10 marzo 2018

da “Il colonnello Chabert” – Honorè De Balzac

da “Il colonnello Chabert” – Honorè De Balzac

(…)
Alla domanda di Derville, se abitasse in quella casa il signor Chabert, nessuno dei tre aprì bocca, accontentandosi di sbirciare lo sconosciuto con la più intelligente stupidità (se fosse possibile accoppiare questi due termini). Derville ritornò alla carica senza risultato.
Spazientito, indirizzò ai tre monelli una serie di quei piacevoli "moccoli" che gli adulti sono talvolta autorizzati a profferire. Soltanto allora i tre proruppero in una sghignazzata. Derville uscì dai gangheri.
Il colonnello Chabert, che aveva inteso tutto ciò, se ne uscì da una stanzetta ricavata presso la latteria, flemmaticamente, con quella tipica flemma propria dei militari di professione. Teneva in bocca una pipa ben "grumata" (termine tecnico dei fumatori), una modestissima pipa di terra cotta, chiamata volgarmente "infernetto". Alzando la visiera di un berretto inverosimilmente bisunto, scorse Derville e si precipitò verso di lui attraversando la concimaia, mentre gridava ai monelli:
- Silenzio! Ai vostri posti! - I tre zittirono, confermando così l'autorità di cui godeva il vecchio militare. Perché mai non mi avete avvertito? - disse a Derville. - Piano, tenetevi lungo il muro della vaccheria, il fondo è migliore consigliò in seguito al suo benefattore che, non volendo finire nella concimaia, non sapeva davvero dove posare i piedi.
- Qui dovrebbe abitare l'uomo che decise della vittoria di Eylau... - mormorò Derville, dopo aver abbracciato con lo sguardo tutto l'insieme di quell'immondo spettacolo.
Alla meglio, Derville riuscì a raggiungere la porta dove Chabert s'era affacciato. Questi fu molto spiacente di doverlo ricevere nella stanza in cui dormiva e che disponeva di una sola sedia. Il letto consisteva in mezza balla di paglia, che la proprietaria di casa aveva coperto con vecchie stoffe, d'ignota provenienza, abitualmente impiegate dalle lattaie per rendere soffici i sedili delle loro carrette. Il pavimento era di terra battuta. I muri, verdastri di salnitro e fessurati, trasudavano umidità da ogni parte, sicché si era dovuto difendere con una stuoia la parete alla quale si addossava il giaciglio del colonnello. Il famoso pastrano pendeva a un chiodo; in un angolo, due paia di scalcagnati stivali. Nessuna traccia di biancheria. Su di un tavolino tarlato, i "Bollettini della Grande Armata", editi da Plancher; la lettura preferita da Chabert che, in quell'ambiente di estrema miseria, mostrava attraverso il suo sguardo, una olimpica serenità. E' certo che l'incontro con Derville aveva mutato il suo volto, tanto che l'avvocato vi scorse il riflesso dell'ottimismo, di una luce accesa dalla speranza.
- La mia pipa vi disturba, avvocato? - chiese Chabert offrendo l'unica spagliatissima sedia.
- Mi pare, colonnello, che il vostro... domicilio lasci terribilmente a desiderare!
Una frase, questa, che non era soltanto frutto di spirito critico, caratteristico negli avvocati, ma anche di quella cocente esperienza che essi accumulano, fin dall'inizio della loro carriera, come testimoni di tante spaventose miserie!
- Ecco un uomo - pensò Derville - che avrà sicuramente scialacquato il mio denaro per soddisfare le tre virtù teologali del soldato di mestiere: il gioco, il vino e le donne!
- Avete ragione, avvocato, qui non si nuota nel lusso. E' un bivacco ingentilito dall'amicizia ma... - il soldato s'interruppe fissando profondamente l'uomo di legge non facendo male a una mosca e non inimicandomi alcuno, ci dormo sonni tranquilli.
Derville si rese conto che sarebbe stato molto indelicato chiedergli come avesse impiegato il denaro prestato, tuttavia non poté fare a meno di osservare:
- Non capisco perché non abbiate voluto restare a Parigi, dove avreste potuto vivere altrettanto modestamente, ma con qualche comodità di più.
- Le brave persone che mi ospitano sono le stesse che mi hanno raccolto e nutrito gratis per tutto un anno! Non avrei potuto lasciarle proprio quando nelle mie tasche piovevano i primi quattrini! Aggiungo che il padre di quei tre marmocchi è un "egiziano"...
- Un egiziano?
- E' un nostro modo di dire... un reduce della spedizione in Egitto alla quale ho partecipato anch'io. Quelli che vi hanno salvato la pelle sono come fratelli; non solo, ma Vergniaud era del mio reggimento e ci siamo scambievolmente aiutati, dividendo nel deserto la nostra razione d'acqua. E poi, avvocato, io non ho ancora finito la mia opera di maestro di scuola; insegno a quei tre monelli...
- Comunque, il vostro camerata avrebbe potuto alloggiarvi un po' meglio.
- Bah! i suoi figli dormono come me sulla paglia; lui e sua moglie non dispongono di un letto più soffice; sono molto poveri, come potete constatare. Ma se un giorno o l'altro dovessi ricuperare i miei averi... Mah! Non parliamone!
- Riceverò probabilmente domani i vostri documenti da Heilsberg. La donna che vi ha salvato vive ancora!
- Maledizione al danaro! e a chi non ne ha... gridò il colonnello gettando in terra la pipa. Una pipa ben grumata è un tesoro per i fumatori; ma quel gesto di dispetto, generato da un impulso di generosità esemplare, era tuttavia così naturale, che qualsiasi fumatore e la regia stessa gli avrebbero perdonato un simile reato di leso-tabacco. E forse gli angeli avrebbero raccattato i cocci.
- Colonnello, la vostra causa è molto complicata disse l'avvocato uscendo dalla camera per fare quattro passi al sole, lungo il muro della casa.
- Eppure, a me sembra molto semplice. Mi hanno creduto morto.
Eccomi qua. Ridatemi moglie e quattrini; ridatemi il grado di generale al quale ho pieno diritto, poiché ho servito con quello di colonnello nella guardia imperiale, la vigilia della battaglia di Eylau.
- Le cose non si svolgono così facilmente nel mondo giudiziario- obiettò Derville. - Ascoltatemi. Voi siete il conte Chabert, d'accordo. Ma si tratta di dimostrarlo in giudizio, davanti a persone che hanno tutto l'interesse a negare la vostra identità.
(…)

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