14 agosto 2017

Antiloco. Da Omero, Iliade - Alessandro Baricco

Da Omero, Iliade - Alessandro Baricco
Antiloco
(…)
Io non riuscii a dire nulla, solo iniziai a piangere, lì, in mezzo alla battaglia. Sentii la voce di Menelao che mi urlava "Devi correre alle navi, e andare da Achille, e dirgli che Patroclo è morto, e che deve fare qualcosa perché stiamo cercando di portare in salvo il suo corpo, ma i Troiani ci
stanno addosso e sono troppo forti per noi. Va', corri". E io andai. Mi tolsi le armi, per essere più leggero, e di corsa attraversai la pianura, senza riuscire a smettere di piangere, mai. Quando arrivai alle navi, trovai Achille, in piedi, che scrutava l'orizzonte, cercando di capire cosa stava succedendo in battaglia. Mi fermai davanti a lui. Non so dove guardai quando incominciai a dire "Achille, figlio del valoroso Peleo, è accaduto qualcosa che non avrebbe mai dovuto accadere, e io devo portartene la notizia. Patroclo è morto, e gli Achei stanno combattendo intorno al suo corpo nudo, perché Ettore gli ha preso le armi". Una nera nube di dolore avvolse l'eroe. Si lasciò cadere, a terra, e con entrambe le mani si mise a stringere la polvere e a spargersela sul capo e sul volto bellissimo. Dalle tende uscirono correndo le schiave di guerra e intorno a lui si misero a gridare di dolore, battendosi il petto e cadendo in ginocchio. Achille singhiozzava. Io mi chinai su di lui e strinsi le sue mani nelle mie, perché non volevo che si uccidesse, con quelle mani e una lama affilata. Lui alzò un grido tremendo, e si mise a invocare sua madre. "Madre!, ti avevo chiesto il dolore degli Achei, per fargli pagare l'offesa che mi avevano fatto, ma adesso come posso essere felice, adesso che ho perduto per sempre colui che sopra tutti i compagni onoravo, e che amavo come me stesso! Lontano dalla sua patria è morto e io non ero con lui per difenderlo. Stavo seduto nella mia tenda, capisci?, vicino alla mia nave me ne stavo seduto, come un inutile peso alla terra, mentre lui moriva e in tanti morivano sotto i colpi di Ettore, io me ne stavo qui, io che sono tra tutti gli Achei il più grande in battaglia... Oh, se per sempre svanisse l'ira dal cuore degli uomini, lei che è capace di far impazzire anche i più saggi, scivolando nel loro animo con la dolcezza del miele, e montando poi come fumo nella loro mente. Io devo riuscire a dimenticare il rancore. Devo andarmene da qui e trovare l'uomo che ha ucciso il mio amato compagno. Poi morirò anch'io, lo so, madre, ma prima con la mia lancia voglio spezzare la vita di quell'uomo, e intorno a me seminare così tanta morte che le donne di Troia rimpiangeranno il tempo in cui questa guerra si combatteva senza di me." Queste cose urlava, piangendo, ma rimaneva lì sdraiato nella polvere. Allora io gli dissi "Alzati, Achille, gli Achei hanno bisogno di te, adesso. Stanno cercando di difendere il corpo di Patroclo dai Troiani, ma la battaglia è aspra, e molti stanno morendo. Ettore infuria, vuole quel cadavere, vuole staccargli la testa per conficcarla su un'asta e innalzarla come un trofeo. Non rimanere qui, Achille, che vergogna sarà se lascerai che Patroclo finisca in pasto ai cani troiani?". Achille mi guardò. "Come faccio a tornare in battaglia?", mi disse. "Le mie armi sono in mano ai Troiani, e non deve accadere che io combatta con armi non degne di me. Quale eroe lo farebbe? Come posso farlo io?" Allora io gli dissi "Lo so, le tue armi sono in mano di Ettore, ma anche così, senza armi, alzati e fatti vedere dai Troiani, la paura li assalirà e i nostri avranno respiro". E allora lui si alzò. E camminò verso l'argine del fossato, incontro alla battaglia. Si vedevano i nostri che correvano indietro, portando alto sulle braccia il corpo di Patroclo, e Ettore che li incalzava, con i suoi, inseguendoli senza pietà, era come portar via una carogna a un leone affamato, cercavano di tenerlo lontano, i due Aiace, e lui ogni volta ritornava sotto, come un fuoco che d'improvviso divampa e assale una città. Achille si fermò sul ciglio più alto del fossato. Non aveva armi, addosso, ma splendeva come una fiamma, come una nube dorata. guardò la battaglia e poi alzò un grido altissimo, come uno squillo di tromba. I Troiani rimasero impietriti, i cavalli dalle belle criniere si impennarono sentendo la puzza della morte. Per tre volte Achille gridò. E per tre volte il terrore scese nel cuore dei Troiani. Li vedemmo voltare i carri e scappare, lasciando la battaglia, divorati dall'angoscia.
Quando i nostri posarono il corpo di Patroclo su una lettiga, al sicuro, Achille si avvicinò. posò le mani sul petto del suo amato, con dolcezza, quelle mani abituate a uccidere, gliele posò sul petto, e si mise a gemere, senza tregua, come un leone a cui, nel cuore della foresta, un cacciatore abbia rapito i cuccioli.

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