Evasione - Enzo Montano
Sulla moquette profumo di pini e acqua salmastra,
il miraggio dell’amore l’odore e il suo sapore
introduzione poi preludio alla quiete e dopo il nulla,
il fragore del pensiero che danza dentro il vuoto.
Il vento immemore continua a trascinarmi
sbatto ancora contro la pietra di quella porta chiusa.
Sconosciute offrono l’abbondanza dei frutteti
si riempiono i loro cesti il mio rimane vuoto:
non si raccoglie né si tocca quello che non c’è,
troppo tardi per l’accesso al giardino dei giardini;
profumo di pini e fruscio degli eucalipti
irrompe tumultuoso l’aculeo dello scorpione.
La luna vomita rabbia e le stelle non, cadono
i sogni appesi all’orsa irraggiungibile;
su fredde pareti sghignazzanti ombre d’illusione,
abbracci distratti a donne prosperose il cuore dorme.
L’amara notte cala con calici ambigui e le catene.
Veglio! Nel buio il suo volto mi indica l’uscita.
Nello scirocco perdo ciò che a piene mani ho preso,
dove il vento appanna i vetri il suo nome appare
ed amo fino all’incandescenza che non mi addolora.
Aspetterò l’inverno per gridare un nome in aliti di vapore,
saranno baci e ancora baci.
Caritatevoli gabbiani
li porteranno a sfiorare la pelle di velluto della Dea distratta.
Sulla moquette profumo di pini e acqua salmastra,
il miraggio dell’amore l’odore e il suo sapore
introduzione poi preludio alla quiete e dopo il nulla,
il fragore del pensiero che danza dentro il vuoto.
Il vento immemore continua a trascinarmi
sbatto ancora contro la pietra di quella porta chiusa.
Sconosciute offrono l’abbondanza dei frutteti
si riempiono i loro cesti il mio rimane vuoto:
non si raccoglie né si tocca quello che non c’è,
troppo tardi per l’accesso al giardino dei giardini;
profumo di pini e fruscio degli eucalipti
irrompe tumultuoso l’aculeo dello scorpione.
La luna vomita rabbia e le stelle non, cadono
i sogni appesi all’orsa irraggiungibile;
su fredde pareti sghignazzanti ombre d’illusione,
abbracci distratti a donne prosperose il cuore dorme.
L’amara notte cala con calici ambigui e le catene.
Veglio! Nel buio il suo volto mi indica l’uscita.
Nello scirocco perdo ciò che a piene mani ho preso,
dove il vento appanna i vetri il suo nome appare
ed amo fino all’incandescenza che non mi addolora.
Aspetterò l’inverno per gridare un nome in aliti di vapore,
saranno baci e ancora baci.
Caritatevoli gabbiani
li porteranno a sfiorare la pelle di velluto della Dea distratta.
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