5 maggio 2015

L'ultimo viaggio di Ulisse - Giovanni Pascoli III le gru nocchiere

gruppo di Scilla - Sperlonga, Villa Tiberio

 L'ultimo viaggio di Ulisse - Giovanni Pascoli
III
le gru nocchiere


E un canto allora venne a lui dall’alto,
di su le nubi, di raminghe gru.
Sospendi al fumo ora il timone, e dormi.
Le Gallinelle fuggono lo strale
già d’Orïone, e son cadute in mare.
Rincalza su la spiaggia ora la nave
nera con pietre, che al ventar non tremi,
Eroe; ché sono per soffiare i venti.
L’alleggio della stiva apri, che l’acqua
scoli e non faccia poi funghir le doghe,
Eroe; ché sono per cader le pioggie.
Sospendi al fumo ora il timone, e in casa
tieni all’asciutto i canapi ritorti,
ogni arma, ogni ala della nave, e dormi.
Ché viene il verno, viene il freddo acuto
che fa nei boschi bubbolar le fiere
che fuggono irte con la coda al ventre:
quando a tre piedi, il filo della schiena
rotto a metà, la grigia testa bassa,
il vecchio va sotto la neve bianca;
e il randagio pitocco entra dal fabbro,
nella fucina aperta, e prende sonno
un poco al caldo tra l’odor di bronzo.
Navigatore di cent’arti, dormi
nell’alta casa, o, se ti piace, solca
ora la terra, dopo arata l’onda.
Questo era canto che rodeva il cuore
del timoniere, che volgea la barra
verso un approdo, e tedio avea dell’acqua;
ché passavano, agli uomini gridando
giunto il maltempo, venti nevi pioggie,
e lo sparire delle stelle buone;
e tra le nubi esse con fermo cuore,
gittando rauche grida alla burrasca,
andavano, e coi remi battean l’aria.

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