10 maggio 2015

Ode al giorno inconseguente – Pablo Neruda

Cliff at Etretatb - Gustave Courbet
Ode al giorno inconseguente – Pablo Neruda

Argentato pezzo
di coda
arancione,
giorno del mare,
cambiasti
ogni ora
il vestito,
la sabbia
fu celeste,
azzurra
fu la tua cravatta,
in una nube
i tuoi piedi
erano schiuma
e dopo
totale
fu il volo verde
della pioggia
sui pini:
una raffica di acciaio
spazzò
le speranze
dell’Ovest,
l’ultima o la prima
rondine
brillò bianca e azzurra,
come un revolver,
come un orologio notturno
solamente il cielo
conservò una lancetta
di platino,
turgido e nero il mare
coprì il suo cuore
con velluto
mostrando improvvisamente
l’innevato anello
o l’increspata
rosa del suo radiante delirio.

Tutto questo
lo guardai
inquietamente fisso
nella mia finestra
scambiando le scarpe
per andare per la sabbia
piena d’oro
o immergermi nell’umidità, tra le foglie
dell’eucalipto rosso,
curvi come pugnali di Corinto,
e non posso
sapere
se l’Arcobaleno,
che come una bandiera messicana
crebbe verso Cartagena,
era annuncio
di dolce luce
o torre di tenebre.
Un frammento
di nuvola
come resto volante
di camicia
girava
nell’ultima soglia
del panico celeste.

Il giorno
tremò da lato a lato,
un lampo
corse come una lucertola
tra i paramenti
della selva
e d’improvviso cadde tutta la rugiada
perdendosi nella polvere
il diadema selvaggio.
Tra le nubi e la terra
improvvisamente
il sole
depositò il suo uovo sodo,
bianco, liscio, ostinato,
e un gallo verde
e alto
come un pino
cantò, cantò
come se sgranasse
tutto il mais del mondo:
un fiume,
un fiume biondo
entrò per le finestre
più oscure
e non la notte, non la tempestosa
chiarezza indecisa
si stabilì sulla terra,
ma semplicemente
un giorno in più,
un giorno.

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