Gislebertus - Eva
Il paradiso perduto – Annette
von Droste-Hulshoff
Quando
il paradiso era ancora dischiuso
Alla
prima coppia innocente,
La serpe
non conosceva il veleno,
Né il
cespuglio le spine, né il leone o la
tigre l’ira,
Lieto
suonava il flauto degli usignoli;
Ogni
sera Eva si addormentava
Presso
un cespo di rose e la luce
Del suo
incontaminato rossore
Si
rifletteva sulla chiara corolla del fiore;
Allora
le rose erano tutte bianche
E senza
spine. – Cullata dall’olezzo della ghirlanda,
Che
danzava luminosa sul suo capo,
Riposava
la prima donna. Sprofondata in pensieri
Che, in
embrione, già portavano il sigillo
Della
divinità e già si aprivano all’amore,
Muovendo
ali semiaperte di serafini.
Essa
giaceva con il ramo stretto al petto,
Perché i
fiori non venivano ancora colti.
Infine
le ciglia si chiudevano dolcemente
E nei
sogni si insinuava il paradiso;
Santa
era la donna; chi l’avesse vista,
Non
avrebbe pensato che era bella, ma
Pura
come rugiada e specchio di Dio.
Anche
la rosa sorride beata, ma quanto ancora?
Guardati,
guardati dal serpente! –
E scese
una sera greve e opaca,
Nessun
refolo piegava i ventagli della palma,
Sul
grigio orizzonte rumoreggiava
Il
primo nembo, come un lembo d’Averno,
Sul
cespuglio di rose cadde la prima lacrima
E lassù
gemette l’usignolo tra i sospiri.
Come le
sembrano roventi, duri i cuscini del muschio,
Come
intriso di foschia il paradiso,
Come
amaramente dolce il lamento dell’uccello!
Le sue
guance come bruciano strane!
Stretto
teneva il ramo di rose, stretto,
Come il
naufrago stringe a sé il giunco
O il desiderio
intenso afferra il dolce corpo.
Si è
addormentata? – Finalmente la notte
Le ha
portato pace, un sonno di piombo;
Lo
scorrere della pioggia non l’ha destata,
Il
rimbombo del tuono non la fece sobbalzare,
Solo i
capelli svolazzavano nel fragore del vento.
E al
suo petto tremavano le rose;
Stava
dolorosamente mite, come un cadavere,
Per la
prima volta, sembianza di morte nel sonno!
E
quando al mattino sollevò le ciglia
E i
rami dal petto allontanò convulsa,
Tutto
lo splendore delle sue guance
Era
fluito nella corolla dei fiori,
Ora
dischiusi nel desiderio ardente,
Tutti
aprenti al bacio la bocca rigogliosa;
Ed Eva
cadde in ginocchio piangente,
Smunte
le guance, punto il petto di spine.
Traduzione
di Gio Batta Bucciol
Da
“Poesia” n. 29o, febbraio 2014. Crocetti
Editore
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