Le cose dei poveri - Marina Cvetaeva
Le cose dei poveri. Forse la stuoia
è una cosa? Ed è una cosa – quest’asse?
Le cose dei poveri – pelle e ossa,
tutta carne, soltanto angoscia.
Dove le hanno prese? All’aspetto – da lontano,
dal profondo. Non affaticare l’occhio.
Le cose dei poveri – come dal costato:
l’ha ritagliate dal torace.
Lo scaffale? Un caso. L’attaccapanni? Un caso.
Un caso pure – questo fantasma
di poltrona. Cose? No, sterpi e rami secchi –
tutto un bosco d’ottobre per intero.
Timida mobilia della miseria!
Quanto vale tutta insieme? Un niente!
Da tempo cosa – palesemente in cielo!
Guardare te – fa male.
Da te, come dalle piaghe, è difficile
la vista peccaminosa distogliere.
Sedia viennese – ma che c’entra Vienna –
Chi? Quando? – terribile cosa.
Dalla migliore di tutte – qui disonorata
sarebbe – la casa? Macchè! – la soffitta
vostra. Soltanto qui è divenuta cosa
la cosa. Per voi un sopracciglio insorto a punto”?” –
sì, questo. Davanti al cencio importuno, vedovile,
che cosa? – il sopracciglio in su! (come un occhialino –
il sopracciglio!) È bravo a interrogare col sopracciglio
l’occhio. Certe volte anche l’occhio è un – oggetto.
Così, certe volte, è vuoto esso ed è arido –
l’occhio femminile, meraviglioso, grande,
tanto che – paragonate! – sembra spirito –
la tinozza , il catino col turchinetto – anima.
Alla pari col catino e col setaccio.
Sì – al re! Sì – in tribunale!
Ognuno, qui chiamato poeta,
quest’occhio ha conosciuto su di sé!
Della miseria – timida masserizie!
Ogni coltello – conosciuto di persona.
Come una creatura – che aspetta il mattino,
con qualcosa qui – con tutto fuori della finestra –
quella vuota, quella che dà – sui sobborghi –
quelli – hai letto la cronaca dei furti?
Cose della pulizia e dell’onore
segno di riconoscimento: non le accettano come bagaglio.
Perché è debole nelle giunture,
perché va in pezzi sotto gli occhi,
perché su cento carri
non si potrebbe trasportare…
in lacrime –
perché non è un tavolo, ma marito,
figlio. Non un armadio, ma il nostro
armadio.
Perché i cuori e le anime
non si danno al deposito bagagli.
Le cose dei poveri – più scipite e più secche:
più scipite del tiglio, più secche dei ceppi.
Le cose dei poveri – semplicemente – anime,
e per questo bruciano così facile.
Le cose dei poveri. Forse la stuoia
è una cosa? Ed è una cosa – quest’asse?
Le cose dei poveri – pelle e ossa,
tutta carne, soltanto angoscia.
Dove le hanno prese? All’aspetto – da lontano,
dal profondo. Non affaticare l’occhio.
Le cose dei poveri – come dal costato:
l’ha ritagliate dal torace.
Lo scaffale? Un caso. L’attaccapanni? Un caso.
Un caso pure – questo fantasma
di poltrona. Cose? No, sterpi e rami secchi –
tutto un bosco d’ottobre per intero.
Timida mobilia della miseria!
Quanto vale tutta insieme? Un niente!
Da tempo cosa – palesemente in cielo!
Guardare te – fa male.
Da te, come dalle piaghe, è difficile
la vista peccaminosa distogliere.
Sedia viennese – ma che c’entra Vienna –
Chi? Quando? – terribile cosa.
Dalla migliore di tutte – qui disonorata
sarebbe – la casa? Macchè! – la soffitta
vostra. Soltanto qui è divenuta cosa
la cosa. Per voi un sopracciglio insorto a punto”?” –
sì, questo. Davanti al cencio importuno, vedovile,
che cosa? – il sopracciglio in su! (come un occhialino –
il sopracciglio!) È bravo a interrogare col sopracciglio
l’occhio. Certe volte anche l’occhio è un – oggetto.
Così, certe volte, è vuoto esso ed è arido –
l’occhio femminile, meraviglioso, grande,
tanto che – paragonate! – sembra spirito –
la tinozza , il catino col turchinetto – anima.
Alla pari col catino e col setaccio.
Sì – al re! Sì – in tribunale!
Ognuno, qui chiamato poeta,
quest’occhio ha conosciuto su di sé!
Della miseria – timida masserizie!
Ogni coltello – conosciuto di persona.
Come una creatura – che aspetta il mattino,
con qualcosa qui – con tutto fuori della finestra –
quella vuota, quella che dà – sui sobborghi –
quelli – hai letto la cronaca dei furti?
Cose della pulizia e dell’onore
segno di riconoscimento: non le accettano come bagaglio.
Perché è debole nelle giunture,
perché va in pezzi sotto gli occhi,
perché su cento carri
non si potrebbe trasportare…
in lacrime –
perché non è un tavolo, ma marito,
figlio. Non un armadio, ma il nostro
armadio.
Perché i cuori e le anime
non si danno al deposito bagagli.
Le cose dei poveri – più scipite e più secche:
più scipite del tiglio, più secche dei ceppi.
Le cose dei poveri – semplicemente – anime,
e per questo bruciano così facile.
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