7 maggio 2015

Bisanzio - William Butler Yeats

Bisanzio - William Butler Yeats

Le nitide immagini del giorno svaniscono;
la soldatesca ubriaca dell’Imperatore va a dormire;
la risonanza della notte recede, il canto dei nottambuli
risuona dietro la grande cattedrale;
Una cupola illuminata dalle stelle o dalla luna disprezza
tutto ciò che è uomo,
tutte le semplici complessità,
le umane disposizioni furenti e infangate.
Davanti a me fluttua un’immagine, uomo o ombra,
ombra più che uomo, più immagine che ombra;
perché la fascia dell’Ade avvolta come una tela da mummia
può srotolare la via tortuosa;
bocche che non respirano possono chiamare
una bocca senza fiato né saliva
io saluto il sovrumano;
lo chiamo morte in vita e vita in morte.
Miracolo, uccello o aureo manufatto,
più miracolo che uccello o manufatto,
aggrappato sul ramo dorato illuminato dalle stelle,
può come i galli dell’Ade gracchiare,
o, amareggiato dalla luna, sdegnare ad alta voce
in gloria dell’inalterabile metallo
un comune uccello o un petalo
e tutte le complessità di fango o di sangue.
A mezzanotte sul segreto impiantito dell’imperatore
fiamme che nessuna fascina alimenta, né alcun acciarino ha acceso,
né alcun temporale molesta, fiamme generate da fiamma,
dove gli spiriti generati dal sangue vengono
e allentano ogni complessità della furia,
morendo in una danza,
un’agonia di estasi,
un’agonia di fiamma che non può bruciare un manicotto.
A cavalcioni del fango e del sangue del delfino,
spirito dopo spirito! Gli artigiani fendono l’onda,
gli orefici dell’Imperatore!
I marmi dell’impiantito della danza
rompono le amare furie della complessità,
quella immagini che ancora
fresche immagini generano,
quel mare solcato dal delfino, percosso dal gong.

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