28 giugno 2020

Accompagnati - Francisca Aguirre



dipinto di Boguslaw Jagiello
Accompagnati - Francisca Aguirre

Francisca, non devi dimenticare
che l’ultima ricompensa è la morte.

Ma non dimenticare neanche che la morte
non è nient’altro che un attributo della vita.

Chi si prenderà cura di te quando la stanchezza
occuperà il posto della tua forza?

Pensa alle volte in cui sei entrata nella tua vita
come un turista irrompe nella città:
qualificandola per le reliquie di un passato.

Tu piangi troppo, troppo:
non sarà che sospetti di te?

Lascia alla tua tristezza
il posto che le corrisponde,
ma non permetterle di assumere
carattere di morale.

Penelope, che fare con la costanza
nel regno dell’ambiguità?

Pensa a te stessa
come un’insistenza,
ma non provare a consumarla.

Non ti spaventare della voracità
di chi ti ama:
il loro turno è anteriore ai vermi.

Quelli che chiami altri sono la tua storia:
dividi te stessa e perderai.

Chi si prenderà cura di te quando cadrà
il nome che ti nasconde?

Trad. Roberta Truscia

Saffo - Frammenti, XX



dipinto di Boguslaw Jagiello
Saffo - Frammenti, XX

Grazie pudiche dalle rosee braccia,
Figlie di Giove, il canto mio spirate.

Come tutte le cose del mondo – Dale Zaccaria



dipinto di Andrew Atroshenko
Come tutte le cose del mondo – Dale Zaccaria

Voglio dirti
che se ne andranno
i mutamenti
e le ombre:
la vanga solcherà
la terra, le rose non
termineranno,
il vento si poserà
l’aria sarà meno triste
la vigna più matura
nei tuoi occhi cadrà ancora
la speranza e il sole
e i sassi
le lune e le bellezze
come ogni bacio
come ogni addio
come ogni amore
saranno al loro posto
come tutte le cose del mondo.

da dalezaccaria.com

Tu vedi in me l'eguale - Anna Cascella



dipinto di Andrew Atroshenko
Tu vedi in me l'eguale - Anna Cascella

Tu vedi in me l'eguale
e io il diverso:
per favore,
potremmo amarci adesso?

Saffo - Frammenti, XIX



dipinto di Andrew Atroshenko
Saffo - Frammenti, XIX

Di cielo [Amor] venia;
e una diffusa clamide
Di porpora vestia.

Il mio cuore, uccello del deserto, ha trovato - Rabindranath Tagore



dipinto di Andrew Atroshenko
Il mio cuore, uccello del deserto, ha trovato - Rabindranath Tagore

Il mio cuore, uccello del deserto, ha trovato
il suo cielo nei tuoi occhi.
Essi sono la culla del mattino, essi sono
il regno delle stelle.
I miei canti si perdono nella loro profondità.
Lascia che io spazi in quel cielo,
nella sua solitaria immensità.
Lascia che io squarci le sue nuvole
e stenda le ali al suo sole.

traduzione di Brunilde Neroni

da Il sogno - Giacomo Leopardi



dipinto di Andrew Atroshenko
da Il sogno - Giacomo Leopardi
....
Quando colei teneramente affissi
gli occhi negli occhi miei, già scordi, o caro,
disse, che di beltà son fatta ignuda?
e tu d'amore, o sfortunato, indarno
ti scaldi e fremi. Or finalmente addio.
Nostre misere menti e nostre salme
son disgiunte in eterno. A me non vivi
e mai più non vivrai: già ruppe il fato
la fe che mi giurasti. Allor d'angoscia
gridar volendo, e spasimando, e pregne
di sconsolato pianto le pupille,
dal sonno mi disciolsi. Ella negli occhi
pur mi restava, e nell'incerto raggio
del Sol vederla io mi credeva ancora.

Saffo - Frammenti, XII



dipinto di Andrew Atroshenko

Saffo - Frammenti, XII

L’Aurora dai calzari aurei [cantava].

Ti ricordo come eri... – Pablo Neruda



dipinto di Malcolm Liepke
Ti ricordo come eri... – Pablo Neruda

Ti ricordo com'eri nell'ultimo autunno.
Eri il basco grigio e il cuore in calma.
Nei tuoi occhi lottavano le fiamme del crepuscolo.
E le foglie cadevano nell'acqua della tua anima.

Stretta alle mie braccia come un rampicante,
le foglie raccoglievano la tua voce lenta e in calma.
Fuoco di stupore in cui la mia sete ardeva.
Dolce giacinto azzurro attorto alla mia anima.

Sento vagare i tuoi occhi ed è distante l'autunno:
basco grigio, voce d'uccello e cuore di casa
verso cui migravano i miei profondi aneliti
e cadevano i miei baci allegri come brage.

Cielo da un naviglio. Campo dalle colline:
Il tuo ricordo è di luce, di fumo e di stagno in calma!
Oltre i tuoi occhi ardevano i crepuscoli.
Foglie secche d'autunno giravano nella tua anima.

Quasi fuori dal cielo… - Pablo Neruda



dipinto di Malcolm Liepke
Quasi fuori dal cielo… - Pablo Neruda

Quasi fuori dal cielo si ancora tra due montagne
la metà della luna.
Girevole, errante notte, la scavatrice d’occhi.
Vediamo quante stelle sbriciolate nella pozzanghera.

Fa una nera croce tra le mie ciglia, fugge.
Fucina di metalli azzurri, notti di lotte silenziose,
il mio cuore gira come un volante impazzito.

Fanciulla venuta da così lontano, portata da così lontano,
a volte il suo sguardo sfavilla sotto il cielo.
Lamento, tempesta, turbine di furia,
passa sopra il mio cuore, senza fermarti.
Vento dei sepolcri, trasporta, distruggi, disperdi la tua radice sonnolenta.

Sradica i grandi alberi dall’altro lato di lei.
Ma tu, chiara bimba, domanda di fumo, spiga.
Era quella che il vento andava formando con le foglie illuminate.
Dietro le montagne notturne, bianco giglio d'incendio,
ah nulla posso dire! Era fatta di tutte le cose.

Angoscia che apristi il mio cuore a coltellate,
è ora di seguire altra strada, dove lei non sorrida.
Temporale che sotterrò le campane, torbido svolazzare di tormente
perché toccarla ora, perché intristirla.

Ahi seguire la strada che si allontana da tutto,
dove non stiano in agguato l'angoscia, la morte, l'inverno,
con i loro occhi aperti tra la rugiada.

Ebbro di trementina – Pablo Neruda



dipinto di Malcolm Liepke
Ebbro di trementina – Pablo Neruda

Ebbro di trementina e di lunghi baci,
estivo, guido il veliero delle rose,
deviato verso la morte dell’esile giorno,
fondato sulla solida frenesia marina.

Pallido e ancorato alla mia acqua divorante
passo nell'acre odore del clima scoperto,
vestito ancora di grigio e di suoni amari,
e di una cresta triste di schiuma abbandonata.

Vado, duro di passioni, a cavallo della mia unica onda,
lunare, solare, ardente e freddo, repentino,
addormentato nella gola delle fortunate
isole bianche e dolci come fianchi freschi.

Trema nella notte umida il mio abito di baci
Carico pazzamente di elettriche sollecitazioni,
in modo eroico diviso in sogni
e inebrianti rose che si praticano in me.

Su per le acque, in mezzo a onde esterne,
il tuo corpo parallelo si ferma tra le mie braccia
come un pesce infinitamente appiccicato alla mia anima,
rapido e lento nell'energia subceleste.

Se rifiuto l’armonia – Nella Nobili



dipinto di Kenton Nelson
Se rifiuto l’armonia – Nella Nobili

Se rifiuto l’armonia
Se rifiuto di pensare in poesia
Se rompo il verso, e lo scompongo
Se ne faccio un’umile riga
Descrittiva
E priva del profumo della fantasia
È per raggiungere l’essenziale
Per collocarlo nel pensiero
Al punto esatto, per fissarlo
Ed infine per comunicarlo.
Ormai solo il vero conta.
Penetrare nel vero, affidarsi al senso più concreto
Con i mezzi più concreti:
Ogni uomo li possiede.

Ode al viaggio fortunato - Pblo Neruda



dipinto di Kenton Nelson
Ode al viaggio fortunato - Pblo Neruda

Oh, viaggio fortunato!
Mi separai dalla primavera
lavorando nella mia patria.
I motori
dell’uccello di alluminio
trepidarono
e furono forza pura
scivolando nel cielo.
Così le cordigliere e i fiumi
attraversai, le estensioni argentine,
i vulcani, le paludi, le selve:
il nostro pianeta verde.
Quindi lanciò l’aereo sopra le nubi
la sua rettitudine d’argento
attraversando acqua infinita, notti
tagliate
come coppe o capsule azzurre,
giorni sconosciuti la cui fiamma
si mosse nel vento,
finché scendemmo
nella nostra stella errante
sopra l’antica neve della Finlandia.
Soltanto alcuni giorni
nella
rosa bianca, reclinata
su una nave di legno,
e Mosca
aprì le sue strade:
mi aspettava
la sua chiarezza notturna,
il suo vino trasparente.
Viva è la luce dell’aria
e accesa è la terra
a ogni ora,
sebbene l’inverno
chiuda con spade
i mari e i fiumi,
alcuno aspetta, noi riconosciamo:
arde la vita in mezzo alla neve.

E quando
di ritorno
brillò la tua bocca sotto i pini
di Datitla e in alto
fischiarono, crepitarono
e cantarono
stravaganti
uccelli
sotto la luna di Montevideo,
allora
al tuo amore sono ritornato,
alla allegria
dei tuoi grandi occhi:
scesi, toccai la terra
amandoti e amando
il mio viaggio fortunato!

Permanenze - Liyanis González Padrón



dipinto di Kenton Nelson
Permanenze - Liyanis González Padrón

io preferisco fermarmi
in certe tenerezze
dove appare un bimbo
che mi legge un telegramma
all’improvviso
mi disegno un cammino
che ripete
nel mio nome
le prime parole

perennemente io
insonne bimba
scrivo fogli
con la nudità
che invade
i solchi della mia treccia
io preferisco sostenermi
abitando la vita
per cavalcare
nei sogni
i puledri che sono andati via.

Trad. Centro culturale Tina Modotti
da cctm.website

Grande numero - Wislawa Szymborska



opera di Lisandro Rota
Grande numero - Wislawa Szymborska

Quattro miliardi di uomini su questa terra,
ma la mia immaginazione è uguale a prima.
Se la cava male con i grandi numeri.
Continua a commuoverla la singolarità.
Svolazza nel buio come la luce d'una pila,
illumina solo i primi visi che capitano,
mentre il resto se ne va nel non visto,
nel non pensato, nel non rimpianto.
Ma questo neanche Dante potrebbe impedirlo.
E figuriamoci quando non lo si è.
Anche se tutte le Muse venissero a me.

Non omnis moriar — un cruccio precoce.
Ma vivo intera? E questo può bastare?
Non è mai bastato, e tanto meno adesso.
Scelgo scartando, perché non c'è altro modo,
ma quello che scarto è più numeroso,
è più denso, più esigente che mai.
A costo di perdite indicibili — una poesiola, un sospiro.

Alla chiamata tonante rispondo con un sussurro.
Non dirò di quante cose taccio.
Un topo ai piedi della montagna materna.
La vita dura qualche segno d'artiglio sulla sabbia.

Neppure i miei sogni sono popolati come dovrebbero.
C'è più solitudine che folle e schiamazzo.
Vi capita a volte qualcuno morto da tempo.
Una singola mano scuote la maniglia.
La casa vuota si amplia di annessi dell'eco.

Dalla soglia corro giù nella valle
silenziosa, come di nessuno, già anacronistica.

Da dove venga ancora questo spazio in me —
non so.

Traduzione di Pietro Marchesani

Addosso – Dale Zaccaria



Bo Bartlett - The Kiss 2015 Oil on Panel 24 x 36
Addosso – Dale Zaccaria

Noi due
dentro un laccio
d’innocenza
sotto lo scoglio
del desiderio
addosso
come una fatalità

da dalezaccaria.com

Ode alla nascita di un cervo - Pablo Neruda



Bo Bartlett - The Covenant 2016 oil on linen 48 x 66
Ode alla nascita di un cervo - Pablo Neruda

Si adagiò la cerva
dietro
la recinzione di filo spinato.
I suoi occhi erano
due scure mandorle.
Il gran cervo vegliava
e a mezzogiorno
la sua corona di corna
brillava
come
un altare incendiato.

Sangue e acqua,
una borsa turgida,
palpitante
e in essa
un nuovo cervo
inerme, informe.

Lì rimase nei suoi torbidi
involucri
sopra il pascolo macchiato.
La cerva lo leccava
con la sua lingua d’argento.
Non poteva muoversi,
ma
da quel confuso,
vaporoso involucro,
sudicio, bagnato, inerte,
si affacciò
la forma,
il musetto acuto
della reale
stirpe,
gli occhi più ovali
della terra,
le fini
gambe,
frecce
naturali del bosco.
Lo leccava la cerva
senza smettere, lo ripuliva
dall’oscurità, e ripulito
lo consegnava alla vita.

Così si alzò,
fragile, ma perfetto,
e cominciò a muoversi,
a dirigersi, a essere,
a scoprire le acque sul monte.
Guardò il mondo raggiante.

Il cielo sopra
la sua piccola testa
era come un’uva
trasparente,
e si attaccò alle mammelle della cerva
rabbrividendo come se ricevesse
scosse di luce del firmamento.

Impotenza - Tove Ditlevsen



Bo Bartlett - Civil War 1994 Oil on Linen 134 x 204
Impotenza - Tove Ditlevsen

C'è nel vizio
una goccia di virtù.
C'è nel dolore
un filo di gioia.
E nella nostra risata
un suono spezzato,
come se il cuore volesse
in realtà piangere.
.
In questo mondo
niente è pulito
e niente è semplice
perché Dio ci ha persi
dalle sue stesse mani.
È tutto troppo tardi.
E lui rimpiange
di averci creati.

Traduzione di Angela Siciliano

Il tredicesimo invitato – Fernanda Romagnoli



Bo Bartlett - The End of an Era , Oil on canvas, 60 × 80
Il tredicesimo invitato – Fernanda Romagnoli

Grazie – ma qui che aspetto?
Io qui non mi trovo. Io fra voi
sto come il tredicesimo invitato,
per cui viene aggiunto un panchetto
e mangia nel piatto scompagnato.
E fra tutti che parlano – lui ascolta.
Fra tante risa – cerca di sorridere.
Inetto, benché arda,
a sostenere quel peso di splendori,
si sente grato se alcuno casualmente
lo guarda. Quando in cuore
si smarrisce atterrito «Sto per piangere!»
E all’improvviso capisce
che siede un’ombra al suo posto:
che – entrando – lui è rimasto chiuso fuori.

Ode al globo terrestre - Pblo Neruda



Bo Bartlett - Kingdom of Ends, 2009 - Oil on Linen - 82 x 82
Ode al globo terrestre - Pblo Neruda

Rotondo e liscio
come
una mela,
globo purificato…

Nella tua limpidezza
le cordigliere
aspre, le punte
del pianeta, si fecero
soavità, le cavità
che colpiscono l’oceano
o perpetrano nella pietra
la cascata,
nel tuo contorno verde,
pelle satinata sono,
rotonda capsula
di soavi continenti e contatti.

Nessuno distingue
nei tuoi bruniti emisferi,
nell’ottone levigato
del globo della terra,
i terribili sforzi degli uomini.
Nessuno respira
polvere mortale, zolfo
nel deserto,
catrame negli acquitrini, fango
di natura pestilente.
Non vediamo chi cammina
nell’ovaio torbido
dei fiumi
con lentezza pesante,
passo a passo, attorniato
da foglie e vapori
e radici.

Quando nella neve
il freddo
ti accoltella,
o nel mare
una onda
si scarica
come
repentina, violenta
dinamite,
non sei,
terra,
rotonda e limpida
uva,
ma
ferruginosa
capigliatura,
frusta dell’abisso!

E quando i vulcani
aprono
la loro cassa
di
segreto
fuoco,
e la montagna
è
sangue,
cenere,
cicatrici,
tuono,
oh mappamondo,
non sei
un globo
di
pelle pura,
ma
una bollente e orrida
sorgente
dell’inferno.

Nella tua carta,
verde, rosata,
i paesi
si coricano
trasparenti
come alghe,
ma
proprio lì,
gravi
moltitudini,
movimenti
dell’uomo, miti,
sangue,
ragione,
oscurità,
storia,
tremano, si sviluppano
con movimento eterno.

In ciascuna
delle verdi praterie
della mappa e delle sue regioni
si incendiano
e si spengono
le vite,
si riuniscono,
si consumano
e ritornano poi
alle
aspre
mani
della terra.

Le città
elevano
i loro mattoni,
le loro lance,
i loro segni
orgogliosi,
le loro
erette
odi,
le loro cappe di miseria,
di abbandono,
di lacrime
e lotte,
e sul tuo rotondo
ventre
planetario
non accade
niente,
non germina
frumento,
né si precipita
l’acqua
smisurata
delle inondazioni.

Tu, mappamondo,
oggetto,
sei
bello come
una colomba verde opulenta,
o come una
esaltante cipolla,
ma
non
sei
la terra, non
hai
freddo, sangue,
fuoco, fertilità.
Una donna, un uomo,
o la piccola mano
di un bambino
povero o una
semplicissima
castagna,
rappresentano
più che la tua rotondità
il nostro pianeta.
Non hanno paralleli,
numeri né meridiani:
tutto è stella,
tranne la tua fredda forma:
globo
bello,
tutto ha la terra
che tu non hai.

Non continuare
A mentire
con la tua convessa pelle, con la tua limpidezza.
Io voglio vedere
il mondo
aspro
e veritiero
perché non siamo
punti,
linee,
segni,
di mappa planetaria.
Siamo gli uomini
germi
oscuri
di chiarezza che dalle nostre mani
inonderà la terra.

25 giugno 2020

Labirinti - Enzo Montano



Maria Grazia Montano - Lettere alfabeto di marsiliana, tecnica mista cm 100 x 100
Labirinti - Enzo Montano

Architetture grammaticali
Stili lessicali
Assonanze fonetiche
                    e dissonanze

Tra i fili delle trame
Si svolgono le storie
Lì sono
                I miei
                            Labirinti

E dolcemente
                    Mi perdo
                                Naufragando

da Agamennone – Ghiannis Ritsos



lavoro di Maria Grazia Montano
da Agamennone – Ghiannis Ritsos

È un’ora soave – e me la godo, guardo la mia mano –
né per la spada, né per la carezza; – sola, votata,
– votata a che? – a certe corde invisibili. Come la mano
del rapsodo a una grande lira; – se gliela afferri un attimo,
la musica si arresta per lo stupore; e il suono interrotto
non perdona nessuno dei due; come un anello d’argento
appeso in aria con uno spago, ti batte inspiegabilmente sulla spalla.

Gli altri sono caduti – autentici valorosi (però, chissà
con quanta amarezza, con quanta paura anch’essi). Non ne ho invidiato la morte.
Se ho lodato il loro eroismo, è stato per nascondere
la mia gratitudine segreta per essere ancora vivo – nient’affatto eroe.

Eccomi dunque; neppure questa gioia ti ho portato – la rinomata gloria, come dicono,
che forse avrebbe anche potuto riscattare, ahimè,
con monete false e sonanti, i nostri autentici dieci anni di silenzio,
e mille delitti, visibili e nascosti, mille errori e tombe.

Lungi da me simili eroismi; – un altro adesso,
silenzioso e invisibile, mi fa segno. Una volta, all’imbrunire,
vidi un’ultima foglia d’oro su una pianta nera
ed era la spalla nuda di un bell’atleta calmo che, chinandosi,
sollevò il peso di tutti noi per deporlo mollemente in terra. Allora
una nuova fame, un altro appetito mi riempì la bocca di saliva
e mi sentii colare dagli angoli delle labbra
il latte dolce e acquietante della gratitudine. Senza volerlo
sollevai la mano fin lì per asciugarlo
per non tradirmi, perché non vedessero la mia nuova puerilità,
il mio nuovo succhiare al primo capezzolo del creato.

Così avrebbero capito quanto fossi forte, impotente –
provocazione in entrambi i casi.»

da Quarta dimensione, Crocetti Editore, Milano 2013

da Agamennone – Ghiannis Ritsos



lavoro di Maria Grazia Montano
da Agamennone – Ghiannis Ritsos

A poco a poco tutto si è denudato, placato, sono diventati di vetro,
le pareti, le porte, i tuoi capelli, le mani –
una sublime trasparenza di vetro – che neppure il fiato della morte appanna;
oltre il vetro distingui il nulla indivisibile – finalmente qualcosa di intatto –
quella prima invulnerabile integrità, come l’inesistenza.

Prima di posare la mano sulla maniglia della porta, prima di aprire,
prima di entrare nella sala, ho già visto il divano, le sedie,
e lo specchio che ritrae la parete di fronte con il quadro
di un’antichissima battaglia navale. Prima di entrare in bagno
vedo le foglie di mirto galleggiare sull’acqua e i volti gonfi del vapori
salire verso il soffitto, stiparsi sul lucernario. Distinguo
perfino l’ora della mia morte, quasi.

Perdona questa visione delle cose, soprattutto la confessione –
è un modo perché mi vediate anche voi; per diventare pari – come del resto siamo –
cioè tutti disarmati. Ma, di nuovo, in quest’ora mi domando
quali frutti io stia per cogliere, che cosa debba evitare e cosa nascondere
con questa confessione; – quale mai nuova maschera
di vetro infrangibile sul mio fragile viso di vetro –
una grande maschera cava, prosecuzione del mio viso, espressione di me,
sospesa in alto, davanti alla reggia, alla metopa della porta,
unico blasone mio personale, non della dinastia. Certe volte credo
che tutto sia avvenuto solo perché un giorno io lo ricordi
o meglio, forse, perché io ne scopra l’immortale vanità.

da Quarta dimensione, Crocetti Editore, Milano 2013

Furono dati sulla mia bocca - Fernando Pessoa



Mario Marconato - Disegno china acquerellato su carta, 1982
Furono dati sulla mia bocca - Fernando Pessoa

Furono dati sulla mia bocca i baci di tutti gli appuntamenti,
sventolarono sul mio cuore i fazzoletti di tutti gli addii…

trad. Antonio Tabucchi

Ho vissuto tanto senza avere vissuto - Fernando Pessoa



Mario Marconato - disegno a china su carta acquerellato, 1982
Ho vissuto tanto senza avere vissuto - Fernando Pessoa

L.I. 73
Ho vissuto tanto senza avere vissuto! Ho pensato tanto senza avere pensato! Mondi di violenze immobili, di avventure trascorse senza movimento, pesano su di me. sono stanco di ciò che non ho mai avuto e che non avrò, stanco di Dei che non esistono. Porto con me le ferite di tutte le battaglie che ho evitato. Il mio corpo è dolorante per lo sforzo che non ho nemmeno pensato di fare.

trad. Antonio Tabucchi

Cosa so? - Fernando Pessoa



Mario Marconato - Gioco notturno 2, disegno china bianca cm 10x14.5, 1982
Cosa so? - Fernando Pessoa

Cosa so? Cosa cerco? Cosa sento?
Cosa chiedere se dovessi chiedere?

trad. Antonio Tabucchi

da Diciassette haiku - Jorge Luis Borges



dipinto di Sally Storch
da Diciassette haiku - Jorge Luis Borges

15.
La luna nuova.
Lei pure la guarda
da un'altra porta.

Traduzione di Domenico Porzio

La città Vecchia - Umberto Saba



dipinto di Sally Storch
La città Vecchia - Umberto Saba

Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un'oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.

Qui tra la gente che viene che va
dall'osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l'infinito
nell'umiltà.

Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d'amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s'agita in esse, come in me, il Signore.

Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.

Tramonti Jorge Luis Borges



dipinto di Sally Storch
Tramonti Jorge Luis Borges

La luminosa turba di un tramonto
ha esaltato la strada,
la strada aperta come un vasto sogno
verso qualsiasi sorte.
La limpida albereta
perde l'ultimo uccello, l'ultimo oro.
La mano lacera di un mendicante
accresce la tristezza della sera.

Il silenzio che abita gli specchi
ha forzato il suo carcere.
L'oscurità è il sangue
delle cose ferite.
Nell'incerto tramonto
la sera mutilata
fu solo qualche povero colore.

Traduzione di Tommaso Scarano

Saffo - Frammenti, XXXII



dipinto di Boguslaw Jagiello
Saffo - Frammenti, XXXII

A che, sposo diletto,
Te drittamente agguaglierò? T’agguaglio,
Sopra ogni cosa, a stelo graciletto.

Saffo - Frammenti, XXX



dipinto di Boguslaw Jagiello
Saffo - Frammenti, XXX

O dolce madre, tessere
Non posso io più; d’un giovine
La dilicata Venere
Mi doma nel desir.

Saffo - Frammenti, XXXI



dipinto di Boguslaw Jagiello

Saffo - Frammenti, XXXI

Vo’ che Menon leggiadro alcun qui chiami,
Se piaccia a voi che del convito io goda.

L'addio - Nazim Hikmet



dipinto di Victor Bauer
L'addio - Nazim Hikmet

L'uomo dice alla donna
t'amo
e come:
come se stringessi tra le palme
il mio cuore, simile a scheggia di vetro
che m'insanguina i diti
quando lo spezzo
follemente.

L'uomo dice alla donna
t'amo
e come:
con la profondità dei chilometri
con l'immensità dei chilometri
cento per cento
mille per cento
cento volte l'infinitamente cento.

La donna dice all'uomo
ho guardato
con le mie labbra
con la mia testa col mio cuore
con amore con terrore, curvandomi
sulle tue labbra
sul tuo cuore
sulla tua testa.
E quello che dico adesso
l'ho imparato da te
come un mormorio nelle tenebre
e oggi so
che la terra
come una madre
dal viso di sole
allatta la sua creatura più bella.

Ma che fare?
I miei capelli sono impigliati ai diti di ciò che muore
non posso strapparne la testa
devi partire
guardando gli occhi del nuovo nato
devi abbandonarmi.
La donna ha taciuto
si sono baciati
un libro è caduto sul pavimento
una finestra si è chiusa.
È così che si sono lasciati.

Traduzione di Joyce Lussu

in quel tempo mio primo - Mariangela Gualtieri



dipinto di Victor Bauer
in quel tempo mio primo - Mariangela Gualtieri

in quel tempo mio primo
dal gran silenzio siderale senza mai
vocale pronunciata
rompendo qualcosa nella camera
gelata, in quel febbraio ventisei.
Dentro un orrore d’onda
da quel subacqueo tepore
corpo dentro un corpo
sganciata ora e sola
scompagnata.
Nel terrore di quel frastuono
che era la mia voce.

Non vorrei mentire - Delia Vaccarello



dipinto di Victor Bauer
Non vorrei mentire - Delia Vaccarello

Non vorrei mentire
e incontrare la colpa
che rosicchia
attimi di respiro
non voglio che il nitore
dei nostri volti
diventi membrana cupa
cataratta in agguato

A volte
dietro la menzogna
si apre uno squarcio,
un abisso
per i miei occhi miopi,
granelli di vita
diventano sabbie mobili
se guardo vecchie fotografie
di famiglia tra le immagini
di una città nuova
nel territorio più battuto
la menzogna è un divieto
di transito
infranto da tutti,
nella doppia strada della mia vita
i codici spesso si oppongono:
i primi insinuano
ciò che vietano
i più intimi
vorrebbero dissolversi
in desideri

La sagoma della mia menzogna
è riflessa su una vecchia foto di famiglia,
ho difeso me stessa
con un'epidermide
di bugie,
al fine: le angosce mattutine
mi hanno trafitta

La difesa è come una persiana
protegge frazionando
lo sguardo
di chi non vuol vedere,
ho seguito la scia di un raggio
fino al colpo
infertomi in piena luce

E fu allora che un vortice
rimestò il mio sguardo
dolcemente
mi rivoltasti - fremente -
per svelarmi
quale abisso
cela la menzogna:
infranti gli specchi
vedevo a tutto tondo

23 giugno 2020

Lune e soli - Enzo Montano



Mario Marconato - litografia 40x30 - 1993
Lune e soli - Enzo Montano

                                    a Mario Marconato

Spicchi di tante lune
nelle notte di magico silenzio
notti di streghe e maghi
di misteri primordiali

Fiamme di sole fino a terra
bruciano argilla stoppie
argilla che modelli
in preziosi vasi

Notti di streghe e maghi
celate tra i profili dei calanchi
danzano alla bianca luna
immensa appesa
al cielo immobile
il canto notturno della civetta
accompagna il silenzio

Lotta d’amore – Dale Zaccaria



Egon Schiele - Two Women
Lotta d’amore – Dale Zaccaria

Dono una donna
che ama le donne
un poeta
e un’artista
che crede
nella lotta d’amore
nel comunismo
e nella rivoluzione

da dalezaccaria.comEgon Schiele - Two Women