Venticinque aprile – Enzo Montano
Festa della Liberazione.
La scolaresca al cinema per la commemorazione.
I sette fratelli Cervi illuminano lo schermo
di quel cinema di cui non ricordo il nome né la via.
In quella mattina di primavera a Parma (era la “rossa”)
scorrevano nella maestosità del buio silenzioso
fotogrammi d’amore lotta incredulità e rabbia
riflessi negli occhi stupendamente belli di eroi indimenticabili
col viso di Cucciolla Volontè Carla Gravina e la Gastoni.
La parola FINE sullo schermo annunciò l'esplosione del fragore.
Lo scrosciare degli applausi diluì la commozione spessa.
Le luci accese mostrarono il luccichio liberatorio e
le lacrime imperlarono il viso dei partigiani
vecchi e giovani ed il mio,
la pelle mi si accapponò ed il cuore esplose in un tumulto.
Inarrestabile!
Lo sento solo se ci penso.
Avevo dodici anni e divenni comunista!
Da quel giorno d’aprile ininterrottamente il tempo
ha affastellato motivi occasioni e conoscenza
per confermare la scelta di un adolescente.
Gelindo, Antenore, Diomira, Aldo, Ferdinando, Rina,
Agostino, Ovidio ed Ettore i contadini fieri di Campegine
divennero compagni di una vita e
la loro casa sempre aperta anche la mia;
tutti antifascisti i componenti della banda Cervi
dove indegnamente mi arruolai.
Loro conoscevano gli strumenti per la lotta giusta
cooperative, case del popolo, mutue,
leghe di resistenza e camere del lavoro,
lo appresero sui libri che amavano toccare leggere e studiare
non solo socialismo ma apicoltura frumento e uva per il vino buono.
Una notte furono accerchiati e catturati i sette maschi
… e la mattina del 28 dicembre del 43 fucilati dai fascisti.
Mamma Genoveffa e papà Alcide del loro albero
dei nove rami di legno pregiato ne persero insieme sette.
Rappresaglia dissero e li uccisero al poligono di tiro.
Il grande albero verde e possente come un faro fu abbattuto
la Resistenza e l’antifascismo ne guadagnarono foreste
tutte querce dalle radici forti che affondano tra i nervi dei sette fratelli.
"Dopo un raccolto ne viene un altro"
disse Alcide dopo anni di dolore
ed il raccolto eterno mai è stato scalfito
dai fabbricanti del dubbio che negano anche la bontà del pane,
loro si incapaci di capire gli ideali e la forza che sanno generare.
Che fastidio questi trombettieri ipocriti e i guitti saltellanti!
Festa della Liberazione.
La scolaresca al cinema per la commemorazione.
I sette fratelli Cervi illuminano lo schermo
di quel cinema di cui non ricordo il nome né la via.
In quella mattina di primavera a Parma (era la “rossa”)
scorrevano nella maestosità del buio silenzioso
fotogrammi d’amore lotta incredulità e rabbia
riflessi negli occhi stupendamente belli di eroi indimenticabili
col viso di Cucciolla Volontè Carla Gravina e la Gastoni.
La parola FINE sullo schermo annunciò l'esplosione del fragore.
Lo scrosciare degli applausi diluì la commozione spessa.
Le luci accese mostrarono il luccichio liberatorio e
le lacrime imperlarono il viso dei partigiani
vecchi e giovani ed il mio,
la pelle mi si accapponò ed il cuore esplose in un tumulto.
Inarrestabile!
Lo sento solo se ci penso.
Avevo dodici anni e divenni comunista!
Da quel giorno d’aprile ininterrottamente il tempo
ha affastellato motivi occasioni e conoscenza
per confermare la scelta di un adolescente.
Gelindo, Antenore, Diomira, Aldo, Ferdinando, Rina,
Agostino, Ovidio ed Ettore i contadini fieri di Campegine
divennero compagni di una vita e
la loro casa sempre aperta anche la mia;
tutti antifascisti i componenti della banda Cervi
dove indegnamente mi arruolai.
Loro conoscevano gli strumenti per la lotta giusta
cooperative, case del popolo, mutue,
leghe di resistenza e camere del lavoro,
lo appresero sui libri che amavano toccare leggere e studiare
non solo socialismo ma apicoltura frumento e uva per il vino buono.
Una notte furono accerchiati e catturati i sette maschi
… e la mattina del 28 dicembre del 43 fucilati dai fascisti.
Mamma Genoveffa e papà Alcide del loro albero
dei nove rami di legno pregiato ne persero insieme sette.
Rappresaglia dissero e li uccisero al poligono di tiro.
Il grande albero verde e possente come un faro fu abbattuto
la Resistenza e l’antifascismo ne guadagnarono foreste
tutte querce dalle radici forti che affondano tra i nervi dei sette fratelli.
"Dopo un raccolto ne viene un altro"
disse Alcide dopo anni di dolore
ed il raccolto eterno mai è stato scalfito
dai fabbricanti del dubbio che negano anche la bontà del pane,
loro si incapaci di capire gli ideali e la forza che sanno generare.
Che fastidio questi trombettieri ipocriti e i guitti saltellanti!
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