15 dicembre 2018

L'anno della morte di Ricardo Reis - José Saramago


L'anno della morte di Ricardo Reis - José Saramago
Nessuna luce nelle camere.
Avanzò nel corridoio con cautela, per non svegliare chi stesse dormendo, per tre secondi trattenne il passo alla porta di Marcenda, poi proseguì. L’aria della camera era fredda, umida, poco meno che in riva al fiume. Rabbrividì come se ancora stesse guardando le imbarcazioni livide, mentre ascoltava i passi del poliziotto, e si domandò fra sé e sé che cosa sarebbe successo se gli avesse risposto, Sì, ci sono novità, anche se non avrebbe saputo dire altro che questo, solo ripetere, Ci sono novità, ma non quali fossero né ciò che
significava. Avvicinandosi al letto notò che sotto la coperta c’era una sporgenza, ci avevano messo qualcosa, lì fra le lenzuola, uno scaldino, si vedeva subito, ma per accertarsene gli mise una mano sopra, era caldo, che brava ragazza quella Lidia, ricordarsi di scaldargli il letto, è chiaro che non lo fanno a tutti gli ospiti, probabilmente stanotte non verrà. Si è coricato, ha aperto il libro che aveva sul comodino, quello di Herbert Quain, ha scorso con gli occhi due pagine senza prestare molta attenzione a quel che leggeva, sembrava fossero state trovate tre ragioni per il delitto,
ognuna di per sé sufficiente per incriminare l’indiziato sul quale tutte convergevano, ma il suddetto indiziato, avvalendosi della legge e compiendo il dovere di collaborare con la giustizia, aveva suggerito che la vera ragione, nel caso fosse stato lui, di fatto, il criminale, avrebbe anche potuto essere una quarta, o quinta, o sesta ragione, ugualmente sufficienti, e che la spiegazione del delitto, i suoi motivi, si sarebbero potuti trovare, forse, soltanto forse, nell’interconnessione di tutte queste ragioni, nella loro azione reciproca, nell’effetto di ogni insieme sui restanti insiemi e sul tutto, nell’eventuale ma più che probabile annullamento o alterazione di effetti da parte di altri effetti, e come si era giunti al risultato finale, la morte, e anche così bisognava verificare che parte di responsabilità spettasse alla vittima, proprio così, se questa avrebbe dovuto o no essere considerata, agli effetti morali e legali, come una settima e forse, ma soltanto forse, definitiva ragione. Si sentiva sollevato, lo scaldino gli scaldava i piedi, il cervello funzionava senza legame cosciente con l’esterno, l’aridità della lettura gli faceva pesare le palpebre. Ha chiuso per qualche secondo gli occhi e quando li ha aperti c’era Fernando Pessoa seduto ai piedi del letto, come se fosse venuto in visita a un malato, con quella stessa espressione straniata che ha lasciato in alcune fotografie, le mani incrociate sulla coscia destra, la testa leggermente inclinata in avanti, pallido. Ha messo da parte il libro, fra i due guanciali, Non ti aspettavo a quest’ora, ha detto, e ha sorriso, amabile, perché lui non notasse l’impazienza del tono, l’ambiguità delle parole, che tutto questo insieme poteva significare, Potevi anche fare a meno di venire oggi.
Aveva le sue buone ragioni, anche se soltanto due, la prima perché gli andava di parlare solo della serata a teatro e di quanto era successo, ma non con Fernando Pessoa, la seconda, perché niente di più facile che gli entrasse in camera Lidia, non che ci fosse il pericolo che si mettesse a gridare, Aiuto, un fantasma, ma perché Fernando Pessoa, benché non fosse nel suo carattere, poteva anche volersene rimanere lì, coperto dalla sua invisibilità, ma capace di apparire, a seconda degli umori del momento, ad assistere alle intimità carnali e sentimentali, non sarebbe stato certo impossibile. Dio, che è Dio, di solito lo fa, né potrebbe evitarlo, se è dappertutto, ma a lui ormai ci siamo abituati. Fa appello alla complicità maschile, Non potremo parlare a lungo, forse avrò una visita, devi ammettere che sarebbe imbarazzante, Non perdi tempo, non sono ancora tre settimane che sei arrivato e già ricevi visite galanti, presumo che siano galanti, Dipende da ciò che si vuole intendere con galante, è una cameriera dell’albergo, Mio caro Reis, tu, un esteta, in intimità con tutte le dee dell’Olimpo, a spalancare il tuo letto a una cameriera d’albergo, a una serva, e io che mi ero abituato a sentirti parlare ogni momento con ammirevole costanza, delle tue Lidie, Neere e Cloe, e ora mi esci fuori prigioniero di una cameriera, che gran delusione, Questa cameriera si chiama Lidia, e io non sono prigioniero, né sono uomo da prigionia, Ah, ah, alla…

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