Caspar David Friedrich - Cairn in Snow
Le strenne degli orfani – Arthur Rimbaud
I
La stanza è colma d’ombra; si sente vagamente
di due bambini il mesto e dolce mormorio.
La fronte si reclina, ancora appesantita dal sogno,
sotto la tenda bianca che trema e si solleva…
– di fuori, i passeri si stringon freddolosi;
l’ala s’intorpidisce sotto il cielo grigio;
e l’Anno nuovo, col suo corteo di brume,
strascicando i drappeggi della veste nevosa,
sorride lacrimando e rabbrividendo canta…
II
Sotto il drappo ondeggiante, ora quei due bambini
parlano sottovoce come si fa nelle notti scure.
Ascoltano, pensosi, un mormorio lontano…
Spesso sussultano alla limpida voce dorata
del timbro mattutino, che senza sosta scandisce
il suo ritmo metallico nella sfera di vetro…
– Poi, la stanza è gelata… si vedon sparsi a terra,
attorno a quei due letti, degli abiti da lutto:
L’aspro vento d’inverno che geme sulla soglia
soffia dentro la stanza il suo lugubre fiato!
Da tutto si intuisce che manca qualche cosa…
– Non vi è dunque una madre per questi bambini,
una madre dai dolci sorrisi, dagli sguardi orgogliosi?
S’è forse scordata, sola nella sera, di chinarsi
a ravvivare una fiamma strappata alle ceneri,
di ricoprire i figli di lana e di piumini
prima di abbandonarli gridando le sue scuse?
Non ha forse previsto il gelo del mattino,
né sbarrata la porta ai venti dell’inverno?…
– Il sogno di una madre è la calda coperta,
è il nido di lanugine dove i bambini stretti,
come degli uccelli cullati dai rami,
dormono un dolce sonno pieno di sogni bianchi!…
– Ma questo è come un nido senza piume né calore,
dove i piccoli tremano, non dormono, han paura;
un nido reso gelido da quel vento amaro…
III
Il vostro cuore ha capito: – quei bimbi son senza madre.
Non c’è più la madre nel nido! – e il padre è ben lontano!…
– Una vecchia domestica, allora, ne ha preso cura.
I piccoli sono soli in quella casa gelida;
orfani di quattr’anni, ecco che nei loro pensieri
si risveglia lentamente un ricordo di gioia…
proprio come un rosario che si sgrana in preghiera:
– Ah! che bel mattino era quello delle strenne!
Ciascuno i suoi regali aveva visto in sogno,
in qualche sogno strano in cui balocchi,
caramelle dorate, gioielli scintillanti,
turbinavano, volteggiando in una danza sonora,
e sparivano poi sotto le tende per riapparire ancora!
Si svegliavano presto, si alzavano felici,
le labbra già golose, stropicciandosi gli occhi…
ed andavano, coi capelli arruffati sulla fronte,
lo sguardo raggiante dei giorni di gran festa,
sfiorando il pavimento coi piedini nudi,
a bussar lievemente alla porta dei genitori…
Entravano!… E allora gli auguri… in camicia da notte,
i baci ripetuti, l’allegria permessa!
IV
Erano così dolci quelle parole più volte ripetute!
– Ma com’è cambiata, la casa di una volta:
una gran fiamma crepitava, chiara, nel camino,
tutta la vecchia camera ne era illuminata;
e i riflessi rossastri, sfuggiti al focolare,
amavano volteggiare sui mobili lucenti…
– L’armadio è senza chiavi!… è senza chiavi, il grande armadio!
Guardavano più volte la porta bruna e nera…
senza chiavi!… com’era strano!… spesso fantasticavano
sui misteri addormentati tra i suoi fianchi di legno,
e credevan d’udire, dal fondo della toppa
vuota, un lontano rumore, vago e lieto mormorio…
– La stanza dei genitori è così vuota, oggi!
Nessun riflesso rosso sfavilla sotto la porta;
spariti i genitori, le chiavi, il focolare:
e quindi niente baci, niente dolci sorprese!
Che Capodanno triste sarà questo per loro!
– E, tutti pensierosi, mentre dai loro occhi azzurri
in silenzio scende una lacrima amara,
mormorano: “Quando tornerà la mamma?”
V
Adesso, i bambini sonnecchiano tristemente:
si direbbe, a vederli, che dormono piangendo,
tanto son gonfi gli occhi e faticoso il respiro!
È così sensibile il cuore dei bambini!
– Ma l’angelo delle culle viene ad asciugare gli occhi,
e in quel sonno pesante mette un sogno di gioia,
un sogno così bello, che le labbra schiuse, sorridenti,
sembrano mormorar qualcosa…
– Sognano che, chinati sul braccino tondo,
nel gesto dolce del risveglio, protendono la fronte,
e il loro sguardo vago si posa tutt’intorno…
credono di dormire in un paradiso rosa…
Nel camino, fra i bagliori, canta allegramente il fuoco…
dalla finestra si scorge laggiù il cielo azzurro;
la natura si desta e di raggi s’inebria…
la terra, semi-nuda, felice di rivivere,
ha fremiti di gioia sotto i baci del sole…
e nella vecchia stanza tutto è dorato e tiepido:
i vestiti neri non sono più sparsi a terra,
e il vento sotto l’uscio tace ora placato…
Si direbbe che una fata è passata di là!…
– I bambini hanno gridato insieme di gioia…
accanto al letto materno, sotto un bel raggio rosa,
là, sul tappeto grande, risplende qualche cosa…
medaglioni d’argento di color bianco e nero,
madreperla e giavazzo dai riflessi scintillanti;
sono cornicette nere, corone di vetro,
con tre parole incise in oro: “A NOSTRA MADRE!”.
Trad. Laura Mazza
I
La stanza è colma d’ombra; si sente vagamente
di due bambini il mesto e dolce mormorio.
La fronte si reclina, ancora appesantita dal sogno,
sotto la tenda bianca che trema e si solleva…
– di fuori, i passeri si stringon freddolosi;
l’ala s’intorpidisce sotto il cielo grigio;
e l’Anno nuovo, col suo corteo di brume,
strascicando i drappeggi della veste nevosa,
sorride lacrimando e rabbrividendo canta…
II
Sotto il drappo ondeggiante, ora quei due bambini
parlano sottovoce come si fa nelle notti scure.
Ascoltano, pensosi, un mormorio lontano…
Spesso sussultano alla limpida voce dorata
del timbro mattutino, che senza sosta scandisce
il suo ritmo metallico nella sfera di vetro…
– Poi, la stanza è gelata… si vedon sparsi a terra,
attorno a quei due letti, degli abiti da lutto:
L’aspro vento d’inverno che geme sulla soglia
soffia dentro la stanza il suo lugubre fiato!
Da tutto si intuisce che manca qualche cosa…
– Non vi è dunque una madre per questi bambini,
una madre dai dolci sorrisi, dagli sguardi orgogliosi?
S’è forse scordata, sola nella sera, di chinarsi
a ravvivare una fiamma strappata alle ceneri,
di ricoprire i figli di lana e di piumini
prima di abbandonarli gridando le sue scuse?
Non ha forse previsto il gelo del mattino,
né sbarrata la porta ai venti dell’inverno?…
– Il sogno di una madre è la calda coperta,
è il nido di lanugine dove i bambini stretti,
come degli uccelli cullati dai rami,
dormono un dolce sonno pieno di sogni bianchi!…
– Ma questo è come un nido senza piume né calore,
dove i piccoli tremano, non dormono, han paura;
un nido reso gelido da quel vento amaro…
III
Il vostro cuore ha capito: – quei bimbi son senza madre.
Non c’è più la madre nel nido! – e il padre è ben lontano!…
– Una vecchia domestica, allora, ne ha preso cura.
I piccoli sono soli in quella casa gelida;
orfani di quattr’anni, ecco che nei loro pensieri
si risveglia lentamente un ricordo di gioia…
proprio come un rosario che si sgrana in preghiera:
– Ah! che bel mattino era quello delle strenne!
Ciascuno i suoi regali aveva visto in sogno,
in qualche sogno strano in cui balocchi,
caramelle dorate, gioielli scintillanti,
turbinavano, volteggiando in una danza sonora,
e sparivano poi sotto le tende per riapparire ancora!
Si svegliavano presto, si alzavano felici,
le labbra già golose, stropicciandosi gli occhi…
ed andavano, coi capelli arruffati sulla fronte,
lo sguardo raggiante dei giorni di gran festa,
sfiorando il pavimento coi piedini nudi,
a bussar lievemente alla porta dei genitori…
Entravano!… E allora gli auguri… in camicia da notte,
i baci ripetuti, l’allegria permessa!
IV
Erano così dolci quelle parole più volte ripetute!
– Ma com’è cambiata, la casa di una volta:
una gran fiamma crepitava, chiara, nel camino,
tutta la vecchia camera ne era illuminata;
e i riflessi rossastri, sfuggiti al focolare,
amavano volteggiare sui mobili lucenti…
– L’armadio è senza chiavi!… è senza chiavi, il grande armadio!
Guardavano più volte la porta bruna e nera…
senza chiavi!… com’era strano!… spesso fantasticavano
sui misteri addormentati tra i suoi fianchi di legno,
e credevan d’udire, dal fondo della toppa
vuota, un lontano rumore, vago e lieto mormorio…
– La stanza dei genitori è così vuota, oggi!
Nessun riflesso rosso sfavilla sotto la porta;
spariti i genitori, le chiavi, il focolare:
e quindi niente baci, niente dolci sorprese!
Che Capodanno triste sarà questo per loro!
– E, tutti pensierosi, mentre dai loro occhi azzurri
in silenzio scende una lacrima amara,
mormorano: “Quando tornerà la mamma?”
V
Adesso, i bambini sonnecchiano tristemente:
si direbbe, a vederli, che dormono piangendo,
tanto son gonfi gli occhi e faticoso il respiro!
È così sensibile il cuore dei bambini!
– Ma l’angelo delle culle viene ad asciugare gli occhi,
e in quel sonno pesante mette un sogno di gioia,
un sogno così bello, che le labbra schiuse, sorridenti,
sembrano mormorar qualcosa…
– Sognano che, chinati sul braccino tondo,
nel gesto dolce del risveglio, protendono la fronte,
e il loro sguardo vago si posa tutt’intorno…
credono di dormire in un paradiso rosa…
Nel camino, fra i bagliori, canta allegramente il fuoco…
dalla finestra si scorge laggiù il cielo azzurro;
la natura si desta e di raggi s’inebria…
la terra, semi-nuda, felice di rivivere,
ha fremiti di gioia sotto i baci del sole…
e nella vecchia stanza tutto è dorato e tiepido:
i vestiti neri non sono più sparsi a terra,
e il vento sotto l’uscio tace ora placato…
Si direbbe che una fata è passata di là!…
– I bambini hanno gridato insieme di gioia…
accanto al letto materno, sotto un bel raggio rosa,
là, sul tappeto grande, risplende qualche cosa…
medaglioni d’argento di color bianco e nero,
madreperla e giavazzo dai riflessi scintillanti;
sono cornicette nere, corone di vetro,
con tre parole incise in oro: “A NOSTRA MADRE!”.
Trad. Laura Mazza
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