Il gatto Mimì
da Marcovaldo – Italo Calvino
Autunno
19 II giardino dei gatti ostinati
Marcovaldo, dopo
molti strappi inutili, ora sentiva che la lenza s'era liberata, ma si guardava
bene dal tirare: la trota sarebbe cascata proprio in mezzo a quella mischia di felini
inferociti.
Fu in quel momento
che dall'alto dei muri del giardino prese a cadere una strana pioggia: resche,
teste di pesce, code, e anche pezzi di polmone e coratella. Subito i gatti si distrassero
dalla trota appesa e si gettarono sui nuovi bocconi. Per Marcovaldo, era il momento
buono di tirare il filo e recuperare il suo pesce. Ma, prima che avesse avuto
la prontezza di muoversi, da una persiana del villino uscirono due mani gialle
e secche: una brandiva una forbice, l'altra una padella. La mano con la forbice
s'alza sopra la trota, la mano con la padella si sporge sotto. La forbice
taglia il filo, la trota cade nella padella, mani forbice padella si ritirano,
la persiana si chiude: tutto nello spazio d'un secondo. Marcovaldo non capisce
più niente.
– Anche lei è amico
dei gatti? – Una voce alle sue spalle lo fece voltare. Era circondato di donnette, certune
vecchie vecchie, con in testa cappelli fuori moda, altre più giovani, con l'aria
di zitelle, e tutte portavano in mano o nella borsa cartocci con avanzi di
carne o di pesce, e certune anche un tegamino con del latte. – Mi aiuta a
buttare questo pacchetto di là del cancello, per
quelle povere bestiole?
Tutte le amiche dei
gatti convenivano a quell'ora attorno al giardino delle foglie secche per portare
da mangiare ai loro protetti.
– Ma, ditemi, perché
stanno tutti qua, questi gatti? – s'informò Marcovaldo.
– E dove vuole che
vadano? Solo questo giardino, c'è rimasto! Vengono qui i gatti anche dagli
altri quartieri, per un raggio di chilometri e chilometri. ..
– E anche gli
uccelli, – interloquì un'altra, – su questi pochi alberi, si son ridotti a
viverci a centinaia e centinaia...
– E le rane, stanno
tutte in quella vasca, e la notte gracidano, gracidano... Si sentono anche dal
settimo piano delle case intorno...
– Ma di chi è, questa
villetta? – chiese Marcovaldo. Adesso, davanti al cancello non c'erano soltanto
quelle donnette ma anche altra gente: il benzinaio di fronte, i garzoni di un'officina,
il postino, il verduriere, qualche passante. E tutti, donne e uomini, non si fecero
pregare a dargli risposta: ognuno voleva dire la sua, come sempre quando si
tratta d'un argomento misterioso e controverso.
– È d'una marchesa,
che ci abita, ma non si vede mai...
– Le hanno offerto
milioni e milioni, le imprese edilizie, per questo pezzettino di terreno, ma
non vuole vendere...
– Cosa volete che se
ne faccia, dei milioni, una vecchietta sola al mondo? Preferisce tenersi la sua
casa, anche se va a pezzi, pur di non essere obbligata a traslocare...
– È l'unica
superficie non costruita nel centro della città... Aumenta di valore ogni
anno... Le hanno fatto delle offerte...
– Offerte soltanto?
Anche intimidazioni, minacce, persecuzioni... Sapeste, gli impresarii
– E lei resiste,
resiste, da anni...
– È una santa...
Senza di lei dove andrebbero quelle povere bestiole?
– Figuriamoci se le
importa qualcosa delle bestiole, a quella vecchia spilorcia! L'avete mai vista
dar loro qualcosa da mangiare?
– Ma cosa volete che
dia ai gatti, se non ha niente per sé? È l'ultima discendente d'una famiglia
decaduta!
– Li odia, i gatti!
L'ho vista rincorrerli a ombrellate!
– Perché le
calpestavano i fiori delle aiole!
– Ma di che fiori
parlate? Questo giardino io l'ho sempre visto pieno d'erbacce!
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