3 giugno 2020

da Il teatro della memoria – Leonardo Sciascia



da Il teatro della memoria – Leonardo Sciascia

 l’11 marzo, l’agenzia giornalistica Stefani – forse la sola e comunque la più accreditata che ci fosse in Italia – diramò un secco comunicato:

Ha fatto il giro dei giornali della Penisola la notizia secondo la quale un ricoverato del manicomio di Collegno, quale presunto affetto di amnesia, era stato identificato e riconosciuto per il professor Giulio Canella di Verona, ritenuto disperso in un combattimento contro i bulgari presso Monastir, nel 1916. Indagini eseguite sotto la personale direzione del questore di Torino dottor Chiaravallotti e dei commissari Palma e Finucci, hanno rivelato trattasi invece di un emerito simulatore identificato nel pregiudicato Mario Bruneri, tipografo, da Torino, ricercato per condanne subite per truffa e da scontare. L’identificazione riposa oltre che su inconfutabili dati scientifici, quale il confronto dei rilievi dattiloscopici, eseguiti direttamente dalla Scuola Superiore di Polizia, anche da confronti di segni caratteristici. Della vicenda si occupa attualmente l’autorità giudiziaria, cui l’affare Bruneri è stato rimesso.

l’identificazione non «riposava» per nulla: ribolliva quotidianamente, con opposti e alterni esiti, nel manicomio di Collegno; né una semplice notizia aveva fatto il giro della penisola, ma un vortice di notizie: dividendo gli animi e agitandoli di ansietà, dando luogo a scommesse, inimicizie e zuffe. E del resto un comunicato così secco, così decisivo, appunto stava a dimostrare il contrario: che l’affaire agitava a tal punto gli italiani che il regime se ne preoccupava e in suo linguaggio raccomandava ai giornali di metterlo in sordina, se non addirittura sotto silenzio.

Non si può però affermare che in tutto il corso della vicenda abbia tenuto coerentemente questa linea, il regime fascista. Si può dire, anzi, che non ne tenne alcuna: lasciò che tutto andasse con le lungaggini, le cavillosità, i qui pro quo e gli inesauribili conflitti formali che eran propri, e sono, all’amministrazione della giustizia in questo nostro paese che si proclama culla del diritto ma certamente ne è bara. Del resto la vicenda serviva benissimo a distrarre l’attenzione degli italiani dal regime che andava consolidandosi duramente, assorbendo le ultime opposizioni o liquidandole.

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