6 maggio 2015

Rainer Maria Rilke - Abisag

Pedro Américo - Davi e Abisag
Rainer Maria Rilke - ABISAG

Ella giacea. Aveano i servi stretto
le sue braccia di bimba attorno al Veglio,
che avvizzendo venia. Su Lui restava,
per lunghe ore, così: placidamente;
sol di quegli anni molti, un po' tremando.
Tratto tratto, la faccia ella gittava
nella gran barba, allo squittir d'un gufo.
E tutta discendea la notte immensa
a fasciarla di sé: trepida, anela.
Ogni astro, allora, ripeteva in cielo
quel suo tremito stesso; e rifrugava
la chiusa stanza un errabondo olezzo.
Alla finestra avean le tende grevi
un palpito d'accenno e di richiamo,
cui lenta ella seguia con lento sguardo.

Ma, rimanendo al fosco Veglio avvinta
- e dalla Notte delle notti, immune -
su quel regale raggelarsi, inerte,
stesa giacea. Virginalmente lieve:
spirito senza corpo, anima esangue.

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