Angela Maria Guidi
Angela Maria Guidi
Roma 1896 - 1991, è in genere ricordata per essere stata la prima
donna italiana a prendere la parola in una assemblea politica
istituzionale nel nostro Paese e a ricoprire un incarico ministeriale,
ma la sua vita fu tutta politicamente molto ricca, anche prima e dopo
queste due tappe così significative.
Nata a Roma nel 1896 in una famiglia della borghesia cattolica romana,
terza di quattro femmine, fece i suoi studi presso l’istituto delle
suore dorotee al Gianicolo dove ebbe occasione di conoscere la
fondatrice e presidente dell’Udaci (Unione tra le Donne Cattoliche
d’Italia), la principessa Maria Cristina Giustiniani Bandini. Fu un
incontro molto importante per lei – “Credo di essere diventata
femminista con l’uso della ragione ma chi mi ha spinto su questa strada è
stata donna Cristina Giustiniani Bandini”- che la portò, appena uscita
dal collegio nel 1915, ad iscriversi all’Udaci e a partecipare alle
iniziative da essa organizzate per la mobilitazione del fronte interno
durante la guerra.
Quando poi, nel 1918, Armida Barelli fondò
la Gioventù Femminile cattolica italiana, fu tra le prime iscritte e
divenne ben presto dirigente del gruppo romano. Nello stesso periodo si
impegnò nella valorizzazione del lavoro femminile sia nelle Cooperative
sia nelle piccole industrie e fu tra le pioniere della organizzazione
sindacale femminile. Le sue capacità organizzative spinsero Luigi Sturzo
a chiederne la collaborazione all’interno dell’Opera per l’assistenza
civile e religiosa degli orfani di guerra, da lui fondata: furono
proprio l’incontro e il lavoro con don Sturzo a imprimere l’orientamento
definitivo alla sua già marcata vocazione politica. La sua fu la prima
tessera femminile del Ppi -tra le tante ragioni di questa scelta anche
l’entusiasmo per aver letto nel programma del partito l’obiettivo del
voto alle donne – di cui divenne segretaria del gruppo femminile
romano, ruolo che mantenne fino allo scioglimento del partito durante il
fascismo nel 1926.
Gli anni Venti e Trenta furono per lei
particolarmente intensi: l’aver temporaneamente rinunciato a iscriversi
all’università le permise di dedicare ancora più tempo al suo impegno
politico e sociale. Convinta assertrice della funzione fondamentale
della cooperazione, nel 1921 fondò il Comitato centrale per la
cooperazione e il lavoro femminile legato all’Azione cattolica – di cui
rimase segretaria generale fino al suo scioglimento, nel 1926 –
occupandosi in particolare delle scuole di lavoro femminile per le
orfane di guerra, della Federazione delle lavoratrici dell’ago e della
cooperazione femminile di lavoro nell’allevamento dei bachi da seta e in
piccole industrie agricole a Caserta e nel Veneto e fondando
cooperative di produzione e di lavoro nel Friuli-Venezia Giulia; in
rappresentanza della cooperazione femminile italiana partecipò anche a
numerosi congressi sia in Italia che all’estero. Nel 1924 vinse – unica
donna che vi partecipò – un concorso presso l’Ispettorato del lavoro e
nel 1925 ottenne l’incarico di Ispettore del lavoro; in tale veste compì
numerosi e importanti studi sul lavoro delle donne impiegate
nell’industria e nell’agricoltura, in particolare sulle lavoratrici
nelle risaie, sulle occupate nella lavorazione del tabacco, sulle
addette alle aziende tessili e alle aziende esportatrici di prodotti
ortofrutticoli. Successivamente venne nominata vicepresidente della
Commissione per il riordinamento legislativo dell’emigrazione al
ministero degli Esteri e nel 1929 fu tra le fondatrici
dell’Associazione nazionale delle professioniste ed artiste, che lasciò
– mantenendo fede al suo antifascismo – nel 1931, quando questa venne
assorbita dalle organizzazioni fasciste, con conseguente obbligo di
tessera. Nello stesso periodo svolse anche – collaborando con il
“Corriere d’Italia”, “Il Popolo”, “L’Avvenire d’Italia,” con il
settimanale “L’Ago”, organo della Federazione tra le lavoratrici
dell’ago, la rivista “Il Solco” e con vari altri periodici e assumendo
dal 1924 al 1925 la direzione del settimanale “Il Lavoro femminile”, che
cessò le pubblicazioni dopo i decreti speciali del 3 gennaio 1925 –
un’intensa attività giornalistica, di studio e di inchiesta, che ne
fecero una delle maggiori esperte di questioni inerenti il lavoro
femminile.
Dal 1930 fu Consigliera nazionale e delegata per le
questioni sociali nell’Opera Internazionale della protezione della
giovane, con sede a Friburgo e, sempre in quell’anno le fu commissionata
dal ministero delle Corporazioni un’inchiesta sul lavoro femminile in
Italia; ma la sua relazione non venne mai pubblicata in quanto i
risultati non corrispondevano alla linea politica del regime. Anche per
questo nel 1931 preferì trasferirsi a Ginevra, dove rimase un anno
presso il Bit (Bureau international du travail) come osservatrice e vi
tenne anche un corso. Nel 1938 fu eletta vice presidente del Congresso
Internazionale femminile in Svizzera.
Durante il fascismo
partecipò alle riunioni clandestine dei popolari, dove conobbe Mario
Cingolani, vedovo e padre di tre figli, autorevole esponente dell’Azione
cattolica, ex parlamentare del Ppi e figura di spicco della futura
Democrazia cristiana come membro dell’Assemblea Costituente nel 1946 e
presidente del comitato direttivo del gruppo dei senatori della
Democrazia cristiana nella prima legislatura. Lo sposò nel 1935 e da lui
ebbe, nel 1938, l’unico figlio, Mario. Durante i mesi di gravidanza
riprese gli studi universitari presso l’Istituto orientale di Napoli
dove si laureò in Lingue e letterature slave.
Nel periodo della
Resistenza, insieme con il marito, ospitò nella loro casa di via
Settembrini il Comitato di liberazione nazionale, organizzò aiuti per i
fuggiaschi e i perseguitati e rappresentò un importante punto di
riferimento per gli antifascisti cattolici romani; a quest’opera si
affiancava quella per la costruzione della Democrazia Cristiana. Nel
1944 – unica donna nel Consiglio Nazionale del partito – fu investita
anche del ruolo di delegata nazionale del Movimento femminile e tra il
1944 ed il 1946 si dedicò completamente alla sua organizzazione
impegnandosi in una attività di sensibilizzazione e formazione delle
donne alla politica, con corsi di formazione e seminari per prepararle
al nuovo ruolo di cittadine. A liberazione avvenuta, fu nominata anche
membro della commissione di politica estera del partito, del Comitato
per la divulgazione del piano Marshall, della commissione prevenzione
infortuni agricoli dell’Istituto nazionale assicurazioni infortuni sul
lavoro (Inail), della commissione del lavoro femminile
dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) a Ginevra e della
commissione femminile del Centro dell’artigianato italiano.
Nel 1945 entrò a far parte con altre dodici donne della Consulta
Nazionale – un organo non elettivo che operò con funzioni consultive dal
25 settembre 1945 al 1 giugno 1946- dove tenne il primo intervento in
assoluto svolto da una donna in un’assemblea democratica nazionale nel
nostro Paese, in cui rivendicava l’impegno femminile nella ricostruzione
del Paese.
“Colleghi Consultori, nel vostro applauso ravviso
un saluto per la donna che per la prima volta parla in quest’aula. Non
un applauso dunque per la mia persona ma per me quale rappresentante
delle donne italiane che ora, per la prima volta, partecipano alla vita
politica del paese. Ardisco pensare, pur parlando col cuore di
democratica cristiana, di poter esprimere il sentimento, i propositi e
le speranze di tanta parte di donne italiane; credo proprio di
interpretare il pensiero di tutte noi Consultrici invitandovi a
considerarci non come rappresentanti del solito sesso debole e gentile,
oggetto di formali galanterie e di cavalleria di altri tempi, ma
pregandovi di valutarci come espressione rappresentativa di quella metà
del popolo italiano che ha pur qualcosa da dire, che ha lavorato con
voi, con voi ha sofferto, ha resistito, ha combattuto, con voi ha vinto
con armi talvolta diverse ma talvolta simili alle vostre e che ora con
voi lotta per una democrazia che sia libertà politica, giustizia
sociale, elevazione morale”
Nel 1946 fu una delle
ventuno donne elette alla Costituente e partecipò ai lavori della
Commissione lavoro e previdenza; nel 1948 fu eletta deputata e dal
luglio 1951 al luglio 1953 ricoprì la carica di sottosegretario
all’Artigianato nel ministero dell’Industria e Commercio, prima donna al
governo in Italia: in questo ruolo si dedicò particolarmente al piccolo
artigianato e alla cooperazione artigiana e si impegnò per ottenere
alla categoria un migliore inquadramento nella legislazione e sostegni
creditizi e promozionali. Nel frattempo, nel 1950 aveva fondato, insieme
ad Angelina Merlin, Maria De Unterrichter Jervolino e altre, il
Comitato Italiano di difesa morale e sociale della donna (Cidd), che
operava a sostegno della legge Merlin e offriva assistenza a coloro che
intendevano uscire dalla prostituzione.
Caduto nel 1953 il
governo De Gasperi, alle elezioni per il rinnovo delle Camere non venne
rieletta e da allora si dedicò unicamente all’attività amministrativa
come sindaco di Palestrina – carica che mantenne fino al 1965,
dedicandosi all’opera di ricostruzione post-bellica della cittadina e
alla valorizzazione del suo patrimonio archeologico- e a quella di
presidente del Centro studi palestriniani, carica che mantenne fino al
1991, anno della sua morte.
fonte enciclopediadelledonne.it
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