7 dicembre 2018

da “L'assaggiatrice” - Giuseppina Torregrossa

Sebastian Henkelmann - Ritratto di Baby de Almeida , 1927. Olio su tela, 91.00 x 78.00 cm
da “L'assaggiatrice” - Giuseppina Torregrossa

Bruno mi appare grande e la sua presenza riempie la casa; è gentile e di poche parole, domanda di me, delle bambine, di come mi sento, cerca di darmi un poco della sua forza. Ha un sorriso largo, aperto e caloroso. La gente qua non vuole bene agli sbirri, li tiene lontani e anch’io, nonostante il trasporto che provo per lui, nutro verso tutti i poliziotti in genere una certa diffidenza. Ci passiamo un poco di tempo seduti in cucina, quasi in silenzio, fatte salve le poche cose che lui mi chiede e le quattro parole di risposta che riesco a dare.
«E lei, come sta lei, Bruno?», muovo appena la bocca.
Il commissario mi risponde con un leggero cenno degli occhi e con un sospiro lungo, un desiderio trattenuto. Ha uno sguardo liquido e penetrante che arriva dritto dritto alla pancia. Sento una scossa che mi attraversa tutto il corpo, affondo nella sedia e stringo le gambe che sotto al tavolo si muovono da sole.
Bruno mi afferra la mano con forza e dritto negli occhi mi spara una raffica di parole: «Ho una moglie gelosa. Ogni sera quando torno a casa mi osserva, mi odora peggio di un cane da caccia, cerca segnali di femmine. Quasi quasi le invidio tutta questa libertà che le è piovuta addosso. Lei, Anciluzza, non lo capisce ancora, ma la scomparsa di suo marito rappresenta una gran fortuna. Se ne accorgerà tra un po’ di tempo».
È bello, scuro di pelle, sensuale come un serpente, proprio l’uomo che in questo momento vorrei avere vicino, penso. Intanto lui beve. Beve con gli occhi chiusi quel caffè, nero, caldo, forte, poi addenta un dolcino di ricotta ancora tiepido; lo osservo con attenzione e un improvviso languore dalle gambe sale su fino al petto che, non so perché, si alza e si abbassa di continuo. Le parole mi escono da sole, in un soffio, come un respiro profondo quando si ha bisogno di aria: «Da che è successa la disgrazia ho quasi lasciato perdere di cucinare. Le bambine non ne possono più di mangiare cose fredde: pane conzato, panelle, tonno sott’olio e pollo di rosticceria, ma non ho gana più né di cuocere né di mangiare. In cucina la tavola è sempre in ordine, il marmo pulito pulito, l’odore di candeggina, mi pare di essere in un ospedale. Ci manca solo la puzza del brodo e della verdura bollita».
Dalla casa vicina arriva rumore di piatti, di olio che frigge, di risate. Mi scappa di nuovo da piangere. Babba, babba, babbasunazza!

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