22 giugno 2019

da L’oro di Napoli – Giuseppe Marotta

Jacob van Walscapelle - still life of fruits and nuts
da L’oro di Napoli – Giuseppe Marotta
Il cappone

Sui sottostanti “gradoni” la luna sembra voler scendere a Chiaia piuttosto che salire a Santa Teresella degli Spagnoli. Napoli è di smalto. Se si diffondesse un vero silenzio l’avvocato Carraturo sentirebbe, nell’aria fredda e chiara, fremere il vicino mare come lo spumante nel ghiaccio del secchiello. Su quanti balconcini della città i piccoli avvocati, i piccoli ingegneri, i piccoli medici vivono questo momento? Don Antonio stende una mano, passa impercettibilmente l’indice su una cresta mozza. Non vuol dire, non si sa mai: un autentico cappone deve aver perso tutto, perfino il ricordo o la speranza di ciò che poteva essere e non è stato; solo così sarà in regola con il mondo e con se stesso, con la propria vita e con la propria morte. Ai tempi dell’Università, qualcuno (e non il primo venuto) disse a don Antonio: «Carraturo, c’è in voi qualcosa dell’indimenticabile Carlo Fiorante… la passione e l’ironia di cui siete capace…»; e adesso? D’improvviso, è mezzanotte, il cappone che ha rimosso questi pensieri nell’avvocato si arruffa e canta. È un cappone incompleto o nostalgico o matto. Canta da gallo, a voce piena e forte; da altri balconcini innumerevoli falsi capponi sussultano e gli rispondono sì, avventiamoci tutti insieme sulla luna. «Carraturo, c’è in voi qualcosa dell’indimenticabile Carlo Fiorante…» si ripete l’avvocato e sospira. «Chicchirichi» fa il presunto cappone. «Chicchirichi» fa il vecchio cuore di don Antonio

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