5 maggio 2015

L'ultimo viaggio di Ulisse - Giovanni Pascoli XIX il ciclope

Francois Perrier - Acis, Galatea e Polifemo

L'ultimo viaggio di Ulisse - Giovanni Pascoli

XIX
il ciclope


Ecco: ai compagni disse di restare
presso la nave e di guardar la nave.
Ed egli all’antro già movea, soletto,
per lui vedere non veduto, quando
parasse i greggi sufolando al monte.
Ora all’Eroe parlava Iro il pitocco:
Ben verrei teco per veder quell’uomo
che tanto mangia, e portar via, se posso,
di sui cannicci, già scolati i caci,
e qualche agnello dai gremiti stabbi.
Poi ch’Iro ha fame. E s’ei dentro ci fosse,
il gran Ciclope, sai ch’Iro è veloce
ben che non forte; è come Iri del cielo
che va sul vento con il piè di vento.
L’Eroe sorrise, e insieme i due movendo,
il pitocco e l’Eroe, giunsero all’antro.
Dentro e’ non era. Egli pasceva al monte
i pingui greggi. E i due meravigliando
vedean graticci pieni di formaggi,
e gremiti d’agnelli e di capretti
gli stabbi, e separati erano, ognuni
ne’ loro, i primaticci, i mezzanelli
e i serotini. E d’uno dei recinti
ecco che uscì, con alla poppa il bimbo,
un’altocinta femmina, che disse:
Ospiti, gioia sia con voi. Chi siete?
donde venuti? a cambiar qui, qual merce?
Ma l’uomo è fuori, con la greggia, al monte;
tra poco torna, ché già brucia il sole.
Ma pur mangiate, se il tardar v’è noia.
Sorrise ad Iro il vecchio Eroe: poi disse:
Ospite donna, e pur con te sia gioia.
Ma dunque l’uomo a venerare apprese
gli dei beati, ed ora sa la legge,
benché tuttora abiti le spelonche,
come i suoi pari, per lo scabro monte?
E l’altocinta femmina rispose:
Ospite, ognuno alla sua casa è legge,
e della moglie e de’ suoi nati è re.
Ma noi non deprediamo altri: ben altri,
ch’errano in vano su le nere navi,
come ladroni, a noi pecore o capre
hanno predate. Altrui portando il male
rischian essi la vita. Ma voi siete
vecchi, e cercate un dono qui, non prede.
Verso Iro il vecchio anche ammiccò: poi disse:
Ospite donna, ben di lui conosco
quale sia l’ospitale ultimo dono.
Ed ecco un grande tremulo belato
s’udì venire, e un suono di zampogna,
e sufolare a pecore sbandate:
e ne’ lor chiusi si levò più forte
il vagir degli agnelli e dei capretti.
Ch’egli veniva, e con fragore immenso
depose un grande carico di selva
fuori dell’antro: e ne rintronò l’antro.
E Iro in fondo s’appiattò tremando.

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