La guerra - (à la guerre comme à la guerre) - e.m.
“Per fare la pace ci vuole
coraggio, molto di più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì
all'incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al
negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni;
sì alla sincerità e no alla doppiezza. Per tutto questo ci vuole coraggio,
grande forza d’animo.”
Papa
Francesco
“Sono semplicemente contrario a
ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza
ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi.”
Papa
Francesco
“Ma il pericolo è che vediamo solo
questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo
dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non
impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. È molto triste, ma
in fondo è proprio questo a essere in gioco”.
Papa
Francesco
À la guerre comme à la guerre.
Siamo in guerra, tutti siamo in guerra per decisione di una piccola oligarchia.
Tutti siamo in guerra per narrazione di una stampa prona al potere. Tutti siamo
in guerra e chi osa fare una piccola obiezione al pensiero unico è un
traditore, un pusillanime, un amico di Putin, un pacifista da divano (come se
loro, i guerrafondai, fossero lì tutti combattere al fronte sotto le bombe).
À la guerre comme à la guerre.
E giù trasmissioni quotidiane da mattina a sera con professori di chissà che e
chissà dove, strateghi sconosciuti, strateghi da scrivania, opinionisti
tuttologi e direttori di giornali capaci di acrobatiche piroette dialettiche a
raccontare di una guerra di cui sanno poco o niente, al pari di un comune
cittadino capace di leggere un giornale qualsiasi. Però che siano tutti
commentatori favorevoli al pensiero
unico leccalecca, guai a divergere da esso, sarebbe propaganda putiniana.
Chissà come va interpretata la messa in onda dello sceneggiato con protagonista
l’attore comico prima che diventasse presidente con la t-shirt d’ordinanza.
À la guerre comme à la guerre.
E l’immagine di un palazzo bombardato diventa indicibile orrore per la
giornalista conduttrice dalla voce rotolante che finge disgusto mentre si
sistema la messa in piega in favore di telecamera: “sono immagini che parlano
da sole” come se vedesse immagini di guerra per la prima volta, come se la
guerra fosse un concorso floreale o una sfilata di moda “modello numero 4, Giuditta”. Chissà che faccia avrebbe fatto
guardando le immagini di Sabra e Chatila o dell’Iran Bombardato per vent’anni o
dell’Iraq dopo un lancio a tappeto di bombe intelligenti contenenti democrazia.
À la guerre comme à la guerre.
E meno male che abbiamo il grande presidente del consiglio, il superpotente
premier, il super eroe capace di mettere d’accordo tutti e guidare il paese in
un momento tanto difficile. Ma che dico, lui l’unica guida possibile in questo
frangente infausto dell’Europa, del mondo, della galassia, dell’universo, ma
anche capace di vincere gli europei, Wimbledon, le olimpiadi, di saltare più in
alto di tutti e di tagliare il traguardo di qualsiasi arrivo, di guidare la
Juventus e di fare anche il centravanti, di dirigere la Ferrari e di pilotare
anche l’auto di formula uno e vincere finalmente il mondiale piloti e
costruttori. Guai ad esprimere un solo dubbio sulle competenze dell’immenso.
Guai a contestare le sue capacità politiche, economiche, diplomatiche,
strategiche, atletiche, stratosferiche, etiche, anestetiche, dietetiche,
magnetiche.
À la guerre comme à la guerre.
E via sanzioni a tutto spiano al nemico criminale. Inaudito sterminatore di
democrazie e stati sovrani al pari degli invasori di Iraq, Libia, Afganistan,
Kosovo, Palestina e di sterminatori di curdi e Yemeniti… ehm…, no, quelli sono i
buoni, le loro invasioni non valgono, le loro stragi sono democratiche, le
città distrutte sono effetti collaterali, le bombe intelligenti qualche volta
dimenticano il cervello nelle base di lancio e pazienza.
À la guerre comme à la guerre.
Evviva l’unità della Nato, dell’Europa, dell’Onu, della FIFA, dei condomini, del
Coni, degli alcolisti anonimi e del gruppo TNT. Evviva le tutte le sanzioni, fa
nulla se le pagano altri popoli sovrani che mai avrebbero voluto la guerra che
mai si sarebbero piegati al comico presidente comicamente e perennemente (si
farà la doccia, si cambierà la t-shirt ogni tanto?) vestito da soldato sempre a
chiedere armi, denaro, armamenti moderni, istruttori per le armi moderne,
soldati, istruttori per soldati, missili a lunga gittata, aerei, droni,
carrarmati… ogni giorno in televisione con la maglietta verde d’ordinanza,
proprio ogni giorno, per chiedere sostegno al fine di abbattere un nemico,
criminale, pazzo, malato, isolato, ormai prossimo alla fine.
À la guerre comme à la guerre.
I prezzo dell’energia vola raggiungendo livelli impensabili e impensati. E allora
ecco a voi l’estate a condizionatori spenti per la pace. E allora ecco a voi le
stufe spente per l’inverno, i termosifoni solo per due ore ma che non superino
i dodici gradi, dopo tutto il clima è in forte aumento, se farà freddo potrete
sempre mettetevi il cappotto ammesso che possiate comprarlo dopo aver pagato le
bollette. E allora niente bibite, formaggi e surgelati nei frigoriferi vuoti a
causa dell’inflazione e i prezzi che non si fermano. E allora niente pizza
perché i soldi sono pochi e i ristoranti chiudono perché la spesa per le bollette
è decuplicato. E allora niente insalata perché quella che rimane dopo
grandinate smottamenti e allagamenti si vende solo nei negozi Dior.
À la guerre comme à la guerre.
Che volete, occorre avere molta pazienza, è l’effetto secondario delle sanzioni
utilissime, necessarie, indispensabili, obbligatorie, imprescindibili,
basilari. E questo, nessuno può contestarlo giacché è l’unanime pensiero di ogni popolo sovrano.
E allora niente scampagnate nei fine settimana dell’autunno, niente vino
novello con le caldarroste nelle cantine, niente assaggi di salumi e formaggi
nelle fattorie, niente visite ai musei, niente itinerari nelle città del
medioevo o della Tuscia, o della Magna Grecia, o della Padania o del Salento;
diamine, come si fa? Meglio stare a casa se gasolio, benzina con piombo,
benzina senza piombo, benzina con 98 ottani, benzina con 100 ottani costano
quasi quanto un Dom Perignon, una bottiglia di cognac Camus o una di barolo
d’annata.
À la guerre comme à la guerre.
Tutti con Draghi il guerriero condottiero generale impavido coraggioso alla
conquista delle sanzioni più stringenti, dannose e soffocanti per il tiranno
maledetto, se non basta una ne faremo due, tre, quattro, cinque, sei, sette,
otto, nove, dieci, venti, cento, millanta, due millanta, tre millanta… Via,
uniti tutti dietro all’immenso che combatte con la bacchetta di Olivander,
tutti dietro all’invincibile. Lo dicono anche Mattarella, Meloni (io sono
Giorgia), Letta (come si fa la carbonara?, Salvini (credo?), Calenda (un po' de
qua e un po' de la), Renzi (sempre più in la), Angela Merkel, Macron, Biden,
Kissingerer, Ursula Von der Leyen, Tim Cook, la signora Lagarde, Powell, Alan
Friedman, Giannini, Gruber, Mentana, Polito, Mieli, Molinari, Fontana,
Severgnini, Gramellini, il generale Nelson, il generale Cambronne, il
generalissimo Franco, Vittorio Emanuele secondo, il generale Cialdini,
Garibaldi, Nino bixio, i Mille, la carica dei 101, Nembo Kid il cateto, l’ipotenusa e la radice quadrata.
À la guerre comme à la guerre.
Tutti a inchinarsi a grandissimo
tecnocrate liberista, infallibile killer della Grecia (sarebbe bastato una
parte infinitesimale di denaro speso in favore del comico presidente con la
t-shirt verde militare per evitare stenti e povertà al popolo sovrano della Grecia
ma questo meglio non dirlo). Tutti in silenzio dietro il grande negoziatore, il
grandissimo centravanti di sfondamento della politica italiana (ha mai fatto
politica?), scoperto in tarda età (se lo avessimo scoperto prima avremmo
certamente evitato la decadenza del Paese).
À la guerre comme à la guerre. Solidarietà
e accoglienza per i profughi ucraini, per fortuna. Ma un racconto drogato e
strumentale della guerra trasforma la dovuta solidarietà in solidarietà
razzista perché colloca su piani diversi i profughi. Chi arriva con i barconi
per sfuggire alle guerre di altre regioni del mondo non è degno della stessa
accoglienza, non è degno di solidarietà non è degno di comprensione, è oggetto
di razzismo becero. Per chi arriva dall’Asia
e dall’Africa i civili popoli europei innalzano muri di cemento, barriere fatte
di filo di ferro spinato, schierano l’esercito ai confini, vaneggiano blocchi
navali. Altro che corridoi umanitari. Per questi disperati il centravanti di
sfondamento non spende il suo tempo prezioso. Nessuno pensa a sanzioni per chi
alza i muri, nessun giornale apre conti correnti in favore di quei disperati,
nessuna rete televisiva pensa a un notiziario in lingua araba, pashtu o
magrebina, per loro ogni giorno è una guerra per il diritto all’esistenza.
À la guerre comme à la guerre. Se Egli, Sua
Marietà, ha l’autorevolezza necessaria, indispensabile, obbligatoria,
imprescindibile, basilare per mettere tutti d’accordo, la utilizzi per la pace dimostrando
per una volta le sue tante doti. E allora, scusandomi per la lunghezza del
pensiero e per il tono faceto, nel parlare di guerra, chiudo con una citazione
di Papa Francesco riportata in apertura: “Per
fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra.”.
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