11 settembre 2014

Bellimbusto. Una riflessione su Majakovskij di Enzo Montano di Claudia Formiconi



Enzo Montano, in un atto di sentita stima nei confronti di Vladimir Majakovskij, poeta-uomo, in un momento di mera confidenzialità, lo definisce “Bellimbusto”, un amichevole vezzeggiativo dalle mille accezioni cromatiche e lessicali che è anche il titolo alla poesia a lui dedicata. E’ un affresco, un breve poema dai toni alti, politici, sociali, austeri, malinconici, che si staglia come saetta di fuoco nei cieli della storia, mantenendo inalterata tutta la musicalità del lirismo più autentico.
 Majakovskij è tutto questo, genialità fatta di suoni aulici e convulsi, nel pieno rispetto della regola della storia del Novecento e delle sue contraddizioni. Enzo Montano si è fatto portavoce di quest’anima inquieta, empaticamente, ripercorrendo, pedissequamente, il vissuto rivoluzionario di questo 'mostro sacro' della Letteratura mondiale.
(…)“raccoglievi/grezze parole dalla miniera dell’alfabeto/deposte sulla tavolozza divennero inni di fuoco/
schiaffi decisi alle ataviche gabbie del conformismo borghese./Majakovskij, io ti conosco da sempre” (…)
Claudia Formiconi

Bellimbusto – Enzo Montano
La gialla tua blusa indicava l’imponente presenza
del credo rivoluzionario al lavoro, raccoglievi
grezze parole dalla miniera dell’alfabeto
deposte sulla tavolozza divennero inni di fuoco,
schiaffi decisi alle ataviche gabbie del conformismo borghese.
Majakovskij, io ti conosco da sempre
bellimbusto adorabile, fabbricante di
sfaccettati diamanti su rossi vessilli alla testa di
Centocinquanta milioni di volti tirati dalla rivolta.
I tuoi versi come tanti tamburi scandivano il tumulto degli ultimi
vera valanga di carne sulle strade che salivano al cielo
contro il potere tra l’Arbat e i palazzi dell’ingiustizia dei secoli.
Il potere in ogni sua forma fagocita qualsiasi ideale,
abbatte i colori delle prospettive ma nessun’ ombra metallica
può uccidere i sogni, volano oltre ogni Nuvola,
danzano al suono dolce del Flauto di un concerto per Lili,
rubano luce alle stelle memori di ogni brandello di cuore.
Vladimir, la ricerca di Utopia non è cessata
quel giorno di Aprile in cui la farfalla è svanita.
Le strade del mondo urlano ancora l’esplosione di quelle
parole raccolte nella miniera del sogno,
l’amore profondo per la rivoluzione è sedimentato
in gocce di lacrime sgorgate dalle emozioni
impresse sui muri, tra i vicoli e nei nervi...
“E tu, Orsa maggiore, pretendi / che vivi ci assumano in cielo!”

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