29 maggio 2022

Oro - e.m.

dipinto di Grazia Maria De Stasi
Oro - e.m.

L’oro tutt’intorno
si riverbera nel cielo del tramonto.
L’estate ha deposto il suo manto sopra i campi,
le guglie maestose dei pini 
s’innalzano immobili nella luce obliqua
colorata d’ametista e oro
spezzando la linea dell’orizzonte.
Forme circolari custodiscono in mezzo al giallo
custodiscono il passato fino al suo ritorno.

Ai bordi dei campi di stoppie gialle
spighe superstiti ancora colme del tesoro,
piante di tarassaco mature
pronte al lancio dei mille acheni bianchi,
il vento leggero attende per raccoglierli.

Ogni achenio è il sogno di un viaggio
E anche la promessa di una nuova vita,
è il desiderio di una lunga danza col vento,
è l’attesa di andare in alto fino alle nuvole
e sorvolare l’oro tutt’intorno.

Canzone per l’Aurora - e.m.

L'Aurora - Grazia Maria De Stasi

Canzone per l’Aurora - e.m.

Profumo di menta e mirto
porta lo Scirocco
Menta e mirto nella sera
danzano con l’oleandro e la cannella

In un mattino della primavera
anch’io provo un ballo con l’ultima stella
prima che la luce dell’Aurora 
disveli Persefone la bella
assai più bella di una stella
mentre è in danza con il vento

L’ultima luna gioca sui profili dei calanchi
e si riverbera sui muri bianchi del mio paese
lì, proprio in cima alla collina 
in questa notte di magia
profumata di basilico e di menta 

Di caprifoglio è  profumato
il respiro dolce del’Aurora
petali di rosa son le sue labbra
diamanti luminosi sono i suo occhi
zagare dolci ha nelle narici
e petali di fiori di pesco tra i capelli 

In questa magica notte della primavera
Vega guarda da Oriente
e Berenice sorride dall'alto Zenit
da Sud la rossa Antares 
e il suo Scorpione
danzano anch’essi sulle linee dei calanchi
io canto assieme al lupo
con lo squittìo della civetta
mentre lontano bubola il gufo

Aurora toglie le stelle dall'azzurro
I sogni li porta via il mattino
tutt'intorno è chiaro silenzio
nel mattino dipinto dall’Aurora
tutti brindano al nuovo sole

Verrà ancora la notte
e i profumi tutt’intorno
balleranno un valzer 
sul mare con le stelle
io sognerò un tango argentino 
con la luce della nuova Aurora

27 maggio 2022

L’anno buono - e.m.

Michelangelo - Bacco (dettaglio), 1497, marmo 203 cm, Museo Nazionale del Bargello, Firenze
L’anno buono - e.m.

Buon anno!
Molti ormai gli anni passati
cominciati col cuore gonfio di speranze, desideri, sogni.
Ogni capodanno un abbraccio con le persone care.
Non ha mai amato i fuochi d’artificio
né mai è stato prodigo di sorrisi o parole scintillanti,
vino rosso e calici imperlati alzati verso il cielo
sono stati i suoi giochi pirotecnici,
gli scoppi multicolori preferisce averli nel cuore.

Felice anno nuovo!
Qualche volta l’ultima mezzanotte
è stata una festa solitaria
a inseguire miraggi o desideri mai afferrati
consapevole che mai li avrebbe raggiunti.
Raramente ha carpito un sogno,
o forse ha avuto solo l’illusione di farlo,
svanito come un achenio confuso tra le nuvole.
E proprio come i fiori del tarassaco
gli anni si sono disfatti insieme ai sogni,
ai desideri, alle speranze.

Auguri per un anno di gioia!
Ogni primo giorno degli anni passati
ha segnato l’avvio di un cambiamento
o almeno l’idea di volerlo perseguire
volgendo sempre le vele verso nuvole lontane,
traguardi impietosamente impediti
dall’arrivo dell’ultimo giorno
quando la meta ancora non si scorgeva all’orizzonte.
Ma ogni inizio è stata ancora una promessa
dell’agognato cambiamento
l’attesa di un Godot arrivato sempre puntuale
seppure mai avvistato e mai compreso
e infatti molto hanno cambiato gli anni
non solo dentro di lui.
Il mutamento lo ha invecchiato, trasfigurato,
quasi lo ha cancellato.

Auguri e prosperità!
Il Tempo ha trasformato il mondo sempre in peggio,
oltre le piccole concessioni quotidiane,
i padroni sono sempre più padroni
gli ultimi sempre più ultimi
e sempre fastidiosi.
La definizione giusta è “lotta di classe”,
la stessa lotta mai terminata e sempre persa
ma ormai dirlo è pari a un sacrilegio
non si dice, non si deve dire, non si deve disturbare.
Gli ultimi un esercito sempre più numeroso
sempre più cencioso
raccapricciante addirittura
tanto da rinchiuderlo tra muri invalicabili
ché non offuschino i bagliori dell’ipocrisia
del “Buon natale e buone feste”,
delle lucine colorate a intermittenza.

Che i sogni si realizzino!
Alcune volte gli è sembrato perfino di volare dentro il sogno
ma si è trattato solo di sorvolare nuvole rosa
avvolte da spesse coltri di menzogne e tradimenti.
Non ha mai vissuto i mutamenti attesi,
ha lasciato passare i giorni senza dare loro alcun peso,
ha perso il conto delle ferite alle sue spalle,
coltellate inattese inferte con il sorriso
e per questo ancora dolorose.
Mai ha smesso di cercare la sua Isola,
ma mai è riuscito a scorgerla tra le nebbie.
Si è accorto infine
che l’Isola è dentro di noi,
che assume i contorni e la forma che vogliamo darle
e che quell’Isola sempre cercata
è proprio il nostro ultimo Approdo.

Buon anno!
I cambiamenti lo hanno lentamente trasformato
pur senza averne mai la consapevolezza,
pur senza mai dare un contorno al Tempo.
Ma questa volta è certificato,
è giunto quest’ultimo nuovo anno
insieme al coro delle frasi fatte
e dei messaggi impersonali inviati nottetempo
all’intera rubrica telefonica:
“che sia un anno di serenità e benessere”,
“auguri di un anno colmo di sogni”,
“tanta felicità e gioia”
“buon anno!”
Sì, Buon anno!
Buon anno come tanti altri anni.
Che sia questo il suo anno buono?
Ancora una volta innalzerà il suo bicchiere rosso al sole. 


Gelso nero – e.m.

Gelso nero – e.m.

Sul grande gelso nero
ci arrampicavamo felici,
e incoscienti.
Facevamo a gara 
a chi arrivava più in alto
a chi coglieva la bacca nera
più gonfia di sole, 
più succosa di dolcezza.
Ci riempivamo la bocca
di decine e decine di bacche nere
e rivoli granata
ci sporcavano il mento e il collo
e le guance.
Mi perdevo nel sole,
nel verde dei tuoi occhi
e nell’oro delle tue gambette vellutate.
Ad ogni foglia era appesa un nostro sogno.
Poi  i rami si spezzarono
le foglie divennero fango dell’autunno
i sogni appesi a rami sbagliati
si frantumarono tra braccia sbagliate
strade sbagliate, orizzonti sbagliati.
Tu rimani l’unico sogno,
bimba dagli occhi verdi.
Nemmeno ricordo il tuo nome,
compagna di una sola lontana estate.
Il gelso nero non c’è più,
mai più il mio viso
si è sporcato
di rivoli di dolcezza
e i miei occhi non vedono 
sogni appesi alle foglie.

Non ritornerò - e.m.

Non ritornerò - e.m.

So che non ritornerò.
So che non potrò più tornare.
So di non potere desiderare di tornare
perciò un ritorno non lo vagheggio né lo spero.
Il falco attraversa la grande vetrata
con volo lento, armonico, ponderato
mentre plana lo sguardo sul monte del vino
e sui campanili muti 
indorati dal tramonto della prima primavera.
E anch’io plano lo sguardo breve
nell’inverno che non mi abbandona,
che ostinato mi attende.
Il falco attraverserà ancora la grande vetrata
io non ritornerò
quello che sono 
non ritornerò quello che sono stato
o che avrei desiderato di tornare.
Il mio sguardo non planerà sui campanili muti.
Ma io continuerò a planare,
polvere,
sui petali di Persefone.
Finalmente sarò prato
e mattino
e albero di fico
e ulivo dalle foglie argentee
e colonna dorica
Aurora e Tramonto
E Tempo.
Solo allora sarò ritornato
quello che desidero tornare:
un piccolo punto nell’infinito.
Quel che sono adesso
so che non ritornerò.


 

Ulisse - Appino

Ulisse - Appino

Settembre porta il vento, si può navigare
C'è chi torna a casa al suo focolare
E chi invece vuole soltanto partire
Ma non lo può fare senza il dio del mare
Sulla terra ferma si festeggia ancora
I padri con i figli per la luna nuova
E le madri lasciano le figlie sole
Sole ad imparare come stare sole
Parlami di te, Ulisse perché
Tu avevi Itaca a cui tornare
Ma qui non scherzare
Itaca non c'è, Itaca non c'è
Lascio la terra al sole
Lascio che le cose vadano da sole
Lascio la casa dove sono nato
Dove ho imparato, e ve ne sono grato
Lascio questi occhi neri
Li lascio ai tuoi che sono più sinceri
Lascio gli amici e la mia famiglia
Lascio la perla dentro la conchiglia
Poseidone lascia che io prenda il mare
Non sono l'eroe che ti fece adirare
Non possiedo niente, non sono nessuno
E se non mi credi chiedi a Polifemo
Sulla terraferma si combatte ancora
I padri contro i figli per una guerra nuova
E le madri piangono, le figlie invecchiano
E i bambini crescono
Parlami di te, Ulisse perché
Avevi Penelope da cui tornare
Ma qui non scherzare
Itaca non c'è, Itaca non c'è
Lascio queste parole
Le lascio a chi le vuole ricordare
Lascio l'amore che non ho saputo
Dare come quanto io avrei dovuto
Lascio questi occhi severi
Li lascio ai tuoi che sono più leggeri
Lascio Calipso e non avrei voluto
Lascio certo qualche cosa di incompiuto



L’agave - e.m.

dipinto di Maria Grazia De Stasi

L’agave - e.m.

Scimitarre verde argento
contro l’azzurro trasparente,
immobile monumento vegetale
catturi gli occhi di chi ti guarda
e lo accompagni nel silenzio.

Meraviglioso, immenso
albero delle meraviglie
cibo di Inca, Aztechi e Maya
pellerossa e gaucho dell’Argentina.

Imperturbabile testimone
del Tempo e della Storia,
severo spettatore
di tanghi e tarantelle
di duelli e canti
di amori sbocciati intorno al fuoco
nelle notti di luna piena
in terre lontane,
lontane oltre l’oceano.

Imponente sentinella
dei colori, del mio mare
e del rincorrersi delle stagioni
nei dei dolci declivi
dove vaga la mia anima.

Maestosa nobiltà perenne
immersa nella luce e nei profumi.
Gigante giallo nella maturità,
da secoli innalzato nel cobalto,
dopo il viaggio del gran navigatore
abiti l’Oriente e l’Occidente

Possente, scultoreo, imponente
osservi i mille colori
delle nostre primavere
nella vastità delle ginestre,
della malva e dei papaveri,
dei tarassachi e delle margherite.