29 settembre 2022

Ruota il vento, ruota il vento - Fernando Pessoa

Jean-Baptiste C. Corot - Il Pescatore  Effetto Serale

Ruota il vento, ruota il vento - Fernando Pessoa

Ruota il vento, ruota il vento,
Il vento ruota intorno al mio essere,
E trasforma il mio pensiero
In fronde che fremono.

È la voce del caos che giunge
Per ricordare alle anime viventi
L’abisso che abita in ogni cosa
Sotto il cielo, sul mare e sulla terra.

Astratto, forte, rapido
Spazza via i sogni che io macino
Giacché questa è davvero la voce
Del niente che mi chiama il suo bambino.

Da “Fernando Pessoa. L’esistenza spirituale, tutte le poesie ortonime” – Acquaviva Edizioni 


 

Cos'è nella sera - Fernando Pessoa

Paul Cézanne - Mont Sainte-Victoire visto da Bellvue

Cos'è nella sera - Fernando Pessoa

Cos’è nella sera
Che viene a rattristarmi senza essere?
Io percepisco un male
Sul punto di arrivare.

Ma il male che arriva lo
Percepisco come passato…
Cosa lo fa sentire
E chiamare così?

Può essere la brezza
Che alla fine del cammino
Fa la sua ronda, o forse
Il silenzio, o forse ancora niente...

Da “Fernando Pessoa. L’esistenza spirituale, tutte le poesie ortonime” – Acquaviva Edizioni 


 

Tempo in proroga - e.m.

The Time is now by Dariusz Klimczak

Tempo in proroga - e.m.

Ogni giorno una parentesi di tempo 
dato in proroga
una virgola nella bolla 
attraversata da immagini distorte.
Tempo in proroga accordato
alla ricerca dei ricordi.
Tempo per rimpiangere le occasioni perse
o quelle non comprese.

Non un dono generoso
ma tortura che rinnova
le ferite inferte dalla vita.
Tempo che rincorre il tempo passato,
i tanti errori e i sogni non realizzati,
il rimpianto degli incontri non capiti
il dolore dei moli tradimenti.

Giorni senza aurore purpuree
o albe luminose,
né tramonti colorati d’ametista.
Ogni giorno un cammino
in un Tempo senza dimensione,
tra ricordi ormai appassiti 
e quelli inafferrabili ormai fuggiti via.

E ogni notte concessa è un bivio
tra l’incubo e l'insonnia,
una scelta dolorosa
tra abbandono malinconico
e sfida al dolore mai affrontato, 
mai sconfitto che sempre ritorna
appuntito come le argentee spade
di agave imperturbabile 
nei giorni di tempesta
o nel sole ardente dell’estate.

Ogni giorno è una coltre di passato
posata sul dolore
che mai si ha avuto il coraggio
di attraversare.
Ogni giorno può essere l’ultimo 
respiro di una vita poco generosa.
Ogni giorno è l’attesa
della Signora affascinante
con il vestito a fiori,
la Beatrice dell’ultimo viaggio.

E con Lei scambierò l’ultimo sorriso
mentre alzerò il calice rosso
al sole dell’ultimo tramonto
prima della partenza.

Senza più ricordi né rimpianti.


 

Io sono Hamed - e.m.

Street art su immigrazione

Io sono Hamed - e.m.

Corri Dorina!
Corri Borys!
Correte forte,
mettetevi in salvo!
Correte veloci assieme alla vostra mamma,
correte verso la pace.

Correte!
Io sono con voi.
Assieme ad altre persone a spingervi via
da questa guerra maledetta.
Correte!
Correte veloci!

Per me non hanno trovato un porto sicuro,
nessuno mi ha teso la mano
e sono qui in fondo al mare.

Io sono Hamed! 

Enzo Montano - Vara - Estate

David Hockney - Senza titolo
Enzo Montano, „Vara - Estate”

Încă aici
cu faţa înaintea mării 
într-un pustiu fierbinte, tăcut 
respirând rozmarin și sare  
și mentă și busuioc și mirt.

Încă aici
cu fața spre Răsărit 
îmbrățișat de soarele zilei fierbinți
în dimineața de august obișnuita 
închipuindu-mi roşul muşcatelor
în jardinierele de pe balcoane

Încă aici 
cu fața înspre Zenit
cu licăriri de soare sub pleoape 
cu - în juru-mi - fluturânde neclare umbre roșii.
Cu pâlpâitoare reverberații în minte 
fărâme de rămășițe de amintiri.

Încă aici 
în fața unui soare
mov la acel apus  
pe care eu nu-l zăresc 
închipuindu-mi umbra până spre zare 
să mă îmbăt cu vin și cu soare 
și cu miresmele pe care nu le simt.

Încă aici 
în apropierea nopții fierbinți 
după ziua trăită de la fereastră
să ridic un pahar de vin roș 
să-i simt dulceața în tot corpul
să mă îmbăt cu Scirocco-n aromele de scorțișoară.

Încă aici 
în fața verii trecute
să o salut cu cea mai caldă îmbrățișare
încă o dată pânzele-mi să le ridic și să plec
spre alte zări neștiute, și-n depărtare 
să mai încerc un dans la hotaru-între cer și mare
mai înainte de-a ști ce m-așteaptă într-o altă zare.
-traducere de Catalina Franco-
_____________________________

Ancora qui
di faccia al mare
in questo deserto rovente e silenzioso
a respirare rosmarino e sale
mirto basilico e menta.

Ancora qui
di faccia all’Est
abbracciato dal solito sole già rovente 
in un invisibile mattino d’agosto
immaginando il rosso dei gerani
nelle fioriere sui balconi.

Ancora qui
di faccia allo Zenit
con barbagli di sole dentro le palpebre
e ombre rosse indefinite che ruotano d’intorno.
Riverberi baluginanti penetrano la mente
sconquassano rimasugli di ricordi.

Ancora qui
di faccia a un sole 
che imporpora il tramonto che non vedo
a immaginare la mia ombra allungarsi fino all’orizzonte
a ubriacarmi di sole e vino 
e di  profumi che non sento.

Ancora qui
nell’imminenza della notte calda
dopo un giorno visto passare dalla finestra
a innalzare un calice rosso brindando ai mille brindisi non fatti
a sentire la dolcezza del vino dentro tutto il corpo
a inebriarmi di sorsi dello Scirocco profumato di cannella.

Ancora qui
di faccia all’ultima estate 
per salutarla nell’abbraccio più caldo
per issare le mie vele ancora una volta e andare via
per cercare orizzonti più lontani di quelli che conosco
per tentare un’ultima danza sulla cerniera tra cielo e mare
prima di vedere quel che c’è in nell’altrove sconosciuto.

21 settembre 2022

La sinistra - e.m.

Vignetta di Mauro Biani

La sinistra - e.m.

«La sinistra italiana è morta. Non lo ammettiamo perché si apre un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette. Possiamo sempre consolarci con elezioni parziali o con una manifestazione rumorosa. Ma la sinistra rappresentativa, quercia rotta e margherita secca e ulivo senza tronco, è fuori scena. Non sono una opposizione e una alternativa e neppure una alternanza, per usare questo gergo. Hanno raggiunto un grado di subalternità e soggezione non solo alla politica della destra ma al suo punto di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno».

Luigi Pintor – dal suo ultimo editoriale per “il Manifesto”

 

“Quanto più la classe dominante è capace di assorbire gli elementi migliori della classe oppressa, tanto più solido e pericoloso è il suo dominio”

 

La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re, non si rende conto che in realtà è il re che è Re perché essi sono sudditi.”

 

“Le idee dominanti di un'epoca sono sempre state soltanto le idee della classe dominante.”

Karl Marx

 

Sono comunista! Urlo di essere orgogliosamente comunista più forte che posso. Sono di sinistra per storia, formazione e convinzione. Sono orgogliosamente comunista e lo rivendico. Ripudio, perciò, il tentativo di accantonare il comunismo nel novero dei termini obsoleti. Ripudio il tentativo di far passare il comunismo come il male e il capitalismo fondato sul profitto come il bene e come l’unico sistema possibile. Ripudio il tentativo reazionario e semplicistico di circoscrivere l’idea del comunismo al cosiddetto “comunismo reale” poiché i regimi dittatoriali di stampo fascista, compresi quelli nascosti  dietro la bandiera rossa, sono lontanissimi dall’idea professata da milioni di donne e di uomini. Sono comunista perché dello stalinismo non condivido nemmeno una virgola e perché Stalin è il dittatore che ha sterminato intere generazioni di comunisti. Sono anche convinto, per contro, che la rivoluzione russa non si può ridurre alla narrazione che fa dell’URSS l’impero del male. Sarebbe la stessa cosa, altrettanto semplicistica e fuorviante, se affermassi che la democrazia statunitense si fonda sullo sterminio di intere popolazioni indigene usurpandone i territori e cancellandone la storia oppure quella che ha cancellato le popolazioni di intere città come Hiroshima e Nagasaki o, più recentemente, Falluja; nemmeno sarebbe corretto dire che la democrazia statunitense è solo quella del disastro afgano. Sarebbe poco onesto affermare che la destra è solo quella di Hitler, Mussolini, Francisco Franco, Salazar, Pinochet, Videla, ecc. E sarebbe falso sovrapporre il vasto mondo dell’Islam al terrorismo. La storia e i fenomeni del secolo scorso, e di questo, sono ben più complessi di una frase buttata lì da un commentatore televisivo o scritta da un editorialista in un articolo di fondo. I fenomeni vanno studiati e approfonditi in ogni sfaccettatura altrimenti si fa del qualunquismo confusionario. Il comunismo è un’idea, un’idea meravigliosa della convivenza della società, le idee non muoiono e nemmeno si possono sopprimere. Il comunismo è un sogno e per realizzare i sogni bisogna saper sognare. Sono comunista e voglio urlarlo con orgoglio! 

Paese allucinato. Resto allibito di fronte ad affermazioni tipo quelle dell’esimio giornalista Paolo Mieli che vede comunisti e barbari ovunque senza mai scorgere i fascisti e i razzisti: “La realtà è che Letta nel Pd comanda per modo di dire… perché comanda ancora un nucleo che ha le proprie radici culturali nella storia e negli ideali della rivoluzione d’ottobre”. Mi chiedo come si possano affermare tali idiozie. Ma ormai poco mi stupisco giacché stampa e televisione sono divenute la cassa di risonanza di una narrazione di una realtà inesistente, che tende a riscrivere la storia a proprio piacimento e vantaggio, che fa dell’Italia una nazione di allucinati, di anestetizzati da dosi massicce di disinformazione comminate quotidianamente.

Superficialità. Gli opinionisti, i giornalisti, i conduttori, i politici che parlano in televisione, o scrivono sui giornali lo fanno come se loro fossero i migliori, i depositari di ogni verità e con soluzioni pronte per ogni necessità. È, questo, un atteggiamento ricorrente degli assertori della superiorità dell’Occidente. Si ha la presunzione di essere il centro del mondo e di essere sempre nella parte del giusto tralasciando la comprensione della storia e le ragioni del resto del mondo. Si parla mai degli ideali della rivoluzione di ottobre e di quello che era la Russia zarista? Si parla mai delle grandi civiltà dell’Oriente? Ci si sforza di capire la complessità di un grande Paese come la Cina? Si scava a fondo sulle ragioni per le quali in vaste aree del pianeta si muore ancora di fame? Ci chiediamo il perché delle guerre continue e del perché alcune ci interessano e altre no? Ecco, l’essere di sinistra è anche avere uno sguardo lungo e ampio, è avere la curiosità dello studio, è parlare del mondo come se fosse una cosa sola, è comprendere e mettere a nudo le innumerevoli contraddizioni del capitalismo. Parola desueta? No! Il sistema che regola, oggi, l’esistenza dei popoli del mondo si chiama capitalismo, si chiama mercato, si chiama profitto, si chiama accumulazione della ricchezza da parte di un numero sempre più ristretto di persone.

Esimi giornalisti con le bretelle rosse o no, con la erre moscia o no; esperti economisti o no e presuntuosi imprenditori, molti di essi grazie a concessioni statali pagate meno di un piatto di lenticchie, parlano di “mercato” quasi fosse un’entità suprema e neutrale, come se non fosse un sistema regolato dai grandi capitali, estraneo alla quasi totalità della popolazione mondiale. Il “mercato” ci viene raccontato come fosse un grande padre misericordioso che se va bene offre benessere a tutti. Nella realtà il mercato è una partita giocata solo dai ricchi. Naturalmente vince il più forte, e il più forte è chi ha più soldi. Come sempre e i deboli sono sopraffatti e se non hanno un loro partito, come adesso, sono sconfitti facilmente. Ebbene io sono comunista e ripudio il sistema capitalista, ripudio il libero mercato, ripudio il profitto a danno dei deboli, ripudio l’accumulo di ricchezze sconsiderate, ripudio la povertà e anche la carità quale lavacro delle coscienze dei ricchi.

Pd di sinistra? Con imperturbabile nonchalance molti politici, commentatori, giornalisti, opinionisti, analisti e lacchè tuttofare e tuttodire parlano di sinistra riferendosi a quell’agglomerato informe e mutevole chiamato Partito democratico la cui unica certezza sembra sia diventata quella di prostrarsi al grande economista, al tecnocrate iperliberista e attuale presidente del consiglio e chi non lo fa è un traditore. Niente di più sbagliato! Sfido chiunque a dimostrare che la maggioranza dei dirigenti di quel partito: Letta, Franceschini (quello di tutte le stagioni), Serracchiani, Delrio, Malpezzi, Ascani, Guerini, Boccia, Carbone (quello del ciaone), Bonafè, Marcucci, Lotti, il presuntuoso Bonaccini; oppure candidati al parlamento come Casini, Cottarelli, Furlan, Di Maio (seggio blindato) ecc. abbiano qualcosa in comune con la Sinistra. Nessuno potrà dimostrarlo perché, se va bene, si tratta di esponenti di centro. Certamente sono liberisti, ancor più certa è la loro abissale lontananza dai principi della socialdemocrazia. D’altra parte il Pd, a suo tempo, tra la possibilità di nuove elezioni e quella di un governo guidato da un altro grande economista scelse la seconda; scelse di far parte del governo Monti. Di quel periodo non si conserva un buon ricordo, non furono varati provvedimenti in favore dei meno abbienti, dei pensionati o dei lavoratori. Stessa scelta compiuta di recente con l’ingresso nel governo di un altro tecnico e con la sua difesa a oltranza. “L'economista è un rappresentante ideologico del capitalista.” afferma Karl Marx nei suoi “Manoscritti economico. Filosofici del 1844”, come dargli torto.

Sono comunista! La fantomatica agenda Draghi è lontanissima dalla sinistra e dal mio pensiero politico. E, lo dico con dolore, il Pd non può essere di sinistra e nel contempo sventolare la mitologica agenda Draghi.

Assenza della sinistra. È doloroso ammetterlo ma in Italia il pensiero di una sinistra strutturata, il partito capace di rappresentare le istanze dei lavoratori, dei pensionati, dei precari, dei deboli, degli ultimi sono morti nei giorni della Bolognina nel novembre del 1989. L’assenza di un partito della sinistra, dei partiti strutturati, più in generale, ha causato la destrutturazione della democrazia. L’illusione di fare della televisione e dei social media i soli luoghi della politica sottraendola a sezioni, strade, piazze, periferie, luoghi di lavoro ha lasciato campo libero alle destre, al populismo, al qualunquismo, al razzismo, al proto fascismo. E in effetti siamo scivolati, in pochi anni, in una realtà simile a quella che precedette il fascismo. Sicuramente non ritornerà la dittatura del ventennio, ma una sorta di egemonia culturale pericolosa in grado di monopolizzare l’informazione e determinare le scelte del parlamento, stravolgimento della Costituzione compresa, si. Non ci scandalizzi, per favore per il parallelismo tra la situazione attuale e il periodo che precedette l’avvento del fascismo; si vadano a studiare a riguardo le analisi di Antonio Gramsci e gli scritti di eminenti intellettuali viventi. Certo, sono passati cento anni da allora, e dopo un secolo le cose non possono accadere nel medesimo modo come una sorta di fotocopia della storia ma non si può negare una certa preoccupazione da parte di molti. Forse sarà per questo che il segretario del Pd sottolinea (tardivamente e dopo averla favorita con scelte scellerate) il pericolo della vittoria della destra nella imminente tornata elettorale.

Il malinteso chiamato Pd. Per contrastare l’onda montante di razzismo proto fascista e aprire un fronte contro i pericoli di una destra che affonda nel fascismo le proprie radici bisognerebbe tornare a fare la politica come la stessa richiede: tesseramento, militanza, discussione, confronto, incontri con la cittadinanza, selezione di una classe dirigente, condivisione degli obiettivi politici, lavoro di squadra. Tutto il resto sono scorciatoie dannose oltre che inutili, come insegna la storia recente che ha condotto la grande aree politico-culturale della sinistra italiana all’irrilevanza, a non essere rappresentata, all’astensione oppure a un voto dato per inerzia. Quel partito non c’è. Il partito che avrebbe dovuto svolgere quella funzione nel centrosinistra italiano ha dissipato la sua forza, ha disperso patrimoni di idee, di persone di voti. Ha vanificato l’entusiasmo di centinaia di migliaia di giovani. E non sono sufficienti (spesso sono dannose) le comparsate nei talk show di dirigenti improbabili, inadeguati, impreparati, contraddittori. Dirigenti, il più delle volte parlamentari  non per meriti ma per nomina da parte di un capo clan. La proposta politica non può essere il continuo inseguimento a Giorgia Meloni, alle sue parole, agli slogan funzionali a mantenere viva l’attenzione del proprio elettorato. Non può essere solo il parlare delle contraddizioni della Lega di Matteo Salvini o di Silvio Berlusconi. Non può essere la continua demonizzazione di Giuseppe Conte colpevole nientepopodimeno di non aver votato al senato (voto per altro ininfluente) la fiducia al migliore. È poi una colpa difendere i capisaldi del proprio programma elettorale dai continui attacchi? La campagna elettorale non può essere il continuo richiamo al “voto utile” per l’ennesima volta. Utile per cosa? Tanti voti “utili” hanno consentito per anni e anni la permanenza al governo della presunta sinistra con il risultato di far crescere a dismisura le destre con la prospettiva di avere un governo della destra razzista e proto fascista dopo il 25 settembre. L’unica scelta sensata per evitare un governo di destra sarebbe stata un’alleanza elettorale con il Movimento 5 stelle. Se il Pd ha scelto altro e non c’è voto utile che tenga. La colpa della sconfitta sarà solo sua.  

Vorrei un partito di sinistra. Vorrei il Pd raccogliesse l’eredità della grande tradizione dei partiti di massa, ma sarebbe troppo lunga la lista delle scelte inopportune o completamente sbagliate fatte in nome della sinistra nel passato recente ma tutti è chiaro lo stato della sinistra di oggi (o centrosinistra o campo largo o campo stretto): un pugile suonato, messo nell’angolo, incapace di reagire ai fendenti che arrivano da tutte le parti, tranne che dall’establishment. C’è una perdurante assenza dai territori, dalle periferie, dai luoghi di lavoro, le sezioni quasi sempre chiuse, sono abolite le assemblee e gli incontri pubblici, nessun confronto con la realtà, partito senza una struttura politica capace di contare, candidati nominati dalle oligarchie, senza mai uno sforzo di generosità verso l’esterno. La conseguenza è quella di aver ridotto il parlamento a un “accampamento” di persone senza qualità. Si aggiunga la quasi estraneità al mondo della cultura, quella cultura che per il Partito Comunista Italiano costituiva leva essenziale per la crescita del partito e dell’intera società. Chi è il responsabile della cultura del Pd? Ce n’è uno? Se c’è non se ne avverte la presenza. E non basta dire “ci proviamo” di fronte alle critiche, non basta arroccarsi nei palazzi del potere. No, non basta essere forza di governo se si perde ogni legame con la realtà, se non si creano dei gruppi dirigenti, anche qui sarebbe opportuno rileggere Gramsci quando parla di partito e della sua organizzazione. I gruppi dirigenti dei partiti sono morti perché sostituiti dai rappresentanti nelle istituzioni. Il peggiore errore che si potesse fare lo si è fatto sistematicamente solo per la conservazione della poltrona. Sovrapporre il livello politico con le rappresentanze istituzionali ha desertificato le sezioni fino all’inattività o le ha trasformate in sedi di comitati elettorali del capo clan di turno. Il Pd analogamente all’intero centrosinistra appare come quel pugile suonato, che dovrebbe reagire con forza invece resta immobile: perde quando governa e anche quando è all’opposizione (si fa per dire). È incapace di qualsiasi reazione univoca. Ognuno ha una propria linea. Ognuno spara a vanvera il suo “Ciaone”, Ognuno dissemina la sua dose di arrogante sconfitto e perdente, ognuno si sente in dovere di svuotare le tasche delle verità solo a loro visibili.

Per concludere. Vorrei una sinistra, orgoglioso di essere sinistra. Vorrei un partito capace di parlare di sentimenti, uguaglianza, solidarietà, giustizia, diritti, difesa dell’ambiente. Vorrei una sinistra capace di parlare al cuore. Vorrei una sinistra che candidasse i migliori, coloro di difendere e attuare la Costituzione. La sinistra Italiana ha per lungo tempo, infatti, avuto come guida la Costituzione, germogliata dalla lotta partigiana, dove i nostri padri costituenti avevano descritto un sogno. Purtroppo quel sogno è andato in frantumi per l’insipienza e la pochezza dei leader della sinistra di oggi. Gli altri, le destre, sono nemici dichiarati del sogno descritto nelle pagine meravigliose della Costituzione perciò difenderla è compito della sinistra.

Sono comunista! Urlo di esserlo più forte che posso.


 

16 settembre 2022

Estate - e.m.

Estate - e.m. 

Ancora qui
di faccia al mare
in questo deserto rovente e silenzioso
a respirare rosmarino e sale
mirto basilico e menta.

Ancora qui
di faccia all’Est
abbracciato dal solito sole già rovente 
in un invisibile mattino d’agosto
immaginando il rosso dei gerani
nelle fioriere sui balconi

Ancora qui
di faccia allo Zenit
con barbagli di sole dentro le palpebre
e ombre rosse indefinite che ruotano d’intorno.
Riverberi baluginanti penetrano la mente
sconquassano rimasugli di ricordi.

Ancora qui
di faccia a un sole 
che imporpora il tramonto che non vedo
a immaginare la mia ombra allungarsi fino all’orizzonte
a ubriacarmi di sole e vino 
e di  profumi che non sento.

Ancora qui
nell’imminenza della notte calda
dopo un giorno visto passare dalla finestra
a innalzare un calice rosso brindando ai mille brindisi non fatti
a sentire la dolcezza del vino dentro tutto il corpo
a inebriarmi di sorsi dello Scirocco profumato di cannella.

Ancora qui
di faccia all’ultima estate 
per salutarla nell’abbraccio più caldo
per issare le mie vele ancora una volta e andare via
per cercare orizzonti più lontani di quelli che conosco
per tentare un’ultima danza sulla cerniera tra cielo e mare
prima di vedere quel che c’è in nell’altrove sconosciuto. 


 

14 settembre 2022

Stampa e propaganda e.m.

fotogramma di "Quarto potere" (Citizen Kane) di Orson Welles, 1941
Stampa e propaganda e.m.
(il racconto di una realtà distorta dalla disinformazione rende un Paese allucinato)

 “Io non sono mai stato un giornalista professionista che vende la sua penna a chi gliela paga meglio e deve continuamente mentire perché la menzogna entra nella sua qualifica professionale. Sono stato un giornalista liberissimo, sempre di una sola opinione, e non ho mai dovuto nascondere profonde convinzioni per far piacere a dei padroni o manutengoli”
Antonio Gramsci, lettera a Tatiana Schucht - ottobre 1931

“Lei si preoccupa di quello che pensa la gente? Su questo argomento posso illuminarla, io sono un'autorità su come far pensare la gente. Ci sono i giornali per esempio, sono proprietario di molti giornali da New York a San Francisco.” 
Charles foster Kane (Orson Welles) - Quarto potere (Citizen Kane) di Orson Wells

“È la stampa, bellezza! La stampa! E tu non ci puoi far niente! Niente!"
 Ed Hutchinson - (Humphrey Bogart) - L’ultima minaccia (Deadline) di Richard Brooks

E io a lui: "Chi son li due tapini / che fumman come man bagnate ’l verno, giacendo stretti a’ tuoi destri confini?". // "Qui li trovai - e poi volta non dierno -", / rispuose, "quando piovvi in questo greppo, / e non credo che dieno in sempiterno. // L’una è la falsa ch’accusò Gioseppo; / l’altr’è ’l falso Sinon greco di Troia: / per febbre aguta gittan tanto leppo".
Divina Commedia, Inferno canto XXX, vv  91,99

Calo delle vendite dei giornali. Quando si parla di informazione rimpiango gli anni passati, quando la mattina le edicole erano luoghi affollati e colme di giornali. Oggi le edicole sono rare, la vendita dei quotidiani è diventata marginale e la stampa italiana si è involuta, si è impoverita, si è omogeneizzata al potere di pochi gruppi finanziari diventandone il loro strumento di disinformazione. Sarà anche per questo che negli ultimi trent’anni, nonostante le versioni online la vendita di quotidiani si è dimezzata e continua ancora a calare anno per anno, mese per mese. Secondo quanto rilevato dall’Agcom, infatti, le vendite di giornali sono calate di oltre un terzo (31,6%) rispetto al 2018. Il calo si fa più evidente se si considerano le sole copie cartacee: meno 35,5%. Il progressivo calo della vendita dei quotidiani non è una buona notizia in generale poiché una stampa libera, imparziale e qualificata professionalmente è uno degli elementi essenziali per il buon funzionamento della democrazia. Questo purtroppo non è in Italia! Gli editori dovrebbero cominciare a domandarsi se il loro compito è quello di offrire un prodotto appetibile al lettore oppure quello di essere cassa di risonanza dei loro interessi e di quelli dei loro consociati (oligarchi?).
Libertà di stampa peggio del Gambia. Nel nostro Paese giornali e televisioni sono concentrate quasi tutte nel Nord e, come detto, sono di proprietà di un ristretto numero di gruppi finanziari (o ad essi collegati). Questo in un Paese democratico non può che limitarne il ruolo e allontanare i lettori. Nell’Indice mondiale della libertà di stampa (World Press Freedom Index) relativo al 2022 elaborato da Reporters senza frontiere l’Italia, per varie ragioni, è collocata al 58° posto su 180 paesi considerati. Ha perso ben 17 posizioni rispetto al biennio 2020/2021. Per meglio capire la gravità della situazione basti confrontare il dato con la  Giamaica (12° posto, Costa d’Avorio (37 posto), Taiwan (28° posto), Gambia (50° posto), Romania (56° posto). Il rapporto, redatto sulla base di giudizi espressi da giornalisti nei distinti paesi, parla di “un autentico agguato al quale le forze economiche e politiche in Italia sottopongono l’informazione.” 
Stampa accondiscendente. A un osservatore non distratto, non assuefatto o poco incline all’informazione farlocca non sfugge l’atteggiamento dei tanti giornalisti (o presunti tali) che fanno interviste senza domande, che si limitano a sostenere il microfono a politici o potenti di turno mentre svolgono il loro comizio. Mai una interruzione, mai una domanda, mai una contestazione ad affermazioni spesso palesemente false. Le continue interruzioni sono riservate solo a chi è avverso alla “verità” editoriale del momento, a chi non è disposto a condividere le fanfaluche ricorrenti. Recentemente mi è capitato di ascoltare Berlusconi che in un video preregistrato si vantava di aver portato in Italia i miliardi del recovery fund. Ebbene, terminato il video, pensate che in studio abbiano commentato o contestato la sciocchezza di proporzioni stratosferiche? Nemmeno per sogno! In altra occasione ho ascoltato un antipatico sermone di Furio Colombo all’indirizzo di un docente universitario senza mai entrare nel merito della questione in oggetto ma soffermandosi su un giudizio più che offensivo sulla persona (non presente in trasmissione), il tutto sottolineato dal sorriso compiacente della conduttrice. Pensate sia stata data possibilità di replica? Nemmeno per sogno giacché l’intento era proprio quello di demolire un pensiero divergente dalla “verità” editoriale.
Trasmissioni fiume. Non credo siano fatte per caso le trasmissioni fiume monotematiche. L’obiettivo a me pare sia quello di nascondere la vita reale dell’Italia celate dietro il Covid-19, le elezioni del presidente della Repubblica, la guerra in Ucraina, la morte della Regina Elisabetta e così via. Fateci caso, si parla del nulla in un coacervo di tuttologi sempre presenti che si sbraitano addosso. Cosa si può dire di nuovo della pandemia, per esempio, dopo averne parlato per settimane e mesi? Basterebbero cinque minuti per dare le necessarie informazioni. Assistiamo a continue trasmissioni fiume dove non è consentito contestare o dubitare del pensiero unico del momento altrimenti si è immediatamente accusati di essere no vax, amici di Putin, nemici della patria e, di conseguenza, banditi dalle trasmissioni. Ovviamente tale attenzione non è mai riservata a temi quali il lavoro, le innumerevoli vertenze, la povertà, il divario nord-sud, la condizione degli anziani, i comuni senza risorse umane e finanziarie, la condizione degli edifici scolastici, la giustizia e altro ancora su cui  la “verità” editoriale ritiene vantaggioso il silenzio.
Conflitto di interessi. Il quadro già sconfortante è destinato a peggiorare. Mi domando cosa sarà dell’informazione italiana dopo la quasi certa vittoria della destra. Nessuno spende una parola ma lo scenario che si prospetta è terrificante: gruppi editoriali , il più importante polo televisivo privato di proprietà di Berlusconi (coalizione di destra) e servizio pubblico controllato da un governo di destra: monopolio assoluto! Mi chiedo perché in tutti questi anni di governi del centrosinistra, o comunque con la sua partecipazione, non si sia provveduto al varo di una legge sul conflitto di interessi; perché si consente a un leader della destra di essere anche proprietario di un impero editoriale e di ben tre reti televisive che operano, tra l’altro, su concessioni statali. Tale eventualità è inimmaginabile in un’altra democrazia occidentale. La qualità della programmazione televisiva, poi, per una questione di concorrenza tra il polo privato e quello pubblico, è diventata sempre più scadente contribuendo non poco ad  abbassare il livello culturale di un’intera nazione: Mattino 5, Pomeriggio 5, Forum, Uomini e donne, C’è posta per te, Carramba che sorpresa, Grande fratello, isole e fattorie dei famosi (o presunti tali), i programmi di cucina, sceneggiati scritti male e recitati peggio da figli e discendenti di altri attori, notiziari parziali, talk show dove la politica è urlata da voci sovrapposte e livello di discussioni pari a quelle di un bar o di un mercato rionale. E la politica si volge ormai solo lì, in arene simili a pollai.
Televisione unico luogo del confronto politico. La politica abbandona le sezioni, le strade, i luoghi di lavoro per trasferirsi negli studi televisivi: non conta più la sostanza ma la comunicazione, conta aggredire l’avversario, conta essere ospiti in uno studio televisivo e ripetere slogan e frasi fatte. La campagna elettorale si svolge solo in televisione è lì si favorisce il soggetto politico scelto dai poteri che determinano le scelte della politica attraverso numerosi lobbisti travestiti da giornalisti o esperti di chissà che cosa. Ecco l’editoria italiana ridotta a bollettini di stampa e propaganda del ristretto gruppo di imprenditori proprietari delle maggiori testate. Gli studi televisivi sono frequentati da un ristretto numero di cheerleader cha sparano verità di comodo senza alcun contraddittorio. E dove ci si parla addosso per ascoltare la propria voce (in questo caso è quella di Paolo Mieli): “La realtà è che Letta nel Pd comanda per modo di dire … perché comanda ancora un nucleo che ha le proprie radici culturali nella storia e negli ideali della rivoluzione d’ottobre…”. Ebbene, una dichiarazione del genere andrebbe confutata al momento in qualunque luogo di discussione, nella televisione delle ancelle, invece, passa per un grande pensioero di un superlativo pensatore. Bisognerebbe, invece, soffermarsi qualche volta sugli “ideali” della rivoluzione richiamati da Mieli, quelli iniziali, quelli che hanno sconfitto l’impero zarista, non le degenerazioni fasciste di Stalin. Ma al di là di questo mi piacerebbe capire chi sono i bolscevichi del Pd che condizionano la linea politica del segretario: Franceschini? Morani, Delrio? Guerini? Marcucci? Carbone? Serracchiani? La numerosa pattuglia di renziani? Chi diavolo sono gli staliniani che comandano? Dove si nascondono i comunisti che fanno della fantomatica agenda draghi la loro piattaforma politica? Dove si annidano i veterocomunisti che hanno obbligati Letta a candidare estremisti del comunismo come Casini, Furlan e Cottarelli? Il senso di questo delirio mi sfugge ma conferma la mia certezza: Mieli, ove mai fosse uno storico autorevole, non conosce la storia del PCI, non sa com’era organizzato, non conosce nemmeno il Pd e molto spesso parla a vanvera. In Tv taluni giornalisti sono sempre presenti anche se dirigono un giornale fantasma nelle edicole (Il Foglio) mentre giornalisti di altri quotidiani storici mai si invitano (il Manifesto).
Parzialità. Andiamo oltre per veder altri esempi eclatanti della parzialità dell’informazione. Avete presente Roma descritta durante l’amministrazione Raggi? Era una città invasa da cinghiali, gabbiani, cavallette, fagoceri e barbari; c’era immondizia ovunque; le strade ridotte a percorsi pericolosi con elettrodomestici abbandonati e voragini che si aprivano in ogni dove; gli autobus malandati e sempre in ritardo. Insomma una specie di inferno dantesco. Con l’amministrazione Gualtieri come d’incanto tutto ritorna nella dimensione umana: strade perfette, immondizia sparita, cinghiali ricacciati nei boschi. Io non sono un simpatizzante di Virginia Raggi, tutt’altro, ma la campagna di stampa contro di lei è stata indecorosa, ignobile e vigliacca così come lo è stata nei confronti di Giuseppe Conte e così come, callo stesso modo si può definite l’interminabile polemica sui banchi con le ruote, come se fosse il ministro a ordinare il mobilio scolastico. Al contrario è incessante, ancora adesso, la campagna stampa per esaltare (fino al ridicolo, al parossismo, all’esasperazione) le inimmaginabili  doti dell’immenso Draghi che pure ha più volte dimostrato di non essere un politico dalle grandi qualità, anzi. Dopo oltre un anno e mezzo di governo, infatti, le sue strabilianti doti, oltre l’arroganza e la presunzione, mi sono rimaste ignote.
Telegiornali fotocopia. I telegiornali sembrano fotocopie di quelli degli ultimi trent’anni: traffico sulle autostrade, vacanze, caldo, cibi per contrastare la disidratazione, incendi, siccità, innalzamento del clima, le stesse cose dette e ridette ogni anno cui vanno aggiunti i mirabolanti provvedimenti del premier per fronteggiare gli aumenti delle bollette e di ogni sorta di beni di consumo. Quello che non si dice, o a malapena si dedicano due parole sono le vertenze, il lavoro precario, l’assenza di un piano per fronteggiare il prevedibilissimo aumento dell’energia, nessuna strategia sulla partecipazione alla guerra d’Ucraina, le bollette bruciate in piazza da parte di chi non le può pagare, il pil e gli occupati aumentati grazie al tanto osteggiato bonus 110%. Naturalmente Il gran migliore se ne attribuisce i meriti senza nemmeno arrossire.
Allucinati. La narrazione di una realtà inesistente contribuisce a fare degli italiani un popolo di allucinati assuefatti a un sistema dove non esiste il merito, non esiste l’uguaglianza, non esistono piani strategici in nessuno dei settori della società. Siamo disposti a farci guidare da una classe dirigente indecorosa. Siamo disposti a votare figuri che cambiano decine di partiti. Siamo disposti a credere agli improvvisi e immensi poteri di un tecnocrate che ha lavorato una vita al servizio del potere finanziario Siamo stati trasformati giorno per giorno, anno per anno, trasmissione per trasmissione in un popolo disposto ad accettare qualsiasi distorsione della verità, qualsiasi forma di ingiustizia. Non sarebbe accaduto con la presenza di un partito di sinistra.

Per concludere torno al ricordo delle edicole affollate e alla politica fatta nelle piazze. Rimpiango l’odore dei giornali freschi di stampa. Rimpiango la vista di persone che ne uscivano leggendo la prima pagina. Rimpiango la ricchezza e la varietà delle testate. Rimpiango l’assenza di una stampa di sinistra, fatta eccezione per “il Manifesto”. Rimpiango “l’Unità” con la dicitura sotto la testata “Organo del Partito Comunista Italiano”, il giornale che ho amato, diffuso e letto per anni e anni, “l’Unità” fondata da Antonio Gramsci, il glorioso giornale diretto da Giancarlo Pajetta, Alfredo Reichlin, Pietro Ingrao, Gerardo Chiaromonte, Emanuele Macaluso, Girolamo Li Causi. Rimpiango la televisione delle tribune politiche prima delle elezioni. Rimpiango i giornalisti degni di questo nome. 

4 settembre 2022

La guerra - (à la guerre comme à la guerre) - e.m.

Vignetta di Mauro Biani

La guerra - (à la guerre comme à la guerre) - e.m.

 

“Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì all'incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza. Per tutto questo ci vuole coraggio, grande forza d’animo.”

Papa Francesco

 

“Sono semplicemente contrario a ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi.”

Papa Francesco

 

“Ma il pericolo è che vediamo solo questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. È molto triste, ma in fondo è proprio questo a essere in gioco”.

Papa Francesco

 

À la guerre comme à la guerre. Siamo in guerra, tutti siamo in guerra per decisione di una piccola oligarchia. Tutti siamo in guerra per narrazione di una stampa prona al potere. Tutti siamo in guerra e chi osa fare una piccola obiezione al pensiero unico è un traditore, un pusillanime, un amico di Putin, un pacifista da divano (come se loro, i guerrafondai, fossero lì tutti combattere al fronte sotto le bombe).

À la guerre comme à la guerre. E giù trasmissioni quotidiane da mattina a sera con professori di chissà che e chissà dove, strateghi sconosciuti, strateghi da scrivania, opinionisti tuttologi e direttori di giornali capaci di acrobatiche piroette dialettiche a raccontare di una guerra di cui sanno poco o niente, al pari di un comune cittadino capace di leggere un giornale qualsiasi. Però che siano tutti commentatori  favorevoli al pensiero unico leccalecca, guai a divergere da esso, sarebbe propaganda putiniana. Chissà come va interpretata la messa in onda dello sceneggiato con protagonista l’attore comico prima che diventasse presidente con la t-shirt d’ordinanza.

À la guerre comme à la guerre. E l’immagine di un palazzo bombardato diventa indicibile orrore per la giornalista conduttrice dalla voce rotolante che finge disgusto mentre si sistema la messa in piega in favore di telecamera: “sono immagini che parlano da sole” come se vedesse immagini di guerra per la prima volta, come se la guerra fosse un concorso floreale o una sfilata di moda “modello numero 4, Giuditta”. Chissà che faccia avrebbe fatto guardando le immagini di Sabra e Chatila o dell’Iran Bombardato per vent’anni o dell’Iraq dopo un lancio a tappeto di bombe intelligenti contenenti democrazia.

À la guerre comme à la guerre. E meno male che abbiamo il grande presidente del consiglio, il superpotente premier, il super eroe capace di mettere d’accordo tutti e guidare il paese in un momento tanto difficile. Ma che dico, lui l’unica guida possibile in questo frangente infausto dell’Europa, del mondo, della galassia, dell’universo, ma anche capace di vincere gli europei, Wimbledon, le olimpiadi, di saltare più in alto di tutti e di tagliare il traguardo di qualsiasi arrivo, di guidare la Juventus e di fare anche il centravanti, di dirigere la Ferrari e di pilotare anche l’auto di formula uno e vincere finalmente il mondiale piloti e costruttori. Guai ad esprimere un solo dubbio sulle competenze dell’immenso. Guai a contestare le sue capacità politiche, economiche, diplomatiche, strategiche, atletiche, stratosferiche, etiche, anestetiche, dietetiche, magnetiche.

À la guerre comme à la guerre. E via sanzioni a tutto spiano al nemico criminale. Inaudito sterminatore di democrazie e stati sovrani al pari degli invasori di Iraq, Libia, Afganistan, Kosovo, Palestina e di sterminatori di curdi e Yemeniti… ehm…, no, quelli sono i buoni, le loro invasioni non valgono, le loro stragi sono democratiche, le città distrutte sono effetti collaterali, le bombe intelligenti qualche volta dimenticano il cervello nelle base di lancio e pazienza.

À la guerre comme à la guerre. Evviva l’unità della Nato, dell’Europa, dell’Onu, della FIFA, dei condomini, del Coni, degli alcolisti anonimi e del gruppo TNT. Evviva le tutte le sanzioni, fa nulla se le pagano altri popoli sovrani che mai avrebbero voluto la guerra che mai si sarebbero piegati al comico presidente comicamente e perennemente (si farà la doccia, si cambierà la t-shirt ogni tanto?) vestito da soldato sempre a chiedere armi, denaro, armamenti moderni, istruttori per le armi moderne, soldati, istruttori per soldati, missili a lunga gittata, aerei, droni, carrarmati… ogni giorno in televisione con la maglietta verde d’ordinanza, proprio ogni giorno, per chiedere sostegno al fine di abbattere un nemico, criminale, pazzo, malato, isolato, ormai prossimo alla fine.

À la guerre comme à la guerre. I prezzo dell’energia vola raggiungendo livelli impensabili e impensati. E allora ecco a voi l’estate a condizionatori spenti per la pace. E allora ecco a voi le stufe spente per l’inverno, i termosifoni solo per due ore ma che non superino i dodici gradi, dopo tutto il clima è in forte aumento, se farà freddo potrete sempre mettetevi il cappotto ammesso che possiate comprarlo dopo aver pagato le bollette. E allora niente bibite, formaggi e surgelati nei frigoriferi vuoti a causa dell’inflazione e i prezzi che non si fermano. E allora niente pizza perché i soldi sono pochi e i ristoranti chiudono perché la spesa per le bollette è decuplicato. E allora niente insalata perché quella che rimane dopo grandinate smottamenti e allagamenti si vende solo nei negozi Dior.

À la guerre comme à la guerre. Che volete, occorre avere molta pazienza, è l’effetto secondario delle sanzioni utilissime, necessarie, indispensabili, obbligatorie, imprescindibili, basilari. E questo, nessuno può contestarlo giacché  è l’unanime pensiero di ogni popolo sovrano. E allora niente scampagnate nei fine settimana dell’autunno, niente vino novello con le caldarroste nelle cantine, niente assaggi di salumi e formaggi nelle fattorie, niente visite ai musei, niente itinerari nelle città del medioevo o della Tuscia, o della Magna Grecia, o della Padania o del Salento; diamine, come si fa? Meglio stare a casa se gasolio, benzina con piombo, benzina senza piombo, benzina con 98 ottani, benzina con 100 ottani costano quasi quanto un Dom Perignon, una bottiglia di cognac Camus o una di barolo d’annata.

À la guerre comme à la guerre. Tutti con Draghi il guerriero condottiero generale impavido coraggioso alla conquista delle sanzioni più stringenti, dannose e soffocanti per il tiranno maledetto, se non basta una ne faremo due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, venti, cento, millanta, due millanta, tre millanta… Via, uniti tutti dietro all’immenso che combatte con la bacchetta di Olivander, tutti dietro all’invincibile. Lo dicono anche Mattarella, Meloni (io sono Giorgia), Letta (come si fa la carbonara?, Salvini (credo?), Calenda (un po' de qua e un po' de la), Renzi (sempre più in la), Angela Merkel, Macron, Biden, Kissingerer, Ursula Von der Leyen, Tim Cook, la signora Lagarde, Powell, Alan Friedman, Giannini, Gruber, Mentana, Polito, Mieli, Molinari, Fontana, Severgnini, Gramellini, il generale Nelson, il generale Cambronne, il generalissimo Franco, Vittorio Emanuele secondo, il generale Cialdini, Garibaldi, Nino bixio, i Mille, la carica dei 101, Nembo Kid  il cateto, l’ipotenusa e la radice quadrata.

À la guerre comme à la guerre. Tutti  a inchinarsi a grandissimo tecnocrate liberista, infallibile killer della Grecia (sarebbe bastato una parte infinitesimale di denaro speso in favore del comico presidente con la t-shirt verde militare per evitare stenti e povertà al popolo sovrano della Grecia ma questo meglio non dirlo). Tutti in silenzio dietro il grande negoziatore, il grandissimo centravanti di sfondamento della politica italiana (ha mai fatto politica?), scoperto in tarda età (se lo avessimo scoperto prima avremmo certamente evitato la decadenza del Paese).  

À la guerre comme à la guerre. Solidarietà e accoglienza per i profughi ucraini, per fortuna. Ma un racconto drogato e strumentale della guerra trasforma la dovuta solidarietà in solidarietà razzista perché colloca su piani diversi i profughi. Chi arriva con i barconi per sfuggire alle guerre di altre regioni del mondo non è degno della stessa accoglienza, non è degno di solidarietà non è degno di comprensione, è oggetto di razzismo becero.  Per chi arriva dall’Asia e dall’Africa i civili popoli europei innalzano muri di cemento, barriere fatte di filo di ferro spinato, schierano l’esercito ai confini, vaneggiano blocchi navali. Altro che corridoi umanitari. Per questi disperati il centravanti di sfondamento non spende il suo tempo prezioso. Nessuno pensa a sanzioni per chi alza i muri, nessun giornale apre conti correnti in favore di quei disperati, nessuna rete televisiva pensa a un notiziario in lingua araba, pashtu o magrebina, per loro ogni giorno è una guerra per il diritto all’esistenza.

À la guerre comme à la guerre. Se Egli, Sua Marietà, ha l’autorevolezza necessaria, indispensabile, obbligatoria, imprescindibile, basilare per mettere tutti d’accordo, la utilizzi per la pace dimostrando per una volta le sue tante doti. E allora, scusandomi per la lunghezza del pensiero e per il tono faceto, nel parlare di guerra, chiudo con una citazione di Papa Francesco riportata in apertura: “Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra.”.