10 gennaio 2016

Dialoghi con Leucò 15. I fuochi - Cesare Pavese

foto di Ezio Donninelli - fotocommunity.it 
Dialoghi con Leucò 15. I fuochi - Cesare Pavese
 

Anche i greci praticarono sacrifici umani. Ogni civiltà contadina ha fatto questo. E tutte le civiltà sono state contadine.
(Parlano due pastori)

FIGLIO tutta la montagna brucia.
PADRE si fa tanto per fare. Certo stanotte il Citerone è un’altra cosa. Quest’anno pascoliamo troppo in alto. Hai raccolto le bestie?
FIGLIO Il nostro falò non lo vede nessuno.
PADRE Noi lo facciamo, non importa.
FIGLIO Ci sono più fuochi che stelle.
PADRE Metti la brace.
FIGLIO È fatto.
PADRE O Zeus, accogli quest’offerta di latte e miele dolce; noi siamo poveri pastori e del gregge non nostro non possiamo disporre. Questo fuoco che brucia allontani i malanni e, come si copre di spire di fumo, ci copra di nubi… Bagna e spruzza, ragazzo. Basta che uccidano il vitello nelle grosse masserie. Se piove, piove dappertutto.
FIGLIO Padre, laggiù son fuochi o stelle?
PADRE Non guardare di là. Devi spruzzare verso il mare. Le piogge salgono dal mare.
FIGLIO Padre, la pioggia va lontano? Piove davvero dappertutto quando piove? Anche a Tespie? Anche a Tebe? Lassù il mare non l’hanno.
PADRE Ma hanno i pascoli, sciocco. Han bisogno di pozzi. Anche loro stanotte hanno acceso i falò.
FIGLIO Ma dopo a Tespie? Più lontano? Dove la gente che cammina giorno e notte è sempre in mezzo alle montagne? A me hanno detto che lassù non piove mai.
PADRE Dappertutto stanotte ci sono i falò.
FIGLIO Perché adesso non piove? I falò li hanno accesi.
PADRE È la festa, ragazzo. Se piovesse li spegnerebbe. A chi conviene? Pioverà domani.
FIGLIO E sui falò mentre ancora bruciavano non è mai piovuto?
PADRE Chi lo sa? Tu non eri ancor nato e io nemmeno, e già si accendevano i falò. Sempre stanotte. Si dice che una volta è piovuto, sui falò.
FIGLIO Si?
PADRE Ma è stato quando l’uomo viveva più giusto che adesso, e anche i figli del re eran pastori. Tutta questa terra era come l’aia, allora, pulita e battuta, e ubbidiva al re Atamante. Si lavorava e si viveva e non c’era bisogno di nascondere i capretti al padrone. Dicono che venne una tremenda canicola e così pascoli e pozzi seccarono e la gente moriva. I falò non servivano a niente. Allora Atamante chiese consiglio. Ma era vecchio e aveva in casa da poco una sposa, giovane che comandava, e cominciò a empirgli la testa che non era il momento di mostrarsi molle, di perdere il credito. Avevano pregato e spruzzato? Si. Avevano ucciso il vitello e il toro, molti tori? Si. Che cos’era seguito? Niente. Dunque offrissero i figli. Capisci? Ma non mica i suoi di lei, che non li aveva: figurarsi; i due figli già grandi della prima moglie, due ragazzi che lavoravano in campagna tutto il giorno. E Atamante, balordo, di decise: li manda a chiamare. Quelli capiscono, si sa, i figli del re non sono scemi e allora gambe. E con loro sparirono le prime nuvole, che appena saputo una cosa simile un dio aveva mandato sulla campagna. E subito quella strega a dire: “Vedete? l’idea era giusta, le nuvole già c’erano; qui bisogna scannare qualcuno”. E tanto fa che la gente decide di pigliarsi Atamante e bruciarlo. Preparano il fuoco, lo accendono; conducono Atamante legato e infiorato come il bue, e quando stanno per buttarlo nel falò il tempo si guasta. Tuona, lampeggia e viene giù un’acqua da dio. La campagna rinasce. L’acqua spegne i falò e Atamante, buon uomo, perdona tutti, anche la moglie. Stai attento, ragazzo, alle donne. È più facile conoscere la serpe dal serpe.
FIGLIO E i figlioli del re?
PADRE Non se n’è saputo più niente. Ma due ragazzi come quelli avran trovato da far bene.
FIGLIO E se a quel tempo erano giusti, perché volevano bruciare quei ragazzi?
PADRE Scemo, non sai cos’è canicola. Io ne ho viste e tuo nonno ne ha viste. Non è niente l’inverno. L’inverno si pena ma si sa che fa bene ai raccolti. La canicola no. La canicola brucia.. tutto muore, e la fame e la sete ti cambiano un uomo. Prendi uno che non abbia mangiato: è attacca briga. E tu pensa quella gente che andavano tutti d’accordo e ognuno aveva la sua terra, abituati a far bene e a star bene. Si asciugano i pozzi, si bruciano i grani, hanno fame e hanno sete. Ma diventano bestie feroci.
FIGLIO Era gente cattiva.
PADRE Non più cattiva di noialtri. La nostra canicola sono i padroni. E non c’è pioggia che ci possa liberare.
FIGLIO Non mi piacciono più questi fuochi. Perché gli dèi ne hanno bisogno? È vero che una volta ci bruciavano sempre qualcuno?
PADRE Andavan piano. Ci bruciavano zoppi, fannulloni e insensati. Ci bruciavano chi non serviva. Chi rubava sui campi. Tanto gli dèi se ne accontentano. Bene o male, pioveva.
FIGLIO Non capisco che gusto gli dèi ci trovassero. Se pioveva lo stesso. Anche Atamante. Han spento il rogo.
PADRE Vedi, gli dèi dono i padroni. Sono come i padroni. Vuoi che vedessero bruciare uno di loro? Tra loro si aiutano. Noi invece nessuno ci aiuta. Faccia pioggia o sereno, che cosa gl’importa agli dèi? Adesso s’accendono i fuochi, e si dice che fa piovere. Che cosa gliene importa ai padroni? Li hai mai visti venire sul campo?
FIGLIO Io no.
PADRE E dunque. Se una volta bastava un falò per far piovere, bruciarci sopra un vagabondo per salvare un raccolto, quante case di padroni bisogna incendiare, quanti ammazzarne per le strade e per le piazze, prima che il mondo torni giusto e noi si possa dir la nostra?
FIGLIO E gli dèi?
PADRE Cosa c’entrano?
FIGLIO Non hai detto che dèi e padroni si tengono mano? Sono loro i padroni.
PADRE Scanneremo un capretto. Che farci? Ammazzeremo i vagabondi e chi ci ruba. Bruceremo un falò.
FIGLIO Vorrei che fosse già mattino. A me gli dèi fanno paura.
PADRE E fai bene. Gli dèi vanno tenuti dalla nostra. Alla tua età è una brutta cosa non pensarci.
FIGLIO io non voglio pensarci. Sono ingiusti, gli dèi. Che bisogno hanno che si bruci gente viva?
PADRE Se non fosse così non sarebbero dèi. Chi non lavora come vuoi che passi il tempo? Quando non c’erano i padroni e si viveva con giustizia, bisognava ammazzare ogni tanto qualcuno per farli godere. Sono fatti così. Ma ai nostri tempi non ne hanno più bisogno. Siamo in tanti a star male, che gli basta guardarci.
FIGLIO Vagabondi anche loro.
PADRE Vagabondi. Ne hai detto una giusta.
FIGLIO Cosa dicevano bruciando sui falò, i ragazzi storpi? Gridavano molto?
PADRE Non è tanto il gridare. È chi grida, che conta. Uno storpio o un cattivo non fanno niente di bene. Ma un po’ peggio quando un uomo che ha dei figli vede ingrassare i fannulloni. Questo è ingiusto.
FIGLIO Io non posso star fermo pensando ai falò d’una volta. Guarda laggiù quanti ne accendono.
PADRE Non bruciavano mica un ragazzo per ogni fuoco. È come adesso col capretto. Figurarsi. Se uno fa piovere, piove per tutti. Bastava un uomo per montagna, per paese.
FIGLIO Io non voglio, capisci, non voglio. Fanno bene i padroni a mangiarci il midollo, se siamo stati così ingiusti tra noialtri. Fanno bene gli dèi a guardarci patire. Siamo tutti cattivi.
PADRE Bagna le frasche adesso e spruzza. Sei ancora ignorante. Proprio tu sai parlare di giusto e d’ingiusto. Verso il mare, zuccone… O Zeus, accogli quest’offerta…
 


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