26 ottobre 2014

Verso sud - Guillaume Apollinaire

                                  
foto da  minervajones.blogspot.com 
Verso sud - Guillaume Apollinaire
 
Zenit
Tutti quei rimpianti
Quei giardini sconfinati
Dove modula il rospo un tenero grido d'azzurro
La cerva del silenzio sperduto rapida passa
Un usignolo straziato dall'amore canta sul
Tuo corpo giardino di rose che ho colto
I nostri cuori pendono uniti dallo stesso melograno

25 ottobre 2014

Libertà - Paul Eluard

Libertà - Paul Eluard 

Sui miei quaderni di scolaro
Sui miei banchi e sugli alberi
Sulla sabbia e sulla neve

Io scrivo il tuo nome

Su tutte le pagine lette
Su tutte le pagine bianche
Pietra sangue carta cenere
Io scrivo il tuo nome

Sulle dorate immagini
Sulle armi dei guerrieri
Sulla corona dei re
Io scrivo il tuo nome

Sulla giungla e sul deserto
Sui nidi sulle ginestre
Sull'eco della mia infanzia
Io scrivo il tuo nome

Sui prodigi della notte
Sul pane bianco dei giorni
Sulle stagioni promesse
Io scrivo il tuo nome

Su tutti i miei squarci d'azzurro
Sullo stagno sole disfatto
Sul lago luna viva
Io scrivo il tuo nome

Sui campi sull'orizzonte
Sulle ali degli uccelli
Sul mulino delle ombre
Io scrivo il tuo nome

Su ogni soffio d'aurora
Sul mare sulle barche
Sulla montagna demente
Io scrivo il tuo nome

Sulla schiuma delle nuvole
Sui sudori dell'uragano
Sulla pioggia fitta e smorta
Io scrivo il tuo nome

Sulle forme scintillanti
Sulle campane dei colori
Sulla verità fisica
Io scrivo il tuo nome

Sui sentieri ridestati
Sulle strade aperte
Sulle piazze dilaganti
Io scrivo il tuo nome

Sul lume che s'accende
Sul lume che si spegne
Sulle mie case raccolte
Io scrivo il tuo nome

Sul frutto spaccato in due
Dello specchio e della mia stanza
Sul mio letto conchiglia vuota
Io scrivo il tuo nome

Sul mio cane goloso e tenero
Sulle sue orecchie ritte
Sulla sua zampa maldestra
Io scrivo il tuo nome

Sul trampolino della mia porta
Sugli oggetti di famiglia
Sull'onda del fuoco benedetto
Io scrivo il tuo nome

Su ogni carne consentita
Sulla fronte dei miei amici
Su ogni mano che si tende
Io scrivo il tuo nome

Sui vetri degli stupori
Sulle labbra intente
Al di sopra del silenzio
Io scrivo il tuo nome

Su ogni mio infranto rifugio
Su ogni mio crollato faro
Sui muri della mia noia
Io scrivo il tuo nome

Sull'assenza che non desidera
Sulla nuda solitudine
Sui sentieri della morte
Io scrivo il tuo nome

Sul rinnovato vigore
Sullo scomparso pericolo
Sulla speranza senza ricordo
Io scrivo il tuo nome

E per la forza di una parola
Io ricomincio la mia vita
Sono nato per conoscerti
Per nominarti
Libertà.

24 ottobre 2014

Come luce - Pierluigi Cappello

Come luce - Pierluigi Cappello 
 
Come luce che mi sveglia prima
del mattino, senza rumore né peso
il solco dentro il ricordo, acqua lontana
dalle mie dita sulla tua pelle di ieri.

Fresco, rotondo come una mela
acerba, l'amore orma di noi calda
nell'ombra, quando mi levo mi slego, guardo
guardando senza vederlo, il mondo.

21 ottobre 2014

Le donne come me - Maram al-Masri

                                         Foto da deviantart by Aleksandra88 
Le donne come me - Maram al-Masri
non sanno parlare;
la parola le rimane di traverso in gola
come una lisca
che preferiscono inghiottire.
Le donne come me
sanno soltanto piangere
a lacrime restie
che improvvisamente
rompono e sgorgano
come una vena tagliata.
Le donne come me
sopportano gli schiaffi,
senza osare renderli.
Tremano di rabbia
e la reprimono.
Come leoni in gabbia,
le donne come me
sognano
di libertà...

19 ottobre 2014

Ehi,amico mio, dove sei? - Alexandra Zambà

Ehi,amico mio, dove sei? - Alexandra Zambà
 
Ehi,amico mio, dove sei?
la mia voce rimbomba nei polmoni e
scorre lungo gli stipiti della casa tua desolata.

E' maggio la nebbia offusca e bagna
la tua finestra amico, ha i vetri rotti torpore sugli alberi
una scala di legno poggiata sul muro è traballante.

Il vocabolario è povero privo di sottigliezze
mi serve una parola amico, che passa dal greco,
una di quelle che si appendono dalle travi del soffitto

dal gancio di centro dondolante solitaria che aspetta
me e te tornare.


Da "Poesie del tredici" di Alexandra Zambà

Amami - Amal Musa

Amami - Amal Musa

Mi trasporto in punta di piedi
mi trasporto nel galoppo della mia vista.
Mi avvolgo nelle fasce della mia pelle.
Mi abbraccio desiderandomi.
Benedico il mio flusso, lo zampillare che da me proviene.
Mi cullo sul mio seno.
Alle mani germoglianti infilo i guanti della poesia.

Reclamo la rivelazione,
le mie incisioni sono su pietra.
La mia immagine reca acqua alla sete
ed esche alla rete dei pescatori.
Trascorro i rintocchi delle campane della sera
scolpendo.
Dormo nella mia stessa ombra.
Indosso la mia natura beduina
quando sono stanca.
Entro in un giardino
che non mi istiga contro me stessa.
Amo la mia anima impossibile,
quella i cui piedi
sono ignoti alla terra.

18 ottobre 2014

Sonetti a Orfeo – Rainer Maria Rilke 2 XVII




Sonetti a Orfeo – Rainer Maria Rilke
2
XVII

Dove, in quali beati giardini sempre freschi,
su quali alberi, da quali calici che teneri sfioriscono
maturano gli strani frutti che consolano? Delizia
che forse raccogli nel prato calpestato

della tua povertà. Di volta in volta
il tuo stupore è per il frutto – pieno, sano,
liscio nella scorza – e ti sorprende che il volo
leggero dell'uccello non te l'abbia rubato, o la gelosia

del verme, laggiù. Esistono alberi sfiorati d'ali di angeli
e cresciuti nelle cure così strane di lenti segreti
giardinieri,
alberi che ci recano quel frutto e che mai sono nostri?

Potemmo mai rubare, noi, ombre e fantasmi,
acerbi e appassiti nell'istante che matura
il calmo abbandono di quell'estiva indifferenza?

Non c'è scelta - Norman MacCaig


Non c'è scelta - Norman MacCaig

Penso a te
nei vari modi in cui la pioggia scende
(sempre di più, con l’età,
odio le metafore – la loro rigidità
la loro inadeguatezza.)
A volte questi pensieri sono
pioggerellina, appena percettibile, niente
di più leggero:
a volte uno scroscio battente, una
solerte pulizia primaverile della mente:
a volte, un terribile temporale.
Sempre di più, con l’età,
odio le metafore,
amo la leggerezza,
temo i temporali.

17 ottobre 2014

Automobili


Ritratto di paese - Corrado Govoni


Nel mattino d’autunno
tutto fresco del nichel delle biciclette
che fruscio di gonne e di sottane
tra le povere foglie che tramontano
dai pioppi dolcemente svolazzando,
oro d’addio!
Nell’aia aperta sulla strada
il pigiatore è già alla danza tonda
allegro marinaio della vendemmia.
Alle ragazze che all’odor di mosto
frenano con un piede nella polvere
egli grida: “Ehi, la bruna! Ehi, quella bionda!”
e brandendo un già calpestato grappolo
fa un invito al lor seno nascosto.
Crepacuore del vecchio
che ora impreca al destino
perchè son troppo dolci quelle ragazzette
che ti fanno il mattino
così fresco del nichel
delle loro fruscianti biciclette.

14 ottobre 2014

da "Cantico dei cantici"

 



da "Cantico dei cantici"

Come sei bella, amica mia, come sei bella!
Gli occhi tuoi sono colombe,
dietro il tuo velo.
Le tue chiome sono un gregge di capre,
che scendono dalle pendici del Gàlaad.
I tuoi denti come un gregge di pecore tosate,
che risalgono dal bagno;
tutte procedono appaiate,
e nessuna è senza compagna.
Come un nastro di porpora le tue labbra
e la tua bocca è soffusa di grazia;
come spicchio di melagrana la tua gota
attraverso il tuo velo.
Come la torre di Davide il tuo collo,
costruita a guisa di fortezza.
Mille scudi vi sono appesi,
tutte armature di prodi.
I tuoi seni sono come due cerbiatti,
gemelli di una gazzella,
che pascolano fra i gigli.
Prima che spiri la brezza del giorno
e si allunghino le ombre,
me ne andrò al monte della mirra
e alla collina dell'incenso.
Tutta bella tu sei, amica mia,
in te nessuna macchia.
Vieni con me dal Libano, o sposa,
con me dal Libano, vieni!
Osserva dalla cima dell'Amana,
dalla cima del Senìr e dell'Ermon,
dalle tane dei leoni,
dai monti dei leopardi.
Tu mi hai rapito il cuore,
sorella mia, sposa,
tu mi hai rapito il cuore
con un solo tuo sguardo,
con una perla sola della tua collana!
Quanto sono soavi le tue carezze,
sorella mia, sposa,
quanto più deliziose del vino le tue carezze.
L'odore dei tuoi profumi sorpassa tutti gli aromi.
Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa,
c'è miele e latte sotto la tua lingua
e il profumo delle tue vesti è come il profumo del Libano.
Giardino chiuso tu sei,
sorella mia, sposa,
giardino chiuso, fontana sigillata.
I tuoi germogli sono un giardino di melagrane,
con i frutti più squisiti,
alberi di cipro con nardo,
nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo
con ogni specie d'alberi da incenso;
mirra e aloe
con tutti i migliori aromi.
Fontana che irrora i giardini,
pozzo d'acque vive
e ruscelli sgorganti dal Libano.

13 ottobre 2014

Rapa Nui – Pablo Neruda


 foto da  luxury4men.com - Rapa Nui
 Rapa Nui – Pablo Neruda

Tepito.te-Henùa, ombelico del mar grande,
officina del mare, estinto diadema.
Dalla tua lava di scorie salì la fronte
dell'uomo più in alto dell'Oceano,
gli occhi screpolati della pietra
misurarono il ciclonico universo,
e fu centrale la mano che innalzava
la grandezza pura delle tue statue.

La tua roccia religiosa fu tagliata
verso tutte le linee dell'Oceano
e i volti dell'uomo apparvero
sorgendo dalle viscere delle isole,
nascendo dai crateri vuoti
con i piedi impigliati nel silenzio.

Furon le sentinelle e chiusero
il cielo delle acque che giungevano
da tutti gli umidi domini,
e il mare davanti alle maschere fermò
i suoi tempestosi alberi azzurri.
Nessun altro che i volti abitarono
il circolo del regno. Era silenzioso
come l'ingresso di un pianeta, il filo
che avvolgeva la bocca dell'isola.
Così, nella luce dell'abside marina
la favola di pietra condecora
l'immensità con le sue medaglie morte,
e i piccoli re che governano
tutta la solitaria monarchia
per l'eternità delle schiume,
tornano al mare nella notte invisiibile,
tornano ai loro sarcofaghi di sale.

Solo il pesce luna che morì sulla sabbia.

Solo il tempo che morde i moais.

Solo l'eternità nelle sabbie
conosco le parole:
la luce sigillata, il labirinto morto,
le chiavi della coppa sommersa.

Sali con me – Pablo Neruda

Machu Picchu Urubamba rivercommons.wikimedia.org 
Sali con me – Pablo Neruda

Sali con me, amore americano

Bacia con me le pietre segrete.
L'argento torrenziale dell'Urubamba
fa volare il polline alla sua coppa gialla.
Vola il vuoto dei rampicanti,
la pianta petrea, la ghirlanda dura
sopra il silenzio della cassa montana.
Vieni, minuscola vita, tra le ali
della terra, mentre – cristallo e freddo, aria percossa -
isolando smeraldi combattuti,
oh acqua selvaggia, scendi dalla neve.

Amore, amore, anche la notte impervia,
dalla sonora esca andina,
verso l'aurora di ginocchia rosse,
contempla il figlio cieco della neve.

Oh, Wilkamayu dai sonori fili,
quando rompi i tuoi tuoni lineari
in bianca schiuma, come neve ferita,
quando il tuo forte vento di scogliera
canta castiga risvegliando il cielo,
che linguaggio rechi all'orecchio appena
sradicato dalla tua schiuma andina?

Chi imprigionò il lampo del freddo,
e lo lasciò sull'altura incatenato,
sparso nelle sue lacrime glaciali,
scosso nelle sue rapide spade,
battendo i suoi stami agguerriti,
condotto sul suo letto di guerriero,
sussultando nella sua fine di roccia?

Che dicono i tuoi lucori incalzati?
Il tuo segreto lampo ribelle
prima viaggiò popolato di parole?

Chi va rompendo sillabe gelate,
neri idiomi, stendardi d'oro,
bocche profonde, grida sottomesse,
nelle tue esili acque arteriali?
Chi va tagliando palpebre floreali
che vengono a guardare dalla terra?
Chi precipita i grappoli morti
che scendono nelle tue mani di cascata
a sgranare la loro notte sgranata
nel carbone della geologia?

Chi precipita il ramo dei vincoli?

Chi di nuovo sotterra gli addii?

Amore, amore, non toccar la frontiera,
non adorare la terra sommersa:
lascia che il tempo compia la sua statura
nel suo salone di sorgenti spezzate,
e, tra l'acqua veloce e le muraglie,
raccogli l'aria della gola montana,
le parallele lamine del vento,
il cielo canale delle cordigliere,
l'aspro saluto della rugiada,
e sali, di fiore in fiore, per il folto,
calpestando il serpente precipitato.

Nella scoscesa regione, pietra e bosco,
polvere di stelle verdi, selva chiara,
Mantur esplode come un lago vivo
e come un nuovo piano del silenzio.

Vieni al mio stesso essere, all'alba mia,
fino alle solitudini incoronate.
Il regno morto vive ancora.

E sul Reloj l'ombra sanguinaria
del condor incrocia come una nave nera.


11 ottobre 2014

Istante di controluce - Bei Dao

Istante di controluce - Bei Dao

Il lampo illumina il viso del criminale
la polemica è così aspra!
ma il rumore dei suoi passi
si perde coi suoi versi appena scritti

La notte è vortice
il dormiglione si gira e rigira
come i panni di una lavatrice

una farfalla svolazza dentro
l'immenso delirio verbale della storia
amo questo istante
come una corda da bucato legata al passato
e al domani ventoso.

Tre donne intorno al cor - Dante Alighieri




  
 foto di  Ellen von Unwerth
Tre donne intorno al cor - Dante Alighieri
 
Tre donne intorno al cor mi son venute,
e seggonsi di fore;
ché dentro siede Amore,
lo quale è in segnoria de la mia vita.
Tanto son belle e di tanta vertute,
che 'l possente segnore,
dico quel ch'è nel core,
a pena del parlar di lor s'aita.
Ciascuna par dolente e sbigottita,
come persona discacciata e stanca,
cui tutta gente manca
e cui vertute né beltà non vale.
Tempo fu già nel quale,
secondo il lor parlar, furon dilette;
or sono a tutti in ira ed in non cale.
Queste così solette
venute son come a casa d'amico;
ché sanno ben che dentro è quel ch'io dico.
Dolesi l'una con parole molto,
e 'n su la man si posa
come succisa rosa:
il nudo braccio, di dolor colonna,
sente l'oraggio che cade dal volto;
l'altra man tiene ascosa
la faccia lagrimosa:
discinta e scalza, e sol di sé par donna.
Come Amor prima per la rotta gonna
la vide in parte che il tacere è bello,
egli, pietoso e fello,
di lei e del dolor fece dimanda.
"Oh di pochi vivanda",
rispose in voce con sospiri mista,
"nostra natura qui a te ci manda:
io, che son la più trista,
son suora a la tua madre, e son Drittura;
povera, vedi, a panni ed a cintura".
Poi che fatta si fu palese e conta,
doglia e vergogna prese
lo mio segnore, e chiese
chi fosser l'altre due ch'erano con lei.
E questa, ch'era sì di pianger pronta,
tosto che lui intese,
più nel dolor s'accese,
dicendo: "A te non duol de gli occhi miei?".
Poi cominciò: "Sì come saper dei,
di fonte nasce il Nilo picciol fiume:
quivi dove il gran lume
toglie a la terra del vinco la fronda,
sovra la vergin onda
generai io costei che m'è da lato
e che s'asciuga con la treccia bionda.
Questo mio bel portato,
mirando sé ne la chiara fontana,
generò questa che m'è più lontana".
Fenno i sospiri Amore un poco tardo;
e poi con gli occhi molli,
che prima furon folli,
salutò le germane sconsolate.
E poi che prese l'uno e l'altro dardo,
disse: "Drizzate i colli:
ecco l'armi ch'io volli;
per non usar, vedete, son turbate.
Larghezza e Temperanza e l'altre nate
del nostro sangue mendicando vanno.
Però, se questo è danno,
piangano gli occhi e dolgasi la bocca
de li uomini a cui tocca,
che sono a' raggi di cotal ciel giunti;
non noi, che semo de l'etterna rocca;
ché, se noi siamo or punti,
noi pur saremo, e pur tornerà gente
che questo dardo farà star lucente".
E io, che ascolto nel parlar divino
consolarsi e dolersi
così alti dispersi,
l'essilio che m'è dato, onor mi tegno:
ché, se giudizio o forza di destino
vuol pur che il mondo versi
i bianchi fiori in persi,
cader co' buoni è pur di lode degno.
E se non che gli occhi miei 'l bel segno
per lontananza m'è tolto dal viso,
che m'àve in foco miso,
lieve mi conterei ciò che m'è grave.
Ma questo foco m'àve
già consumato sì l'ossa e la polpa,
che Morte al petto m'ha posto la chiave.
Onde, s'io ebbi colpa,
più lune ha volto il sol poi che fu spenta,
se colpa muore perché l'uom si penta.
Canzone, a' panni tuoi non ponga uom mano,
per veder quel che bella donna chiude:
bastin le parti nude;
lo dolce pome a tutta gente niega,
per cui ciascun man piega.
Ma s'elli avvien che tu alcun mai truovi
amico di virtù, ed e' ti priega,
fatti di color' novi,
poi li ti mostra; e 'l fior, ch'è bel di fori,
fa disïar ne li amorosi cori.
Canzone, uccella con le bianche penne;
canzone, caccia con li neri veltri,
che fuggir mi convenne,
ma far mi poterian di pace dono.
Però nol fan che non san quel che sono:
camera di perdon savio uom non serra,
ché 'l perdonare è bel vincer di guerra.

9 ottobre 2014

Formiconi & Lisle

opera di Dylan John Lisle
Canto - Claudia Formiconi

Tra declivi e anfratti scoscesi
risalirai il mio sentiero
dolce come il nettare aspro come l’agrume
tra gl’incensi delle zagare a primavera.
Percorrerai i miei recessi sfiorandoli appena
le tue orme leggere
sorvoleranno la terra del desiderio ancestrale.
L’intima sfera di me bacerà le sue ciglia
tra il delicato disegno del corpo
e il soffio eterno dell’anima.

8 ottobre 2014

Contributo alla statistica - Wislawa Szymborska






















Contributo alla statistica - Wislawa Szymborska

Su cento persone:
che ne sanno sempre più degli altri
- cinquantadue;
insicuri a ogni passo
- quasi tutti gli altri;
pronti ad aiutare,
purché la cosa non duri molto
- ben quarantanove;
buoni sempre,
perché non sanno fare altrimenti
- quattro, be’, forse cinque;
propensi ad ammirare senza invidia
- diciotto;
viventi con la continua paura
di qualcuno o qualcosa
- settantasette;
dotati per la felicità
- al massimo poco più di venti;
innocui singolarmente,
che imbarbariscono nella folla
- di sicuro più della metà;
crudeli,
se costretti dalle circostanze
- è meglio non saperlo
neppure approssimativamente;
quelli col senno di poi
- non molti di più
di quelli col senno di prima;
che dalla vita prendono solo cose
- quaranta,
anche se vorrei sbagliarmi;
ripiegati, dolenti
e senza torcia nel buio
- ottantatré
prima o poi;
degni di compassione
- novantanove;
mortali
- cento su cento.
Numero al momento invariato.



7 ottobre 2014

... in bici!


foto da collagevintage.com  
Alla gioia - Friedrich von Schiller

Gioia, bella scintilla divina,
figlia degli Elisei,
noi entriamo ebbri e frementi,

... celeste, nel tuo tempio.
La tua magia ricongiunge
ciò che la moda ha rigidamente diviso,
tutti gli uomini diventano fratelli,
dove la tua ala soave freme.
L'uomo a cui la sorte benevola,
concesse di essere amico di un amico,
chi ha ottenuto una donna leggiadra,
unisca il suo giubilo al nostro!
Sì, - chi anche una sola anima
possa dir sua nel mondo!
Chi invece non c'è riuscito, lasci
piangente e furtivo questa compagnia!
Gioia bevono tutti i viventi
dai seni della natura;
tutti i buoni, tutti i malvagi
seguono la sua traccia di rose!
Baci ci ha dato e uva ,
un amico, provato fino alla morte!
La voluttà fu concessa al verme,
e il cherubino sta davanti a Dio!
Lieti, come i suoi astri volano
attraverso la volta splendida del cielo,
percorrete, fratelli, la vostra strada,
gioiosi, come un eroe verso la vittoria.
Abbracciatevi, moltitudini
Questo bacio (vada) al mondo intero
Fratelli, sopra il cielo stellato
deve abitare un padre affettuoso.
Vi inginocchiate, moltitudini?
Intuisci il tuo creatore, mondo?
Cercalo sopra il cielo stellato!
Sopra le stelle deve abitare!

Dante Bailo - In Extremis

foto da: girlybike.blogspot.com
Dante Bailo - In Extremis

Ti perderò …
No, ho sbagliato, ti farò perdere.
Sara cosi, ti perderai.
Forse dopo che ti sarai persa ti troverò.
Se non fisicamente, realmente,
in qualche altro modo ti avrò per un po’ al mio fianco.
Mi sarai vicina mentre sorriderò per certe cose.
Quando ascolterò quella canzone ….
Mentre seduto lungo il fiume guarderò un uccello,
sorretto da esili zampe gialle
pescare su quel masso incerto …
Sarò solo li seduto?
Sarai sola tu?
Oppure sarà sempre quello strano
e confuso desiderio ad abbracciarci con tenerezza?

6 ottobre 2014

L’autunno percorre le isole - José Carlos Becerra

L’autunno percorre le isole - José Carlos Becerra

A volte la tua assenza è parte del mio sguardo,
le mie mani contengono la lontananza delle tue
e l’autunno è l’unica postura che la mia fronte può avere per pensarti.
A volte ti scopro in un volto che non avesti e nell’apparizione che non meritavi,
a volte è una strada al tramonto dove non dovremo tornare a incontrarci,
mentre il tempo trascorre tra un movimento del mio cuore e un movimento della notte.
A volte la tua assenza appare lentamente nel mio sorriso come una macchia di olio sull’acqua,
ed è l’ora di accendere certe luci
e camminare per casa
evitando l’esplosione di certi angoli.
Nei tuoi occhi ci sono barche ancorate, ma io ormai non dovrò liberarle,
nel tuo petto ci furono sere che alla fine dell’estate
tuttavia guardai incendiarsi.
E queste sere sono ancora le mie riunioni con te,
il disgelo che nella notte
scioglie la tua maschera e la perde.

Le rgazze dei porti - Grazia Fresu

Foto da pinterest.com
Le rgazze dei porti - Grazia Fresu

A volte se ne tornano la sera
stanche dei marinai
quelle ragazze dipinte oltre misura
che nei porti sognano
tra i naufragi un volto buono
e sanno.
La luna provocante maneggiona
di abusate maree,
la stanchezza da tempo
misurata su ricordi lontani,
le vene gonfie, il caldo,
l’illusoria brezza del mare
mista agli odori acri
di una ricca marina
le lascia come fiori indeboliti
sulle solite soglie.
Guardarle è ritirarsi
piano piano dal privato sgomento
dei loro cuori oscuri,
hanno carezze e orrori
affastellati tra i gerani carnosi
degli umidi balconi
e ancora sanno,
sedute nell’attesa che divora,
il salmastro le brucia,
cosce e umori tremano
e si disfanno
segrete dentro il tempo.

Anne

Foto da tumblr.com





















Il tocco - Anne Sexton

Per mesi la mia mano è stata sigillata
in una scatola di latta. Là solamente rotaie di metrò
Forse ha i lividi, pensavo,
ecco perché l’hanno serrata.
Ma quando ho guardato dentro posava là quieta.
Ci si potrebbe misurare il tempo, pensavo,
come con un orologio, con le sue cinque nocche
e le sottili vene sotterranee.
Posava là come una donna inconscia
nutrita da dubbi di cui non sapeva.

La mano era collassata,
un piccolo piccione di legno
fuggito in clausura.
L’ho rovesciata e il palmo era vecchio,
le linee tracciate come ricamo ad ago fine
cucite fitte fino alle dita.
Era grassa, molle, in certi punti cieca.
Assolutamente vulnerabile.

E tutto questo è metafora.
Una mano qualunque – solamente agognante
qualcosa da toccare
e che la tocchi.
La cagna non lo farà.
Scodinzola dietro una rana nella palude.
Non sono meglio di una cassa di cibo per cani.

Lei è padrona della sua fame.
Le mie sorelle non lo faranno.
Vivono a scuola tranne per bottoni
e lacrime che scorrono come limonata.
Mio padre non lo farà.
E’ tutt’uno con la casa e anche di notte
vive in un marchingegno costruito da mia madre
e ben lubrificato dal suo lavoro, il lavoro.

Il problema è
che lasciavo congelare i miei gesti.
Il problema non era
nella cucina o nei tulipani
ma solo nella mia testa, la testa.

Poi tutto questo divenne storia.
La tua mano trovò la mia.
La vita irruppe nelle dita come un grumo di sangue.
Oh mio falegname,
le dita son ricostruite.
Danzano con le tue.
Danzano in soffitta e a Vienna.
La mia mano è viva su tutta l’America.
Nemmeno la morte la fermerà,
la morte che effonde il suo sangue.
Niente la fermerà, perché questo è il regno
e venga il regno.

A Une Passante - Charles Baudelaire

Foto di Maynard Owen Williams, National Geographic
A Une Passante  - Charles Baudelaire

La rue assourdissante autour de moi hurlait.
Longue, mince, en grand deuil, douleur majestueuse,
Une femme passa, d’une main fastueuse
Soulevant, balançant le feston et l’ourlet ;

Agile et noble, avec sa jambe de statue.
Moi, je buvais, crispé comme un extravagant,
Dans son oeil, ciel livide où germe l’ouragan,
La douceur qui fascine et le plaisir qui tue.

Un éclair… puis la nuit ! – Fugitive beauté
Dont le regard m’a fait soudainement renaître,
Ne te verrai-je plus que dans l’éternité ?

Ailleurs, bien loin d’ici ! trop tard ! jamais peut-être !
Car j’ignore où tu fuis, tu ne sais où je vais,
Ô toi que j’eusse aimée, ô toi qui le savais !

§

La via assordante strepitava intorno a me.
Una donna alta, sottile, a lutto, in un dolore
immenso, passò sollevando e agitando
con mano fastosa il pizzo e l’orlo della gonna,

agile e nobile con la sua gamba di statua.
Ed io, proteso come folle, bevevo
la dolcezza affascinante e il piacere che uccide
nel suo occhio, livido cielo dove cova l’uragano.

Un lampo… poi la notte! – Bellezza fuggitiva
dallo sguardo che m’ha fatto subito rinascere,
ti rivedrò solo nell’eternità?

Altrove, assai lontano di qui! Troppo tardi! Forse mai!
Perché ignoro dove fuggi, né tu sai dove vado,
tu che avrei amata, tu che lo sapevi!



5 ottobre 2014

Ancora autunno

l'Arc de Triomphe - Antoine Blanchard
Momento ottobrino - Giovanni Bertacchi

Profumi di giovani donne
che recan sul cuor le viole;
fruscii di piedini e di gonne,
sussurri di rotte parole,

io seguo, poeta disperso,
le vostre disperse malie;
stillante di lagrime, il verso
rivola d'amor sulle vie.

Oh, dolce passar delle foglie
cadute sul molle tappeto!
La nebbia d'intorno raccoglie
dei cuori l'errante segreto.

Oh, dolce dell'umide bocche
libar dell'amore i veleni!
Si celan, d'un brivido tocche,
le morte viole ne' seni.

Vincitori - Attilio Bertolucci

Vincitori - Attilio Bertolucci

Si erano vestiti dalla festa
per una vittoria impossibile
nel corso fangoso della Storia.

Stavano di vedetta armati
con vecchi fucili novantuno
a difesa della libertà conquistata
da loro per la piccola patria
tenendosi svegli nelle notti afose
dell’agosto con i cori
della nostra musica
con il vino fosco
della nostra terra.
Vincenti per qualche giorno
vincenti per tutta la vita.

4 ottobre 2014

Incantesimo - Fernando Pessoa

Days of wine ad roses - Jack Vettriano


 After Midnight - Jack Vettriano
 Incantesimo - Fernando Pessoa

Dalla sponda dei sogni illuminata dalla luna
tendo le mani vinte verso te,
oh, declinanti altri fiumi
che gli occhi possano pensare di vedere!
Oh, incoronati con la luce dello spirito!
Oh, velati di spiritualità!

I miei sogni e i miei pensieri piegano
i loro stendardi ai tuoi piedi.
Oh, angelo nato troppo tardi
perché ti incontri un uomo affranto!
In quale nuova condizione dei sensi
potrebbero le nostre vite unite sentire tenerezza?

Quale nuova emozione devo
sognare per pensare che mi appartieni?
Quale purezza della lussuria?
Oh, cirri della vite
attorno alla mia vagheggiata speranza!
Oh, sogno–pigiato vino–anima!

3 ottobre 2014

Basta connettere! strillò Colombo - Lawrence Ferlinghetti

  foto da antonioluis.pozuelo.org
 Basta connettere! strillò Colombo - Lawrence Ferlinghetti
"Basta connettere!"
strillò Colombo
scrutando col cannocchiale
E se lo scoprì per bene
il “nuovo mondo” così come lo vedeva
E lo vedeva chiaro
fatto d’oro
in lingotti e bloody Mary
E gli indigeni “come mambini”
gli portarono i tesori ammassati
per l’Avvento
del Biondo
(descritto nei loro fumetti
Nei loro tragici giornaletti)
E Johan Padan
marinaio di coperta
giovane genovese
mariniero analfabeta
si fece il segno della croce e
calò le brache
quando scorse la pura carne india
per la prima volta
con la sua religione dei tempi andati
che non l’aveva affatto preparato
alla nuda anima animale
senza il senso del peccato
Mentre vergini nude e sciamanni
cadevano davanti agli archibugi
e i caballos andavano alla carica su spiagge
di paradisi caraibici
con l’oro che risplendeva greve
sulle sabbie rosso sangue
E la terra tremava
E la terra ne grondava
E cadde nei canyons
Di Wall Street Mainstreet USA