburg, da “Poesia”, anno XV, Luglio/agosto 2002, n. 163, 
traduzione di Massimiliano Morini


 

 

I fili del telegrafo – Marina Cvetaeva

 Annibale Carracci - Trionfo di Bacco e Arianna, 1598, affresco, Galleria Farnese, Roma
I fili del telegrafo – Marina Cvetaeva

2
Per dirti che… Ma in righe , in rime
soffocate… Spazio al cuore!
Per tanta disgrazia, temo
Non basterà tutto Racine!
“Tutti piangevano, e se duole il sangue…
Tutti piangevano, e se la serpe tra le rose…”
Ma c’era un solo Ippolito per Fedra!
Solo Teseo piangeva Arianna!

Tortura! Né rive né pietre
miliari ! Né cifre per contare:
in te io perdo tutti
i mai – ovunque, sempre – stati!

E in cosa sperare se anche l’aria
tutta di te è imbevuta?
Se è Nasso ormai il mio scheletro!
E il sangue nelle vene – Stige!

Tutto l’invano è in me! Lo vedo
ad occhi chiusi: senza fondo!
Anche la data mente…
“Abbando-
Ma non sono Arianna io, mai
- nata!”

Oh, per quali città, quali mari
cercarti (tu invisibile – io cieca!)
Ai fili affido gli addii, la fronte
Al palo – piango.

traduzione di Serena Vitale
da Marina Cvetaeva, Dopo la Russia, a cura di Serena Vitale
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti


 

I fili del telegrafo – Marina Cvetaeva

Pere Paul Rubens - Orfeo ed Euridice, 1636 - 1638, olio su tela 196.5 cm x 247.5 cm., Museo del Prado, Madrid
I fili del telegrafo – Marina Cvetaeva

Lungo le canore palafitte
su cui l'Empireo si sostiene
ti mando la mia parte
di polvere terrestre...
Lungo la teoria
di gemiti – filo contro il palo! –
il mio leggiero Morse: ti a-a-mo…

Ti imploro… (Il modulo celeste
è poco per le mie parole.
Meglio i fili!) Su queste palafitte Atlante
calò la piazza del maneggio
per gli dei…
Lungo i pali
il mio aereo: ad-di-i-o…

È l’ultimo rantolo – lo senti? –
della faringe muta: per-do-o-no…
Gomene sul mare di nivali,
trasparente traversata: in alto –
più su, più su – incontro al grido
di Arianna: ri-

tor-na!... All’affannoso urlo
da ospedali gratuiti: non esco!
Corteo di cavi di acciaio,
voci basse dall’Ade,

sempre più lontane… Distanza
intenerita da “pie-e-tà…”

Pietà di me! (Distingui, in questo coro,
la mia voce?) Nell’urlo premortale
di passioni ostinate
il soffio di Euridice –

oltre fossati e terrapieni,
oltre borri e scarpate:

ahi-me! non ti…

traduzione di Serena Vitale
da Marina Cvetaeva, Dopo la Russia, a cura di Serena Vitale
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti
 

 

da “Le metamorfosi” – Ovidio

Joseph Mallord William Turner - Luce e colore (teoria di Goethe), 1843, olio su tela 78,5 x 78,5 cm, Tate Gallery, Londra.
da “Le metamorfosi” – Ovidio

Ma neppure a questi lasciò in balia l'aria
l'architetto del mondo: ancora oggi, benché le sue raffiche
ciascuno diriga in senso diverso, poco manca
che dilanino il mondo, tanta è la discordia tra fratelli.
Verso aurora si ritirò Euro, nel regno di Persiani
e Nabatei, tra le montagne esposte ai raggi del mattino;
in occidente, sulle coste intiepidite
dal sole della sera sta Zefiro; l'agghiacciante Borea
invase Scizia e settentrione; all'opposto le terre
sono sempre umide di nubi per le piogge dell'Austro.
E su tutto l'architetto pose l'etere limpido
e leggero, che nulla ha della feccia terrena.
Le cose aveva così appena spartito in confini esatti,
che le stelle, sepolte a lungo in tenebre profonde,
cominciarono a scintillare in tutto il cielo;
e perché non ci fosse luogo privo d'esseri animati,
astri e forme divine invasero le distese celesti,
le onde ospitarono senza remore il guizzare dei pesci,
la terra accolse le belve, l'aria mutevole gli uccelli.
 

 

Alla finestra - Carl Sandburg

Joseph Mallord William Turner - The fighting Téméraire tugged to her last Berth to be broken (detail)
Alla finestra - Carl Sandburg

Datemi fame,
o voi déi che sedete e date
ordini al mondo.
Datemi fame, dolore e mancanza,
chiudetemi fuori dalle vostre porte
d’oro e fama
con vergogna e fallimento,
datemi la vostra più meschina, sfinita fame!
Ma lasciatemi un pò d’amore,
una voce che mi parli sul finire del giorno,
una mano che mi tocchi nella stanza buia
a spezzare la lunga solitudine.
Nel crepuscolo dello spettro del giorno
che offusca il tramonto,
una piccola errante stella d’occidente
che mi spinga fuori dalle mutanti rive dell’ombra.
Lasciatemi andare alla finestra,
e là guardare le figure del giorno all’imbrunire,
e aspettare, sapendo dell’arrivo di un pò d’amore.
 

 

Chi sono? - Carl Sandburg

 Joaquin Sorolla y Bastida - Children In The Sea, 1909, olio su tela, Museo Sorolla, Madrid
 Chi sono? - Carl Sandburg

La mia testa batte contro le stelle.
I miei piedi sono sulle cime dei colli.
Le punte delle mie dita sono nelle valli o alle sponde della vita
universale.
Giù nella mormorante spuma delle cose primitive protendo la
mia mano e gioco con le selci del destino.
Molte volte sono stato all'inferno e son tornato.
So tutto del paradiso, poichè ho parlato con Dio.
M'imbratto nel sangue e nelle visceri del terribile.
Conosco l'ardente ratto della bellezza
E la straordinaria ribellione dell'uomo a tutte le insegne che
portano scritto: «Proibito».
Il mio nome è la Verità, e io sono il più elusivo prigioniero
dell 'universo.

 

Ode alla magnolia - Pablo Neruda

Ode alla magnolia - Pablo Neruda

Qui nel fondo
del Brasile profondo,
una magnolia.

Si alzavano
come
boa neri
le radici,
i tronchi degli alberi
erano
inspiegabili
colonne con spine.
Intorno
le coppe
dei manghi
erano
città
ampie, con balconi,
abitati da
uccelli
e stelle.
Cadevano
Tra le foglie
cenerine, antiche
chiome,
fiori terribili
con bocche voraci.
Intorno cresceva
il silenzioso
terrore
di animali, di denti
che mordevano:
patria disperata
di sangue e ombra verde!

Una magnolia
pura,
rotonda come un circolo
di neve,
crebbe verso la mia finestra
e mi riconcilio con la bellezza.
Tra le sue lisce foglie
- ocra e verde –
chiusa,
era perfetta
come un uovo
celeste,
aperta
era la pietra
della luna,
afrodita fragrante,
pianeta di platino.
I suoi grandi petali mi ricordarono
le lenzuola
della prima luna
innamorata,
e il suo pistillo
eretto
era torre nuziale
delle api.

Oh bianchezza
fra
tutte le bianchezze,
magnolia immacolata,
amore splendente,
odore di neve bianca
con limoni,
segreta segretaria
dell’aurora,
cupola
dei cigni,
apparizione raggiante!

Come
cantarti senza
toccare
la tua
pelle purissima,
amarti
solamente
al piede
della tua bellezza,
e portarti
addormentata
nell’albero della mia anima,
splendente, aperta,
abbagliante.
sopra la selva oscura
dei sogni!


 

27 gennaio 2021

Le strenne degli orfani – Arthur Rimbaud

 Caspar David Friedrich - Cairn in Snow
Le strenne degli orfani – Arthur Rimbaud

I
La stanza è colma d’ombra; si sente vagamente
di due bambini il mesto e dolce mormorio.
La fronte si reclina, ancora appesantita dal sogno,
sotto la tenda bianca che trema e si solleva…
– di fuori, i passeri si stringon freddolosi;
l’ala s’intorpidisce sotto il cielo grigio;
e l’Anno nuovo, col suo corteo di brume,
strascicando i drappeggi della veste nevosa,
sorride lacrimando e rabbrividendo canta…

II
Sotto il drappo ondeggiante, ora quei due bambini
parlano sottovoce come si fa nelle notti scure.
Ascoltano, pensosi, un mormorio lontano…
Spesso sussultano alla limpida voce dorata
del timbro mattutino, che senza sosta scandisce
il suo ritmo metallico nella sfera di vetro…
– Poi, la stanza è gelata… si vedon sparsi a terra,
attorno a quei due letti, degli abiti da lutto:
L’aspro vento d’inverno che geme sulla soglia
soffia dentro la stanza il suo lugubre fiato!
Da tutto si intuisce che manca qualche cosa…
– Non vi è dunque una madre per questi bambini,
una madre dai dolci sorrisi, dagli sguardi orgogliosi?
S’è forse scordata, sola nella sera, di chinarsi
a ravvivare una fiamma strappata alle ceneri,
di ricoprire i figli di lana e di piumini
prima di abbandonarli gridando le sue scuse?
Non ha forse previsto il gelo del mattino,
né sbarrata la porta ai venti dell’inverno?…
– Il sogno di una madre è la calda coperta,
è il nido di lanugine dove i bambini stretti,
come degli uccelli cullati dai rami,
dormono un dolce sonno pieno di sogni bianchi!…
– Ma questo è come un nido senza piume né calore,
dove i piccoli tremano, non dormono, han paura;
un nido reso gelido da quel vento amaro…

III
Il vostro cuore ha capito: – quei bimbi son senza madre.
Non c’è più la madre nel nido! – e il padre è ben lontano!…
– Una vecchia domestica, allora, ne ha preso cura.
I piccoli sono soli in quella casa gelida;
orfani di quattr’anni, ecco che nei loro pensieri
si risveglia lentamente un ricordo di gioia…
proprio come un rosario che si sgrana in preghiera:
– Ah! che bel mattino era quello delle strenne!
Ciascuno i suoi regali aveva visto in sogno,
in qualche sogno strano in cui balocchi,
caramelle dorate, gioielli scintillanti,
turbinavano, volteggiando in una danza sonora,
e sparivano poi sotto le tende per riapparire ancora!
Si svegliavano presto, si alzavano felici,
le labbra già golose, stropicciandosi gli occhi…
ed andavano, coi capelli arruffati sulla fronte,
lo sguardo raggiante dei giorni di gran festa,
sfiorando il pavimento coi piedini nudi,
a bussar lievemente alla porta dei genitori…
Entravano!… E allora gli auguri… in camicia da notte,
i baci ripetuti, l’allegria permessa!

IV
Erano così dolci quelle parole più volte ripetute!
– Ma com’è cambiata, la casa di una volta:
una gran fiamma crepitava, chiara, nel camino,
tutta la vecchia camera ne era illuminata;
e i riflessi rossastri, sfuggiti al focolare,
amavano volteggiare sui mobili lucenti…
– L’armadio è senza chiavi!… è senza chiavi, il grande armadio!
Guardavano più volte la porta bruna e nera…
senza chiavi!… com’era strano!… spesso fantasticavano
sui misteri addormentati tra i suoi fianchi di legno,
e credevan d’udire, dal fondo della toppa
vuota, un lontano rumore, vago e lieto mormorio…
– La stanza dei genitori è così vuota, oggi!
Nessun riflesso rosso sfavilla sotto la porta;
spariti i genitori, le chiavi, il focolare:
e quindi niente baci, niente dolci sorprese!
Che Capodanno triste sarà questo per loro!
– E, tutti pensierosi, mentre dai loro occhi azzurri
in silenzio scende una lacrima amara,
mormorano: “Quando tornerà la mamma?”

V
Adesso, i bambini sonnecchiano tristemente:
si direbbe, a vederli, che dormono piangendo,
tanto son gonfi gli occhi e faticoso il respiro!
È così sensibile il cuore dei bambini!
– Ma l’angelo delle culle viene ad asciugare gli occhi,
e in quel sonno pesante mette un sogno di gioia,
un sogno così bello, che le labbra schiuse, sorridenti,
sembrano mormorar qualcosa…
– Sognano che, chinati sul braccino tondo,
nel gesto dolce del risveglio, protendono la fronte,
e il loro sguardo vago si posa tutt’intorno…
credono di dormire in un paradiso rosa…
Nel camino, fra i bagliori, canta allegramente il fuoco…
dalla finestra si scorge laggiù il cielo azzurro;
la natura si desta e di raggi s’inebria…
la terra, semi-nuda, felice di rivivere,
ha fremiti di gioia sotto i baci del sole…
e nella vecchia stanza tutto è dorato e tiepido:
i vestiti neri non sono più sparsi a terra,
e il vento sotto l’uscio tace ora placato…
Si direbbe che una fata è passata di là!…
– I bambini hanno gridato insieme di gioia…
accanto al letto materno, sotto un bel raggio rosa,
là, sul tappeto grande, risplende qualche cosa…
medaglioni d’argento di color bianco e nero,
madreperla e giavazzo dai riflessi scintillanti;
sono cornicette nere, corone di vetro,
con tre parole incise in oro: “A NOSTRA MADRE!”.

Trad. Laura Mazza