Mario Marconato - Schegge di sogno n. 2
Il sogno – Marina Cvetaeva
1
Scendo - stordita - senza ringhiere:
scala infinita.
Avido sbirro, il sogno rovista
i miei misteri. Spenti
i vulcani? Freddi i crateri? Ah, non credete
alla morte delle passioni...
Attento carceriere, su e giù per la prigione,
Morfeo misura i cuori. Ehi, voi,
squallore collettivo!
Che non conoscete la rovina
giù dai tetti! Né - sdraiati sui piumini -
le metamorfosi del volo! Un tonfo :
si incrina il guscio della vita
con la zavorra di mariti e mogli.
Vigile aviatore sulla città nemica -
l'anima sorvola il sogno. Il corpo
sbarra invano ogni sua porta:
già canta il sangue nelle vene.
Con precisione da chirurgo il sogno fruga
le mie ferite. A nudo!
Autopsia...E neanche un buco lassù
in galleria, per celare ai miei occhi veggenti...
Confessore immorale, il sogno rimesta
tutti i miei segreti...
2
Il cervello - una profonda piaga
da decubito. E alla primavera
mancano tre secoli. A letto vado
come a teatro, per sognare:
per vedere il paradiso
di Davide, l'elmo sacro di Achille,
per non vedere il massacro
della vita, i muri, il peso.
Con questo fine io vado
a letto: al lume cieco - vedo.
“Ai piumini non prestate fede!...
Parenti dei cumuli di neve!”
Morbido adescamento, piume,
lenta cattura di gambe e braccia.
Lusinga femminile di madre
che addormenta il bambino.
Dormire! Scoperchiare i sepolcri
delle stanze! E bere dall'azzurro!
Nel letto: come in fondo al lago
dove voi annegate! Guado, fango
dei tropici, marciume, limo
dell'Indostan...Vado
a letto come in un baratro
senza ringhiere.
traduzione di Serena Vitale
da Marina Cvetaeva, Dopo la Russia, a cura di Serena Vitale
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti
1
Scendo - stordita - senza ringhiere:
scala infinita.
Avido sbirro, il sogno rovista
i miei misteri. Spenti
i vulcani? Freddi i crateri? Ah, non credete
alla morte delle passioni...
Attento carceriere, su e giù per la prigione,
Morfeo misura i cuori. Ehi, voi,
squallore collettivo!
Che non conoscete la rovina
giù dai tetti! Né - sdraiati sui piumini -
le metamorfosi del volo! Un tonfo :
si incrina il guscio della vita
con la zavorra di mariti e mogli.
Vigile aviatore sulla città nemica -
l'anima sorvola il sogno. Il corpo
sbarra invano ogni sua porta:
già canta il sangue nelle vene.
Con precisione da chirurgo il sogno fruga
le mie ferite. A nudo!
Autopsia...E neanche un buco lassù
in galleria, per celare ai miei occhi veggenti...
Confessore immorale, il sogno rimesta
tutti i miei segreti...
2
Il cervello - una profonda piaga
da decubito. E alla primavera
mancano tre secoli. A letto vado
come a teatro, per sognare:
per vedere il paradiso
di Davide, l'elmo sacro di Achille,
per non vedere il massacro
della vita, i muri, il peso.
Con questo fine io vado
a letto: al lume cieco - vedo.
“Ai piumini non prestate fede!...
Parenti dei cumuli di neve!”
Morbido adescamento, piume,
lenta cattura di gambe e braccia.
Lusinga femminile di madre
che addormenta il bambino.
Dormire! Scoperchiare i sepolcri
delle stanze! E bere dall'azzurro!
Nel letto: come in fondo al lago
dove voi annegate! Guado, fango
dei tropici, marciume, limo
dell'Indostan...Vado
a letto come in un baratro
senza ringhiere.
traduzione di Serena Vitale
da Marina Cvetaeva, Dopo la Russia, a cura di Serena Vitale
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti
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