10 ottobre 2015

Amorosamente - Forugh Farrokhzad

L'odalisca - Mariano Fortuny
Amorosamente - Forugh Farrokhzad

Del tuo sogno è avvampata la notte
greve il mio petto ormai colmo del tuo odore,
sei disteso davanti agli occhi miei
e questa gioia che mi doni supera ogni affranto,
come una pioggia che lavi il corpo della terra
nuovamente pura sono, dal fango del mondo.

Ascolta, i palpiti del mio corpo in fiamme
un fuoco all’ombra delle mie ciglia,
ascolta, più traboccante dei campi di grano
dei rami dorati più colmo di frutti,
tu, porta aperta sui soli splendenti
quando ci invadono le tenebre dei dubbi
sono con te, e del dolore non resta paura,
se non il dolore della mia gioia.

Cuore mio serrato, cos’è questo corpo di luce?
Cosa sono i richiami della vita dal fondo della fossa?
Sono le mie valli i tuoi due occhi,
arroventato il marchio dei tuoi occhi sugli occhi miei,
sì, nessuno prima d’ora consideravo come te,
anche se prima ancora ti avevo in me.

E’ un nero dolore, del volere il dolore,
andar via e poi umiliarsi senza senso,
rivolgere i toraci al cuore più nero
e sporcare il petto con la bile dei rancori,
trovare nella carezza il morso del serpente
o vedere il veleno nel sorriso degli amici.

Posare l’oro sulle palme dei briganti
e perdersi infine tra le piazze dei mercati.
Ascolta, mescolato in fondo alla mia anima
per sollevarmi poi dalla tomba mia,
come stella, con le ali sfiorate dall’oro
è arrivato il cielo dalla piana più lontana,
per te la mia solitudine è presa dal silenzio
e rappreso il mio corpo nell’odore dell’amplesso.

Il tuo seme attende il ruscello in secca del mio petto,
e il letto delle mie vene è per il tuo torrente,
e così, freddi e neri in strada
per il mondo i tuoi passi con i passi miei.

Ascolta che ti nascondi sotto la mia pelle,
e spumeggi come sangue sotto la mia pelle,
bruciati i miei capelli dalle carezze
e bruciate le mie guance da ogni desiderio.

Ascolta che estraneo sei per la mia veste
ma amico profondo dei campi verdi nel mio corpo.
Ah, che sorgi luminoso senza tramonto
sole ardente delle terre di mezzogiorno.

Ascoltami, sì, più fresco del farsi giorno
e più traboccante acqua d’ogni primavera.
Ma questo non è più amore, su chi si avventa la disgrazia?
E’ solo un guizzo nel silenzio e nell’oscuro.
E quando ridesto si fece l’amore nel mio petto
per l’invito, io, da testa a piedi profusione.

Questa non sono più io, non sono io,
e che pena di quella vita che con me ho trascorso.
Ascolta le mie labbra, sono la stanza dei tuoi baci
ed attendono stupiti i miei occhi sul sentiero dei tuoi baci.

Ascolta io cosparsa di piacere sul mio corpo
veste mia sono le linee del tuo petto,
ah, come vorrei spaccarmi in due,
e impastare per un respiro il dolore con la mia gioia,
sì, io voglio levarmi in piedi e andar via,
come nuvola versare lacrime a singhiozzi.

Il mio cuore serrato come il fumo dell’aloe?
E nella stanza della notte le corde d’arpa e cetra?
Quest’aria vuota, dove poi spiccare il volo?
E questa notte di silenzi e queste voci?

Ah, il tuo sguardo così carico di magie
una culla per i bambini senza casa,
Ascolta brezza sonnolenta i tuoi sospiri
mi han lavata dai fremiti dell’angoscia
addormentati nel sorriso dei miei domani,
e sprofondati nei fossati dei miei mondi.

Ascolta mi ha mescolata al fervore dei versi,
e hai versato nei miei versi tutto questo fuoco
mi hai infiammata poi nella febbre d’amarti,
e così con il fuoco, hai acceso il mio canto.

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