Sebastiano Ricci - Il ratto di Criseide
da Omero, Iliade - Alessandro Baricco
Criseide
Tutto iniziò in un
giorno di violenza.
Erano nove anni che
gli Achei assediavano Troia: spesso avevano bisogno di viveri o animali o
donne, e allora lasciavano l'assedio e andavano a procurarsi quel che volevano
saccheggiando le città vicine. Quel giorno toccò a Tebe, la mia città. Ci presero
tutto e se lo portarono alle loro navi.
Fra le donne che
rapirono c'ero anch'io. Ero bella: quando, nel loro accampamento, i principi
achei si divisero il bottino, Agamennone mi vide e mi volle per sé. Era il re dei
re, e il capo di tutti gli Achei: mi portò nella sua tenda, e nel suo letto.
Aveva una moglie, in patria, si chiamava Clitemnestra. Lui l'amava. Quel giorno
mi vide, e mi volle per sé.
Ma alcuni giorni
dopo, arrivò all'accampamento mio padre. Si chiamava Crise, era sacerdote di
Apollo. Era vecchio. portò doni splendidi e chiese agli Achei, in cambio, di
liberarmi. L'ho detto: era un vecchio ed era sacerdote di Apollo: tutti i
principi achei, dopo averlo visto e ascoltato, si pronunciarono per accettare
il riscatto e per onorare la nobile figura che era venuta a supplicarli. Solo
uno, tra di loro, non si fece incantare: Agamennone. Si alzò e brutalmente si
scagliò contro mio padre dicendogli: "Sparisci, vecchio, e non farti mai
più vedere. Io non libererò tua figlia: invecchierò ad Argo, nella mia casa,
lontano dalla sua patria, lavorando al telaio e dividendo il letto con me.
Adesso vattene, se vuoi salvare la pelle".
Mio padre, atterrito,
obbedì. Se ne andò, in silenzio, e sparì dov'era la riva del mare, si sarebbe
detto nel rumore del mare. Allora, d'improvviso, accadde che morte e dolore
piombarono sugli Achei. Per nove giorni, molte frecce uccisero uomini e animali
e i roghi dei morti brillarono senza tregua. Il decimo giorno, Achille convocò l'esercito
in assemblea. Davanti a tutti disse: "Se continuerà così, per sfuggire
alla morte saremo costretti a prendere le nostre navi e a tornarcene a casa. Interpelliamo
un profeta, o un indovino, o un sacerdote che sappia spiegarci cosa sta accadendo
e possa liberarci da questo flagello".
Allora si alzò
Calcante, che era il più famoso tra gli indovini. Sapeva le cose che furono,
che sono, e che saranno. Era un uomo saggio. Disse: "Tu vuoi sapere il perché
di tutto questo, Achille, e io te lo dirò. Ma tu giura che mi difenderai,
perché quello che dirò potrà offendere un uomo che ha potere su tutti gli Achei
e al quale tutti gli Achei obbediscono. Io rischio la mia vita: tu giurami che
la difenderai".
Achille gli rispose
che non doveva avere paura, ma dire quello che sapeva. Disse: "finché io
sarò vivo nessuno tra gli Achei oserà alzare la mano su di te. Nessuno. Neanche
Agamennone".
Allora l'indovino si
fece coraggio e disse: "Quando abbiamo offeso quel vecchio, il dolore è
caduto su di noi. Agamennone ha rifiutato il riscatto e non ha liberato la figlia
di Crise: e il dolore è caduto su di noi. c'è solo un modo di scacciarlo:
restituire a Crise quella fanciulla dagli occhi lucenti, prima che sia troppo
tardi". così parlò e poi si sedette.
Allora Agamennone si
alzò, l'animo colmo di nero furore e gli occhi incendiati da lampi di fuoco.
guardò con odio Calcante e disse: "Profeta di sciagure, mai che tu abbia
buone profezie per me, solo il male ti piace svelare, il bene mai. E adesso
vuoi privarmi di Criseide, che mi è più gradita della mia stessa sposa,
Clitemnestra, e che potrebbe rivaleggiare con lei in bellezza, intelligenza e
in nobiltà d'animo. Devo restituirla? Lo farò, perché voglio che l'esercito si
salvi. Lo farò, se così dev'essere. Ma preparatemi subito un dono che la possa
sostituire, perché non è giusto che io solo, fra gli Achei, rimanga privo di
bottino. Voglio un altro dono, per me".
Allora Achille disse:
"Come possiamo trovarti un dono, Agamennone? Tutto il bottino è giı stato
diviso, non è lecito tornare indietro, e rifare tutto da capo. Restituisci la
fanciulla e ti ripagheremo tre quattro volte tanto quando prenderemo Ilio".
Agamennone scosse la
testa. "Non mi inganni, Achille. Tu vuoi tenerti il tuo bottino e lasciarmi
senza niente. No, io restituirò quella fanciulla e poi verrò a prendermi quello
che mi piacerà, e magari lo prenderò ad Aiace, o a Ulisse, e magari lo prenderò
a te."
Achille lo guardò con
odio: "Uomo impudente e avido", disse, "E tu pretendi che gli Achei
ti seguano in battaglia? Non son venuto qui per combattere i Troiani, non mi hanno
fatto nulla, loro. Non mi hanno rubato né buoi né cavalli, non mi hanno distrutto
il raccolto: montagne piene d'ombra dividono la mia terra dalla loro, e un mare
fragoroso. è per seguire te che sono qui, uomo senza vergogna, per difendere l'onore
di Menelao e il tuo. E tu, bastardo, faccia di cane, te ne freghi e minacci di togliermi
il bottino per cui ho tanto penato? No, è meglio che io torni a casa, piuttosto
che rimanere qui a farmi disonorare e a combattere per procurare a te tesori e
ricchezze".
Allora Agamennone
rispose: "Vattene, se lo desideri, non sarò io a pregarti di rimanere.
Altri si faranno onore al mio fianco. Tu non mi piaci, Achille: ami le risse,
lo scontro, la guerra. Sei forte, è vero, ma questo non è merito tuo. Tornatene
pure a regnare a casa tua, non mi importa nulla di te, e non ho paura della tua
ira. Anzi, ti dirò questo: rimanderò indietro Criseide a suo padre, sulla mia
nave, con i miei uomini.
Ma poi verrò io
stesso nella tua tenda e mi prenderò la bella Briseide, il tuo bottino, perché
tu sappia chi è il più forte e perché tutti imparino ad aver paura di me".
Disse così. E fu come
se avesse colpito Achille dritto nel cuore. Tanto che il figlio di Peleo fece
per sguainare la spada e certamente avrebbe ammazzato Agamennone se all'ultimo
non fosse riuscito a dominare il suo furore e a fermare la mano sull'elsa argentata.
guardò Agamennone, e rabbioso gli disse:
"Faccia di cane,
cuore di cervo, uomo vigliacco. Io giuro su questo scettro che arriverà il
giorno in cui gli Achei, tutti, mi rimpiangeranno. Quando cadranno sotto i colpi
di Ettore, allora mi rimpiangeranno. E tu soffrirai per loro, ma non potrai
fare nulla. Potrai solo ricordarti di quando hai offeso il più forte degli
Achei e impazzire dal rimorso e dalla rabbia. Verrı quel giorno, Agamennone. Io
lo giuro".
Così disse, e scagliò
a terra lo scettro ornato di borchie d'oro.
Quando l'assemblea si
sciolse, Agamennone fece mettere in mare una delle sue navi, le assegnò venti
uomini e ne diede il comando a Ulisse, l'astuto. Poi venne da me, mi prese per
mano e mi accompagnò alla nave. "Bella Criseide", disse. E lasciò che
io tornassi al padre e alla mia terra. Rimase lì, sulla riva, a guardare la
nave salpare.
Quando la vide
scomparire all'orizzonte chiamò due scudieri tra quelli a lui più fedeli e
Ordinò loro di andare alla tenda di Achille, di prendere per mano Briseide e di
portarla via. Disse loro: "Se Achille si rifiuterà di darvela, allora
ditegli che andrò io a prendermela, e per lui sarı molto peggio". I due
scudieri si chiamavano Taltıbio ed Eurıbate. Si avviarono a malincuore lungo la
riva del mare e alla fine raggiunsero l'accampamento dei Mirmidoni. Trovarono
Achille seduto accanto alla sua tenda e alla nave nera. Si fermarono davanti a
lui e non dissero nulla, perché provavano rispetto e paura per quel re. Allora
fu lui a parlare.
"Avvicinatevi",
disse. "Non siete voi ad avere colpa per tutto questo, ma Agamennone.
Avvicinatevi senza aver paura di me." Poi chiamò Patroclo e gli chiese di
prendere Briseide e di consegnarla ai due scudieri, perché la portassero via.
"Voi mi siete testimoni", disse guardandoli, "Agamennone è un
pazzo. Non pensa a quello che accadrà, non pensa a quando ci sarı bisogno di me
per difendere gli Achei e le loro navi, non gli importa nulla del passato e del
futuro. Voi mi siete testimoni, quell'uomo è un pazzo."
I due scudieri si
misero in cammino, risalendo il sentiero tra le navi veloci degli Achei, tirate
in secca sulla spiaggia. Dietro di loro camminava Briseide. Bella, andava, triste
è e a malincuore.
Li vide partire,
Achille. E allora si andò a sedere, da solo, in riva al mare bianco di schiuma,
e scoppiò a piangere, con davanti a sı quella distesa infinita. Era il signore della
guerra e il terrore di ogni Troiano. Ma scoppiò in lacrime e come un bambino si
mise a invocare il nome della madre. Da lontano, lei venne, allora, e gli
apparve. Si sedette accanto a lui e prese ad accarezzarlo. Sottovoce, lo chiamò
per nome. "Figlio mio, perché ti ho messo al mondo, io, madre infelice? La
tua vita sarı breve, se almeno tu potessi trascorrerla senza lacrime, e senza
dolore..." Achille le chiese: "Puoi salvarmi, tu, madre?, puoi
farlo?". Ma la madre gli disse soltanto "Ascoltami: rimani qui,
vicino alle navi, e non andare più in battaglia. Rimani fermo nella tua ira verso
gli Achei e non cedere al tuo desiderio di guerra. Io ti dico: un giorno ti offriranno
doni splendidi e te ne daranno tre volte tanti, per l'offesa che hai
patito". Poi scomparve, e Achille rimase lı, solo: il suo animo era pieno
d'ira per l'ingiustizia subita. E il suo cuore si struggeva di nostalgia per
l'urlo della battaglia e il tumulto della guerra.
Io rividi la mia
città quando la nave, comandata da Ulisse, entrò nel porto. Ammainarono le
vele, poi si avvicinarono a remi all'ormeggio. Gettarono le ancore e legarono i
cavi di poppa. Prima scaricarono gli animali per il sacrificio ad Apollo. Poi Ulisse
mi prese per mano e mi condusse a terra. Mi guidı fino all'altare di Apollo, dove
mi aspettava mio padre. Mi lasciò andare, e mio padre mi prese fra le braccia, commosso
di gioia.
Ulisse e i suoi
passarono la notte vicino alla loro nave. All'alba, alzarono le vele al vento e
ripartirono. Vidi la nave correre leggera, con le onde che ribollivano di schiuma
intorno allo scafo. La vidi scomparire all'orizzonte. Potete immaginare cosa fu,
poi, la mia vita? Ogni tanto sogno di polvere, armi; ricchezze e giovani eroi.
E sempre lo stesso posto, in riva al mare. c'è odore di sangue e di uomini. Io
vivo lı, e il re dei re butta al vento la sua vita e la sua gente, per me: per
la mia bellezza e la mia grazia. Quando mi sveglio c'è mio padre, al mio
fianco. Mi accarezza e mi dice: è tutto finito, figlia mia. Dormi. E tutto
finito.
molto interessamte oltre tutto, ora farò un riassunto e lo manderò alla mia prof.ssa.
RispondiEliminaQuesta è molto interessante e la differenza mondo oggi è medio evo
RispondiEliminaci sta amo
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