20 febbraio 2020

da Rimini - Pier Vittorio Tondelli

da Rimini - Pier Vittorio Tondelli

Improvvisamente il cielo di un profondo blu notte si aprì sulla visione della riviera con le strisce luminose delle automobili, i fari, le insegne degli alberghi non più distinguibili se non in confusi bagliori luminosi. E le città, le città dai nomi così perfettamente turistici - Bellariva, Marebello, Miramare, Rivazzurra - apparvero come una lunga inestinguibile serpentina luminosa che accarezzava il nero del mare come il bordo in strass di un vestito da sera. Poiché se da un lato tutta la vita notturna rifulgeva nel pieno del fervore estivo, dall'altro esistevano solo il buio, il profondo, lo sconosciuto; e quella strada che per chilometri e chilometri lambiva l'Adriatico offrendo festa, felicità e divertimento, quella strada per cui avevo da ore in testa una sola frase per poterla descrivere e cioè "sotto l'occhio dei riflettori", ecco, quella stessa scia di piacere segnava il confine fra la vita e il sogno di essa, la frontiera tra l'illusione luccicante del divertimento e il peso opaco della realtà. Ma non si trattava che di un lungomare e non di un regno. Si trattava di una strada sottile che separava i due territori di desolazione della terra e del mare. Dall'alto vidi tutto questo e tutto questo mi piacque, mi eccitò; forse anche mi confuse. Se qualcuno avesse percorso in tutta la sua lunghezza quella strada, senza uscirne mai, avrebbe forse veramente vissuto il sogno. A patto di non sbandare mai né da una parte né dall'altra. Era necessario camminare in linea retta, senza oscillazioni. In fondo, come aveva detto Susy al caffè il trucco era piccolo e banale. "Basta crederci", aveva detto. "L'importante è farlo credere". Funzionava. Io stesso ne ero ormai prigioniero. Crederci era più forte di me

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