22 giugno 2019

da L’oro di Napoli – Giuseppe Marotta

da L’oro di Napoli – Giuseppe Marotta
Pane, con sale e olio

Ripeto, da qualche tempo succede che penso: “Oggi vorrei mangiare pane col sale e olio”. Da quegli anni lontani sono andato verso gli altri fatti e altri cibi. La mia tavola non gode ma neppure soffre; viene distesa, su di essa, regolarmente la tovaglia. Forse non trasmetterò ai miei figli il pane con sale e olio che mi fu affidato dagli avi materni: i miei figli forse lo ignoreranno. Sarà un bene? Quando io penso che vorrei mangiare pane con sale e olio, non soltanto ne ritrovo subito il gusto, ma mi sento legato a coloro che lo assaporarono con me, assai più che da naturali vincoli di sangue. La mia prima famiglia si è dissolta, i vecchi sono morti, le sorelle hanno una loro casa altrove. Ma se io dico “Oggi vorrei mangiare pane con sale e olio”, e se le mie sorelle capiscono (come non dubito), si può sempre provare. Maria, Ada, noi ci ritroviamo alla mia o alla vostra tavola e non stendiamo la tovaglia. Una di voi spezza il pane raffermo che si lagna frantumandosi. Lo mette nella zuppiera e vi versa l’acqua, badando a non eccedere. Poco sale, pochissimo olio. Non potete sbagliare, questo è un lavoro che facevate prima di nascere. Mangiamo: il fresco e malinconico sapore riaffluisce in noi e veramente ci ricongiunge. Siamo ancora i fratelli e la casa; la sensazione che i passi leggeri ci si avvicinino e care mani ci sfiorino è simultanea in noi; un odore di alito di bambino si diffonde nella stanza.

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