dipinto di Victor Bauer
da “Gli indifferenti” – Alberto Moravia
La memoria dei fatti le tornava a brani: ora le pareva di rivedersi in quell'automobile in corsa, sotto la pioggia, per le vie della città; ora nel salotto, seduta sulle ginocchia dell'amante; quasi simultaneamente le riapparvero l'immagine di Leo in atto d'entrar nel letto dov'ella l'aspettava e l'altra più strana e più turbante di loro due nudi, l'uno a fianco all'altro, insonnoliti e storditi in quella luce accecante della stanza da bagno tutta murata di maiolica bianca, dritti, in piedi in attesa di quell'acqua calda con la quale si sarebbero lavati. Questi ricordi così recenti le parevano invece lontani e come staccati dalla sua persona, non li possedeva né se li spiegava, le sembravano pieni di una inammissibile irrealtà; e pure non c'era dubbio, questa vita così vicina che le figure che vi si muovevano le apparivano grandi al naturale, l'aveva vissuta lei; bastava che ella tendesse una mano sotto le lenzuola per toccare il corpo nudo dell'amante addormentato o che accendesse la luce per convincersi che ella si trovava davvero nella camera di Leo e non nella sua: "Lontana dalla mia casa," pensò finalmente con un turbamento straordinario; "qui... nel letto del mio amante..." Ma se le rievocazioni dei fatti più normali di quella notte già la stupivano, certe altre di cose che nonché prevedere aveva sempre ignorato, la sconvolgevano addirittura, non si saziava di analizzarle, ricominciava più volte a ricostruirle, per così dire le riassaporava., per esempio la memoria precisa di certe momentanee chiaroveggenze, per le quali, quando la lampada era ancora accesa, aveva sorpreso, foss'anche per un attimo, certi loro atteggiamenti, di lei e dell'amante, di una tale indecente mostruosità, che le si erano per così dire stampati in mente in modo incancellabile.
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